CannabisBufale e disinformazione

L’ultra destra cattolica all’attacco della cannabis: ecco come li sbugiardiamo!

IMG_2296… Roba che in confronto la Binetti ed Adinolfi sono due campioni di tolleranza!

Abbiamo trovato per caso questo depliant in una struttura pubblica. Leggendolo all’inizio abbiamo pensato fosse uno scherzo, in realtà non lo è. Si tratta di un pieghevole in cui sono concentrate la maggior parte delle bufale sulla cannabis e sui suoi effetti, senza uno straccio di studio scientifico a supporto ma con l’indicazione di qualche link nel finale, che non rimanda a studi scientifici ma bensì alle posizioni del NIDA (l’americano National Institute of Drug Abuse), a quelle del Dipartimento delle Politiche Antidroga della presidenza del Consiglio (sì, quello che presiedeva Giovanni Serpelloni, l’uomo forte di Giovanardi, prima di essere cacciato in malo modo e di finire sotto processo) e ad un articolo di humanitasalute.it in cui, sempre senza mai citare nessuno studio scientifico, vengono ripercorsi tutti i luoghi comuni sulla cannabis.

Prima di smentire punto per punto il contenuto vergognoso del volantino, vi raccontiamo da chi è stato fabbricato e distribuito. In calce al pezzo di carta viene indicato che è stato creato da SOS ragazzi, un’associazione con sede a Roma. Ma la scoperta interessante l’abbiamo fatta dando un occhio al loro sito internet. Nascosta nelle varie categorie del sito viene infatti spiegato che SOS ragazzi fa parte dell’associazione “Tradizione Famiglia Proprietà”, il cui presidente è Julio Robledo, e che si tratta di “un ente no profit che vive esclusivamente delle offerte dei suoi amici e sostenitori”, e che le donazioni all’associazione foraggiano anche la pubblicazione del “bollettino” – lo chiamano così, come fosse una pubblicazione informativa – SOS Ragazzi.

La capostipite brasiliana, denominata Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade (TFP), fu fondata nel 1960 dal politico cattolico Plinio Corrêa de Oliveira con lo scopo di combattere il comunismo marxista e difendere la proprietà privata, considerata parte del diritto naturale, e la continuità delle istituzioni politiche e familiari tradizionali, nelle quali riteneva che si incarnasse la dottrina sociale della Chiesa cattolica. Ispirate a de Oliveira sono state poi fondate altre TFP e associazioni affini in tutto il mondo.

La mission dell’associazione, almeno di quella originaria, è “la restaurazione integrale della civiltà cristiana attraverso il ripristino dei titoli nobiliari, lo scioglimento dei partiti socialisti, il rovesciamento dei bastioni del marxismo in particolare in America Latina, la censura di libri, film e trasmissioni televisive che attentano ai valori morali dell’Occidente, l’opposizione ad eutanasia, aborto, omosessualità e ricerca genetica sugli embrioni“.

Come ricorda wikipedia tra le diverse opere delle quali l’associazione ha chiesto la censura negli Stati Uniti, anche attraverso manifestazioni pubbliche di dissenso, sono inclusi i film Je vous salue, Marie, di Jean-Luc Godard, L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, Dogma di Kevin Smith; il romanzo Il codice da Vinci di Dan Brown; la serie televisiva I Simpson. Come detto all’inizio, dei veri campioni di tolleranza.

IMG_2297Ma veniamo al pieghevole. L’apertura è di quelle sobrie: “Marijuana e Hashish contengono Thc, una sostanza psicoattiva che provoca la morte cellulare con restringimento dei neuroni e la frammentazione del DNA dell’Ippocampo, la parte del cervello che regola le funzioni della memoria a lungo termine e dell’orientamento spaziale”. Così, tutto in grassetto. Sulla frammentazione del DNA si sono già espressi diversi ricercatori, sbugiardando una ricerca pubblicata nel 2016 su Mutation Research a cura della University of Western Australia. Innanzitutto per questo studio scientifico non è stato eseguito nessun test su persone, animali o cellule. Hanno effettuato una revisione di studi precedenti per “Chiudere il cerchio logico”, scrivono proprio così, e spiegare che la cannabis danneggerebbe il DNA. Una delle smentite era arrivata da Ethan Russo, fondatore ed editore del Journal of Cannabis Therapeutics, ampiamente considerato come uno dei principali ricercatori sui cannabinoidi. “Questo rapporto si basa su un fondamento di falsità. La cannabis non è mutageno (produttivo di mutazioni nel DNA), né è teratogeno (produttivo di difetti alla nascita) o cancerogena (causa del cancro). Innumerevoli studi su animali e studi epidemiologici umani sostengono la sua relativa sicurezza in questo senso”, sottolineando poi che l’estratto del documento non fa menzione di come la ricerca sia stata condotta escludendo gli eventuali fattori confondenti come fumo e farmaci.

