Massima allerta per la cimice asiatica
Halyomorpha halys (Stål, 1855) (Heteroptera Pentatomidae) è il nome scientifico della cimice scoperta in provincia di Modena nel 2012, durante una raccolta di insetti effettuata a scopo didattico dalla locale Università. Si tratta di una cimice marmorizzata grigio-marrone, nativa dell’Asia orientale (Cina, Corea, Giappone e Taiwan) e successivamente rinvenuta negli Usa e in Europa centrale, che si nutre di un’ampia varietà di piante coltivate e spontanee. Di particolare gravità sono gli attacchi alle colture industriali tra cui rientra anche quella della Canapa Sativa L.: è, infatti, una specie molto invasiva, con un’alta capacità riproduttiva; sul territorio nazionale ne sono stati identificati 20 diversi aplotipi, ossia popolazioni geneticamente diverse tra loro. Per la sua elevata pericolosità fitosanitaria è attualmente inserita nella lista d’allerta dell’EPPO.
Biologia
La cimice asiatica è un fitofago con apparato boccale di tipo pungente-succhiante, ha grandi dimensioni (da 1,2 a 1,7 cm) e un colore marmorizzato grigio-marrone. Nei paesi di origine riesce a riprodursi diverse volte l’anno (4-6) mentre negli areali con climi meno miti le generazioni scendono fino a una; in Italia se ne hanno in genere due. In autunno gli insetti adulti si aggregano per svernare in ripari di vario tipo (compresi magazzini e abitazioni, creando fastidiose infestazioni degli ambienti domestici).
L’accoppiamento inizia quando termina la diapausa, che dipende dal fotoperiodo e di solito si verifica tra metà aprile e metà maggio (Nielsen et al., 2016b). Inizialmente i maschi colonizzano i bordi delle coltivazioni ed emettono il feromone di aggregazione che richiama altri maschi e femmine; una femmina sessualmente matura si accoppierà fino a cinque volte al giorno (Kawada e Kitamura 1983). Le masse di uova sono depositate sul lato inferiore delle foglie da maggio a fine agosto a gruppi di 28 elementi, disposte in modo geometricamente ordinato e appressate, a forma di barilotto con il polo superiore opercolato; appena deposte sono di colore verde chiaro e diventano bianche prima della schiusa. Il numero medio di uova prodotte da una femmina è 250. La prima massa di uova prodotte è la meno fertile; la fertilità aumenta e rimane costante per le rimanenti masse d’uovo prodotte (Nielsen et al. 2008a). Le prime neanidi emergono 3-6 giorni dopo l’ovodeposizione e si nutrono di gusci d’uovo, eventualmente con l’acquisizione di endosimbionti, 3-5 giorni dopo compare il secondo stadio di neanidi che si disperdono dalle masse di uova e si nutrono di piante ospiti. Il terzo stadio di neanidi di colore marrone scuro si ha 12-13 giorni dopo che le uova si sono schiuse, mentre il quarto e il quinto stadio compaiono a 19-20 e 26-27 giorni rispettivamente dopo la schiusa dell’uovo. L’insetto raggiunge lo stadio adulto in agosto-settembre, dopo avere attraversato i cinque stadi di sviluppo nei quali passa da una colorazione di colore rosso-giallastro con striature nere fino ad assumere progressivamente l’aspetto marmorizzato tipico dello stadio adulto. La vita media per le femmine svernanti è di 355 giorni; per le femmine di I generazione la soglia si abbassa a 78 giorni, mentre l’intero ciclo si compie in 32-35 giorni a 30 °C con una soglia minima e massima di sviluppo di 14 e 35 °C.
I danni
La cimice asiatica è un parassita particolarmente difficile da gestire perché è una specie altamente mobile con una vasta gamma di ospiti. Le infestazioni interessano maggiormente attività agricole confinanti con ambienti urbani o alberati (siti di rifugio per gli adulti), e la presenza della specie si concentra sul perimetro degli appezzamenti, diminuendo drasticamente dopo i primi 10-15 metri verso l’interno. I danni prodotti da Halyomorpha halys consistono nella riduzione della produzione dovuta alla sottrazione della linfa, nelle alterazioni prodotte dalle punture e, infine, nel rilascio sul prodotto di un odore ripugnante dovuto alla secrezione delle ghiandole odorifere. Le punture sono effettuate sia dalle neanidi sia dagli adulti principalmente sugli steli, sulle foglie e sulle gemme, che penetrano attraverso gli stiletti boccali con una combinazione di pressione meccanica ed enzimi nella saliva che dissolvono i componenti della parete cellulare.
