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L’Uruguay aumenta i livelli di THC e considera la possibilità di aprire il mercato ai turisti

L'Uruguay aumenta i livelli di THC e considera la possibilità di aprire il mercato ai turisti
L’Uruguay, primo paese al mondo a legalizzare la cannabis nel 2013, sta ragionando su alcuni cambiamenti alla legge attualmente in vigore. Primo tra tutti l’aumento del THC nella cannabis venduta in farmacia e poi la possibilità, a partire dalla prossima stagione, di aprire al mercato anche ai turisti.

Se la legalizzazione è arrivata nel 2013, è dal 2014 che nello stato è stata autorizzata l’autoproduzione di cannabis in forma individuale e associata, mentre dal 2017 è iniziata la vendita in farmacia e il bilancio dei primi 5 anni di legalizzazione ha portato ottimi risultati, a partire dal fatto che sono stati tolti dalle mani dei narcotrafficanti profitti per 22 milioni di dollari.

Le farmacie attualmente distribuiscono due varietà di cannabis chiamate ALFA e BETA che contengono rispettivamente circa il 9% di THC e il 3% di CBD. I funzionari sperano che aumentando il contenuto di THC della cannabis disponibile in commercio, i prodotti potranno competere meglio con quelli coltivati nei cannabis club – che hanno un contenuto medio di THC di circa il 20%.

Per quanto riguarda la vendita ai turisti, Daniel Radío, il segretario generale del National Drug Board dell’Uruguay, ha detto lunedì che qualsiasi cambiamento è improbabile che abbia effetto in questa stagione turistica, ma che studierà i possibili effetti dell’apertura ai visitatori internazionali della vendita prodotti di cannabis, compreso il possibile aumento dell’attrazione turistica complessiva dell’Uruguay.

Intanto, secondo un sondaggio condotto dall’Università Cattolica dell’Uruguay, nel corso del 2020 il numero di persone che praticano l’autoproduzione della cannabis è aumentato del 50%.

Come riportato da Revista THC, lo studio ha rilevato che il 74% degli individui intervistati coltiva per uso personale, potendo scegliere più di un motivo contemporaneamente, il 60% ha dichiarato di coltivare per “il piacere che rappresenta l’attività di semina” e il 52% ha risposto che lo fa perché “la pianta è bella” e quindi per puri scopi decorativi.

 



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