Matteo Salvini: da “erba libera” a “la droga è morte”
Da una parte ci sono oltre 2mila cittadini, 20 associazioni e 20 parlamentari che hanno aderito alla campagna di disobbedienza #iocoltivo, entrando nel merito della legalizzazione e spiegando a gran voce le proprie ragioni, che poi sono quelle del buon senso, mentre dall’altra è rimasto chi non sa più cosa dire e parla per slogan e frasi fatte, sperando che possano nascondere la verità ormai sotto gli occhi di tutti.
E il politico che li rappresenta è proprio Matteo Salvini, che, con un passato a favore della legalizzazione della cannabis, con la svolta sovranista ha avuto anche una svolta proibizionista, resa pubblica nel 2015 e diventata una mezza ossessione quando era ministero dell’Interno e governava insieme al Movimento 5 Stelle, che invece sulla legalizzazione non ha mai fatto mistero di essere a favore.
Era il 1998 quando un giovane Matteo Salvini, intervistato dal giornale “Il Sole delle Alpi”, affermava che: “Noi ci rapportiamo alle tematiche classiche della sinistra, dalla forte presenza statale alla liberalizzazione delle droghe leggere”. Una posizione di apertura ribadita anni più tardi, come quando, nel 2014 a La7 su Coffee Break, alla domanda sulla legalizzazione delle droghe leggere aveva risposto: “Parliamone”. La svolta arriva l’anno dopo, quando la possibilità di legalizzare la cannabis in Italia diventa concreta, visto che era stato formato un inter-gruppo per la legalizzazione costituito da oltre 200 parlamentari e furono presentate almeno due proposte di legge. Il Matteo Salvini in versione proibizionista dibatte con Della Vedova, senatore che ai tempi aveva dato vita all’inter-gruppo.
Poi il cambiamento si fa ancora più marcato quando, da ministero dell’Interno, lancia prima una guerra contro la cannabis light e i negozi che la commercializzano, dichiarando che li chiuderà uno ad uno, poi, tra uno slogan e l’altro (come dimenticare il celeberrimo “no allo stato spacciatore” detto di uno stato che dal 2015 produce cannabis a scopo medico presso lo Stabilimento militare di Firenze) lanciò la campagna scuole sicure, per la quale furono spesi 2,5 milioni di euro, con oltre 2mila agenti utilizzati per operazioni di controllo fuori e dentro gli istituti superiori che hanno portato al sequestro di 5 chilogrammi di cannabis e hashish su tutto il territorio nazionale, e poi a proporre una legge per inasprire le pene e cancellare la cosiddetta “modica quantità”.
L’ultima uscita sul tema, in risposta ai cento parlamentari che hanno firmato la lettera di Michele Sodano del M5S che chiedeva al presindete Conte di discutere anche di legalizzazione agli Stati generali per l’economia, è questa: “Ci sono cento parlamentari del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle che hanno fatto una proposta di legge che dice che uno dei modi per rilanciare il Paese è puntare sulla filiera della canapa e legalizzare la cannabis e le canne. Invece ci preoccuparsi del turismo, dei precari, delle partite Iva. E’ un emendamento vero, io impazzisco, la droga è merda, è morte”.
Messaggio ribadito con questo tweet: “Come si può pensare di rilanciare un Paese chiudendo le scuole e distribuendo canne? Spero che si torni a votare il prima possibile”. E la risposta è arrivata direttamente da Riccardo Magi, deputato di Più Europa che ha aderito a #iocoltivo: “Regolamentare il mercato della cannabis significa sottrarre questa filiera alla criminalità, creare posti di lavoro, far arrivare soldi nelle casse dello stato attraverso la tassazione. La Lega ci spieghi perché preferisce che questo mercato resti saldamente nelle mani delle mafie”.