La gravità del danno dipende dalla pianta, dall’organo attaccato e dall’intensità degli attacchi, che possono consistere in necrosi più o meno diffuse, fino a estesi disseccamenti, alterazioni morfologiche, come ad esempio il ripiegamento di steli e germogli, alterazioni istologiche dovute alla reazione dei tessuti vegetali all’azione biochimica della saliva iniettata. L’alterazione istologica più comune è il cono salivare, che consiste in un indurimento del tessuto, una sorta di grumo, in corrispondenza della puntura.
Gli adulti tendono ad attaccare facilmente i fiori e i semi, l’attacco sui fiori ne provoca la devitalizzazione e impedisce l’impollinazione e il successivo sviluppo dei semi. Il fenomeno, genericamente detto aborto fiorale o aborto traumatico, può provocare danni di notevole entità in caso di attacchi massicci, perché si ripercuote direttamente in termini quantitativi sulla produzione. Infine, oltre a questi danni diretti, la cimice trasmette, indirettamente, delle malattie secondarie che entrano mediante le ferite lasciate dagli stiletti boccali; in modo particolare entrano le Batteriosi. La grande dannosità è aggravata anche dalla sua etologia: si tratta infatti di una specie altamente polifaga e gregaria, che vola con grande facilità da una pianta all’altra e si sposta di continuo.
Come combatterla
Il primo aspetto fondamentale della lotta è il monitoraggio che deve essere effettuato sia a livello territoriale sia aziendale. Esso permette di conoscere la reale presenza dell’insetto e la sua potenziale pericolosità; all’uopo si utilizzano delle trappole a feromoni che permettono di catturare grandi quantità d’insetti; da considerare che i feromoni (di aggregazione) tendono ad attirare l’insetto in massa senza guidarlo nel punto esatto della trappola. Questi feromoni inducono densi assembramenti di individui che durante il periodo autunnale si raccolgono su edifici, penetrando all’interno o raccogliendosi in fessure, intercapedini e altri luoghi riparati in cui trascorrere il periodo freddo (svernamento). Poiché l’effetto dei feromoni sintetici risulta rilevabile nel raggio di circa 20 m, la trappola per monitorare la coltura non deve mai essere posizionata al suo interno, ma sulla prima pianta del filare più esterno (o su un palo in prossimità dell’appezzamento evitando così di attirare le cimici all’interno). Data l’elevata mobilità dell’insetto viene consigliato di collocare tre trappole per azienda, in quanto la presenza delle cimici potrebbe essere molto variabile da un punto all’altro.
Recenti studi hanno scoperto che il corteggiamento delle cimici asiatiche avviene attraverso vibrazioni e non attraverso feromoni, così sono stati individuati i segnali che emettono le femmine per richiamare i maschi in modo tale da implementare le trappole a feromoni già sul mercato con segnali vibrazionali in modo tale da migliorarne l’efficacia di cattura.
Altra possibilità di lotta è coprire gli impianti con reti chiuse, due sono i principali modelli: rete antigrandine adattata o rete monofila. Entrambe hanno pro e contro. Nel primo caso abbiamo una rete antigrandine classica nella parte superiore e una rete anti-insetto aggiunta ai lati. Nel secondo caso l’efficacia è quasi totale, malgrado venga fornita una scarsa protezione nei confronti della grandine e tenda a bloccare la vegetazione apicale della pianta.
Riguardo la lotta biologica, al momento non c’è un insetto capace di controllare la cimice. Diversi studi in diversi paesi si sono concentrati sulla possibilità di applicare il controllo biologico mediante parassitoidi oofagi. I principali sono sfortunatamente non specifici e quindi generalisti. Anastatus bifasciatus e Ooencyrtus telenomicida possono essere potenziali candidati per il controllo biologico della cimice (in prospettiva anche il Trissolcus halyomorphae). Allo studio anche la possibilità di utilizzare formiche come la Crematogaster scutellaris come predatore di neanidi e adulti. Si stanno sperimentando con successo anche gli entomopatogeni come Beauveria bassiana e Metarhizium anisopliae.
A causa dei continui spostamenti della cimice, l’utilizzo di prodotti fitosanitari sulle colture interessate è sconsigliato, inoltre ad oggi «non ci sono presidi sanitari specificatamente approvati e registrati per questa pianta», le eventuali applicazioni di pesticidi, inclusi gli insetticidi ad ampio spettro, influenzerebbero negativamente le popolazioni di artropodi benefici. L’attingere dai prodotti ammessi per le coltivazioni biologiche dà una certa garanzia.
a cura di Giulio Brescia
Entomologo e Consulente Ambientale c/o Ausl Romagna, ha collaborato con diverse testate giornalistiche nazionali su varie tematiche