IMG_2300Sulla questione del restringimento dei neuroni, siamo al livello delle esternazioni di Giovanardi. Non c’è un solo studio scientifico che dimostri una cosa simile, anzi. Secondo un recente studio i ricercatori israeliani dell’Università di Tel Aviv hanno scoperto che basse dosi di THC – il componente psicoattivo della marijuana – possono proteggere il cervello dai danni causati da lesioni, mancanza di ossigenazione (ipossia), convulsioni, tossicità da farmaci eccetera, che possono avere serie conseguenze sia come deficit cognitivi che gravi danni neurologici. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Behavioural Brain Research and Experimental Brain Research.
Un articolo del settimanale londinese Time cita Andras Bilkei-Gorzo dell’Istituto di Psichiatria dell’Università di Bonn in Germania, per spiegare che l’attività dei cannabinoidi fa come da cuscinetto per i neuroni, proteggendoli dall’invecchiamento e alleviando i sintomi delle malattie neurodegenerative.
Secondo uno studio i cui risultati preliminari sono stati pubblicati sulla rivista Aging and Mechanisms of the Disease, partner della celebre rivista scientifica Nature, dai ricercatori del Salk Institute in California, dalla cannabis può arrivare un aiuto per trattare l’Alzheimer: i suoi componenti infatti combattono e aiutano ad eliminare la proteina tossica beta amiloide, che causa questa forma di demenza. Oppure in quest’ultimo studio, pubblicato sul British Journal of Pharmacology, la dottoressa Hava Avraham ed i suoi colleghi hanno scoperto che i cannabinoidi possono anche offrire protezione da una proteina tossica creata dal virus dell’HIV, nota come proteina gp120.

Poi si passa ad un evergreen: “guidare sotto l’effetto di cannabis raddoppia il rischio di incidenti”. Uno studio scientifico realizzato in America nel 2015 dalla National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA) dice in realtà una cosa diversa:  “Una volta che i dati sono stati aggiustati per le variabili confondenti, il consumo di cannabis non era associato ad una maggiore probabilità di causare un incidente”. Lo studio ha incluso più di 3mila conducenti che sono stati coinvolti in incidenti nel corso di un periodo di 20 mesi a Virginia Beach, in Virginia, in oltre 6mila controlli, di persone  che hanno guidato nella stessa zona durante lo stesso periodo, ma non hanno fatto incidenti.

IMG_2300Passiamo poi ad un altro classico: la dipendenza da cannabis. Per quanto riguarda la dipendenza da cannabis nel dicembre ’97 una commissione di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha depositato i risultati di uno studio comparativo tra cannabis, alcol e tabacco. Lo studio indicava, aldilà di ogni dubbio, che i derivati della cannabis inducono una dipendenza meno forte e rappresentano una minaccia meno grave per la salute, rispetto ad alcol e tabacco, anche per chi ne fa un uso esteso e quotidiano. Su pressioni dell’amministrazione USA, tali risultati sono stati censurati, e non compaiono nella versione ufficiale del rapporto. La rivista britannica New Scientist, venuta in possesso del rapporto, lo ha pubblicato sul suo numero del febbraio ’98, che vi invitiamo a consultare per maggiori dettagli.

Sulla questione “Spinello uguale droga di passaggio” vi rimando ad uno studio scientifico ripreso dal Sunday Times nel 2011 ed eseguito da Centre for Economic Policy Research di Londra: “Quattro rilevazioni, condotte su quasi 17.000 persone, sono state effettuate ad Amsterdam nel 1987, 1990, 1994 e 1997. Lo studio ha trovato che c’era poca differenza nella probabilità che un individuo iniziasse a usare cocaina a seconda che in precedenza avesse o meno usato Cannabis. Benché un numero significativo di persone avessero usato droghe leggere e pesanti, questo era legato alle caratteristiche personali e alla predisposizione alla sperimentazione”. Lo spiega meglio il dottor Mattia Pacini, psicoterapeuta specialista in Psichiatria: “Non basta dire che ad esempio quasi tutti gli eroinomani in passato hanno iniziato con droghe più leggere, varrebbe per la Cannabis come il tabacco. Di tutti quelli che provano la Cannabis una minoranza passa poi alle droghe pesanti, in particolare all’eroina. E’ vero che chi usa Cannabis di solito prova le altre droghe di più, e prima (ad una età minore). E’ anche vero che chi prova la Cannabis sotto i vent’anni tende a passare alle altre droghe molto più spesso che non chi la prova in età meno giovane. Anche questo tipo di dati non significa però niente, perché in realtà le cose potrebbero semplicemente stare in questo modo: chi usa sostanze, a partire ovviamente da quelle legali e più reperibili, in età precoce, ha una tendenza indiscriminata a provare tutte le droghe, e quindi proverà più probabilmente e prima anche quelle illegali e pesanti. Quindi il “ponte” non lo farebbe la sostanza, Cannabis o altro, ma il temperamento della persona che prova e rischia, e che è attratta da tutto ciò con cui si può stimolare o alterare (la cosiddetta personalità “tossicofilica”).

