L’uragano Harvey è la dimostrazione dell’insostenibilità del nostro modello di sviluppo
Due esplosioni presso un impianto petrolchimico in Texas a causa dell’uragano Harvey. Altri scoppi in previsione. Il CEO della ditta coinvolta, la Arkema, dice che non c’è nessun modo di prevenire altre esplosioni e immissione di sostanze tossiche in atmosfera.
Cosa è successo? Si producono qui composti chimici per uso in materiali plastici. Questi composti con le alte temperature possono decomporsi e prendere fuoco. A causa dell’uragano è andata via la corrente, i sistemi refrigeranti sono saltati, i generatori di riserva non ce l’hanno fatta e, questi composti chimici sono stati lasciati al loro destino. E il loro destino è quello di esplodere. L’impianto è allagato e le due esplosioni sono state in uno dei nove stabilimenti associati alla Arkema. Gli altri otto esploderanno anche loro, si prevede, perché non c’è niente che possa fermare la chimica, e i sistemi di refrigerazione non torneranno in funzione a tempi brevi.
In questi giorni Houston ha veramente dei problemi, l’uragano Harvey ha allagato varie parti della città, c’è emergenza un po’ ovunque, specie per le persone più fragili. Le immagini delle persone della casa di riposo sott’acqua sono state davvero tristi da guardare e la domanda e’ sempre la stessa : possibile che non ci si poteva arrivare preparati?

Ci sono tanti commentari da fare, una città super cementificata, come lo sono molte delle nostre città moderne, dove l’acqua non sa dove defluire, il sindaco che non aveva mandato allarmi e ordini di evacuazioni, i cambiamenti climatici, Trump che elimina le protezioni contro le alluvioni imposte da Obama tre giorni prima dell’arrivo di Harvey. I danni sono stimati essere fra i 30 e i 100 miliardi di dollari.
Ma in altre parti della città c’e’ un altro problema a parte l’acqua. È la puzza. Puzza di roba chimica che arriva dalle raffinerie della petrol-città d’America per eccellenza. Puzza di petrolio. Puzza di idrogeno solforato.
E con la puzza arrivano mal di testa, nausea, irritazioni al naso e alla gola, attacchi di asma, e mal di cuore. Siamo nelle comunità accanto alle raffinerie ad East Houston e nessuno può scappare perché non c’è un posto dove scappare. L’acqua e’ dappertutto e in alcune aree arriva a un metro e mezzo d’altezza. E quindi chi vive in queste zone è costretto a respirare elementi chimici nocivi, oltre che ad avere l’acqua alla gola. Anzi, ci sono ordini da parte della città di restare chiusi in casa.
Per capire la portata del’evento basti pensare che il 25% di tutto il petrolio USA viene da qui, come pure il 40% dei materiali chimici usati per l’agricoltura, come i fertilizzanti, il 44% dell’etilene e il 50% del combustibile aereo.

La Shell, la Exxon, Phillips 66, la Marathon, la Petrobras, Flint Hills, Valero, Citgo, hanno tutte chiuso gli stabilimenti. E di solito quando si chiude, specie in condizioni di emergenza, si emettono sostanze tossiche in atmosfera in quantità superiore alla norma, anche rispetto a quanto previsto dalle leggi. E ci sono qui raffinerie a non finire, tutte chiuse per emergenza. E chi vive li lo sa. La gente riporta di colonne nere di fumi tossici visibili dalle raffinerie. La puzza sa di gomma bruciata e di sostanze metalliche.
Il gruppo Environment Texas calcola calcola che circa mezzo milioni di chilogrammi di sostanze tossiche siano state rilasciate in atmosfera. In realtà scienziati e ambientalisti avevano già da molto tempo predetto il mix micidiale di uragani e petrolio. Come da copione, la Exxon riporta danni ingenti alla sua raffineria di Baytown e che il tetto di una delle sue infrastrutture è crollato.
Le emissioni, secondo i dirigenti, cesseranno domani. Dopo quasi una settimana. Interessante notare che una corte del Texas abbia ordinato alla Exxon di pagare 20 milioni di dollari di multe per violazioni contro gli standard di emissioni, e per avere immesso circa 5 milioni di chilogrammi di inquinanti in atmosfera. Fra il 2005 e il 2013 la Exxon ha violato le leggi sulle emissioni in atmosfera per 16.386 volte. Si, 16 mila volte!
Chi vive qui? Come si può immaginare, non certo le persone ricche, quanto comunità povere e svantaggiate. È sempre cosi. La povertà economica spesso si trasforma anche in pessima qualità di vita, in questo caso ambientale.
Morale della favola? I petrolieri hanno causato i cambiamenti climatici. L’uragano Harvey potrebbe o non potrebbe essere stato a causa dei cambiamenti climatici, anche se è noto che una delle conseguenze dei cambiamenti climatici è l’intensificazione degli eventi “estremi”. L’uragano colpisce il cuore dell’America petrolifera. Chi paga il prezzo è sempre il cittadino comune.
Articolo tratto dal blog ufficiale di Maria Rita D’Orsogna