L’usuraio col fratello senatore
Era il 2004, precisamente il 19 novembre, ed alla biblioteca comunale di Vibo Valentia si svolgeva un dibattito sulla lotta al racket ed all’usura. Un gruppo di associazioni, col sostegno del Comune, costituiva una rete antiracket per dare sostegno a chi avesse deciso di denunciare i propri aguzzini.
Un evento importante perché Vibo Valentia non è solo un territorio dagli splendidi contrasti naturali, mare cristallino e colline immacolate. Vibo Valentia è una Città dove domina un clan di ‘nrangheta tra i più spietati ed attrezzati militarmente: i Mancuso di Limbadi.
Sono roba loro gli appalti, a cominciare dall’autostrada A3, il traffico di droga, per garantire il quale saldano forti alleanze con le cosche vicine, le estorsioni e non si contano le intimidazioni a danno di imprenditori e commercianti. E’ questa la Provincia calabrese con il numero più alto di intimidazioni. Persino la produzione di una fiction RAI, Gente di Mare andata in onda sulla rete ammiraglia, subì forti pressioni: le forniture, la bassa manovalanza e gli alberghi da usare venivano “consigliati” dagli emissari dei Mancuso.
Per questo, quel 19 novembre 2004, era un giorno importante. C’erano politici di tutte le estrazioni. C’era Angela Napoli di Alleanza Nazionale, vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia, c’era Donato Veraldi, della Margherita, che di quella Commissione faceva il Segretario. Ed ancora il Sindaco dell’epoca assieme ad altri esponenti politici ed una folta platea accorsa per l’occasione.
Dopo due ore di dibattito, in ritardo, arriva Francesco Bevilacqua. Senatore di AN dal 1994, Bevilacqua esordisce in quel dibattito davvero bene: «La costituzione di un comitato antiracket è un segnale importante per fare una guerra seria alla malavita perché penso che la prima cosa che bisogna fare è dare coraggio ai cittadini».
Prenderà la parola per 15 minuti riuscendo, con stupefacente prodezza, ad abbandonare la questione racket finendo prima sulle leggi di sanatoria con le quali, da Senatore di un partito sempre al fianco di Berlusconi, «la dobbiamo finire»; poi sulla questione delle “carceri” e, dulcis in fundo, una strigliata a quei magistrati «che fanno sentenze ideologiche», alcuni dei quali «non sono apprezzabili» nonostante avesse premesso che «il 99% sono persone per bene».
Può darsi che ciò valga anche per i politici che hanno un fratello con qualche piccolissimo “contrattempo” giudiziario. Chi lo sa. Ciò che sappiamo è che un anno prima della sua elezione a Senatore, ottobre 1993, il fratello di Francesco Bevilacqua, Ferruccio, fu arrestato con l’accusa di usura e ricettazione salvandosi, nel 2002, grazie alla prescrizione a causa di un processo durato oltre 9 anni.
Nel 2004, al decimo anno della carriera parlamentare del fratello, Ferruccio si fa condannare a due anni per ricettazione. E giovedì scorso la Guardia di Finanza gli ha messo di nuovo le manette ai polsi. L’accusa? Sempre la stessa: usura. Con lui agli arresti altre 10 persone, sette in carcere e tre ai domiciliari, nell’ambito dell’inchiesta “Easy Money” che ne coinvolge complessivamente 29.
Un giro d’affari da 3 milioni di euro. Tassi di interesse che raggiungevano anche il 140%. Un gruppo di pressione che taglieggiava decine di imprenditori che spesso, per rifondere il debito originario, ne contraevano di nuovi con altri usurai. La Guardia di Finanza ha sventato un tentativo di truffa alla Regione con la complicità di un funzionario del Tribunale di Lamezia Terme.
Era una strada “necessaria” perché alcuni imprenditori, ottenendo indebiti finanziamenti agricoli dalla Regione Calabria, potessero uscire fuori da quel giro di minacce e pressioni. Alle spalle del “sistema” , l’ombra delle cosche Mancuso-Fiarè di Vibo Valentia e Anello-Fruci di Lamezia Terme a cui alcuni personaggi sarebbero legati. Tra questi proprio quel Ferruccio Bevilacqua coinvolto anche nel processo Dinasty che vede alla sbarra i vertici della cosca Mancuso.
In una delle intercettazioni trascritte dalla Squadra Mobile di Vibo Valentia, Diego e Domenico Mancuso parlano di lui. Lo indicano come un canale da attivare per tentare di raggiungere il Senatore perché intercedesse tenendo lontana la Polizia dai loro affari: “I fascisti, dicevano, i fascisti comandano sulla Polizia”.
In tutti questi anni Francesco Bevilacqua, senatore pidiellino che, va detto, non è mai stato nemmeno indagato per le vicende che hanno coinvolto il fratello, non ha mai fatto una piega. E’ sempre rimasto al suo posto. D’altronde lui lo sapeva perché a Vibo l’usura è una piaga dilagante. Lo diceva a quel convegno 5 anni fa: «Il problema sono i tassi di interesse. La stessa banca applica allo stesso cittadino, rispetto al nord, tassi di interesse 10 volte superiori al sud».
Non poteva sapere certo sapere che il fratello, finito di nuovo in carcere, con i suoi sodali avrebbe fatto di più.