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Lunga vita agli abiti usati

Lunga vita agli abiti usati

Non entri più nel tuo jeans? Non sai cosa fare del tuo vecchio maglione? Quel vestito non fa più per te? Qualunque sia il capo d’abbigliamento sotto esame, non gettarlo via: ha ancora valore. Diversamente, il suo destino da rifiuto è segnato ed ha un costo per l’ambiente, quindi per tutti noi, dovuto al suo smaltimento. Perché dovresti preferire una scelta del genere quando ci sono delle alternative?

A parte considerare la donazione – la rete di punti vendita di Humana, organizzazione umanitaria impegnata nella raccolta di indumenti usati il cui ricavato è impiegato per progetti solidali in Paesi in via di sviluppo, è solo uno dei possibili suggerimenti -, il sistema a cui fare riferimento si basa sulle tre R: ridurre (l’acquisto di prodotti nuovi), riutilizzare e riciclare.

Oggi oltre a scegliere capi vintage e di seconda mano, attraverso mercatini o portali web appositi come armadioverde.it, da un po’ è possibile noleggiare gli abiti, e non solo quelli di gala. Se nel primo caso sono i privati cittadini rifornire l’offerta, nel secondo sono direttamente i brand ad aprire a questa formula partita dagli Usa col nome di fashion ranting; per l’Italia è stata Twinset a fare da apripista.

Lunga vita agli abiti usati
Un esempio di upcycling

Reborn Ideas, invece è il primo e-commerce omnicanale di prodotti made in Italy realizzati mediante upcycling, un processo che sposa in toto il concetto di economia circolare: il neologismo viene da recycling, il verbo inglese che significa riciclare, a cui si aggiunge il suffisso up, che sta ad indicare il miglioramento di quello che già si possiede. Sono diverse le start up che già si occupano di riparare o rigenerare i capi abbigliamento dismessi, ma c’è da aggiungere che non tutto può essere rigenerato, dipende ovviamente dal materiale. Secondo il rapporto “L’Italia del riciclo” diramato nel 2017, sono 133mila le tonnellate di rifiuti tessili raccolte nel 2016, circa 2,2 kg pro capite, di cui, però, solo il 29% destinate al riciclo. Ecco perché certe scelte è meglio farle a monte indirizzando, con regolamenti, le aziende. Un buon suggerimento arriva dalla Francia che entro il prossimo anno vuole vietare la pratica di distruggere la merce rimasta invenduta. Un provvedimento tanto semplice quanto efficace.



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