IMG_2299Non solo, studi recenti (QUI, QUI, QUI, QUI e QUI) indicano addirittura la Cannabis come “sostanza di uscita”, da dipendenze come quelle dovute ad alcool, droghe pesanti e nicotina, altro che di inizio!
Uno degli studi sulle droghe più approfonditi e attendibili degli ultimi anni, è quello pubblicato nel 2007 dalla rivista scientifica “The Lancet” (disponibile qui), che classifica la Cannabis all’11° posto (in base a danno fisico, dipendenza e danno sociale), con l’alcol al 5° e il tabacco al 9°.

Si passa poi agli “Effetti a lungo termine e permanenti”, una raccolta di tutte le mistificazioni sulla cannabis. Si inizia con: “Disturbi mentali, depressione, ansia”, per arrivare a “Pensieri suicidi soprattutto tra gli adolescenti”, psicosi e disturbi affettivi”.
La parte sui pensieri suicidi richiama direttamente alla propaganda anti-marijuana messa in atto negli USA nel 1937 da Aslinger con il “Marijuana Tax Act” (vedi articolo: Perchè la canapa è stata proibita) che invitava la stampa compiacente a diffondere notizie quali: “fuma uno spinello e probabilmente ucciderai tuo fratello” o “la marijuana provoca insanità mentale, criminalità e morte” o “la marijuana è la droga che ha provocato più violenza nella storia dell’uomo” o peggio ancora “le donne bianche che usano marijuana hanno il desiderio di accoppiamento con maschi di razze inferiori, con artisti e degenerati in genere”, a dispetto di tutte le fonti statistiche su criminalità e uso di droghe, dove si rileva che nei Paesi dove esiste tolleranza nei confronti della Cannabis (Olanda, Spagna, Portogallo, Belgio, Repubblica Ceca, Austria, Stati Uniti ed altri), non sono registrati né aumenti di atti criminali, né comportamenti sociali preoccupanti, né aumenti di incidenti stradali correlati all’uso.

IMG_2298Va inoltre detto che l’unico tentativo di suicidio correlato alla Cannabis ha visto come soggetto un adolescente che pur di evitare un ingiustificato ricovero in una comunità terapeutica, ha preferito esercitare un gesto tragico ed estremo.
Su disturbi mentali e psicosi abbiamo dedicato parecchi articoli. Quiquiqui e qui una serie di studi ed articoli che spiegano come non ci sia nessun dato convincente che lega la Cannabis a schizofrenie o psicosi, ma una teoria alla base di diverse pubblicazioni scientifiche secondo la quale un utilizzo cronico di cannabis ad alto livello di THC in età adolescenziale, potrebbe favorire la nascita di psicosi in soggetti predisposti.

Passiamo poi alla “diminuzione delle abilità mentali con perdita di 8 punti del QI tra i 13 ed i 38 anni”. E’ una bugia che è stata smentita dalla stessa testata scientifica che aveva pubblicato lo studio, che ha pubblicato uno altro studio per sbugiardare la precedente ricerca. Il primo studio è stato condotto su un campione di mille persone residenti a Dunedin, in Nuova Zelanda, che sono state seguite per 25 anni: tutti gli individui del campione sono stati sottoposti a un primo test di misurazione del Q.I. all’età di 13 anni e, successivamente, ad un altro test quando tutti i partecipanti avevano circa 40 anni. Coloro che hanno dichiarato di aver fatto uso di marijuana prima dei 18 anni hanno totalizzato un punteggio più basso nel secondo test. Secondo i ricercatori la causa di questa perdita di intelligenza sarebbe da imputare ai danni prodotti dalla cannabis al cervello.

Il nuovo studio, condotto da Ole Rogeberg del Ragnar Frisch Center for Economic Research di Oslo è stato pubblicato sempre sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences e nega i risultati dello studio neozelandese, spiegando che “lo studio fa confusione” e il calo del punteggio totalizzato nel test non sarebbe dovuto alla cannabis ma da differenze socioeconomiche tra gli individui del campione. La causa del presunto instupidimento non sarebbe quindi l’aver o meno fumato cannabis e i risultati dei test dipenderebbero in realtà dal grado di istruzione conseguito e dall’occupazione svolta dai partecipanti.

Sulla presunta disfunzione erettile citata nell’articolo e che sarebbe causata dalla cannabis, bisogna dire che fino ad ora gli studi si sono concentrati soprattutto sugli effetti a breve termine della marijuana e hanno fornito risultati contrastanti. L’unica ricerca condotta su soggetti umani suggerisce che la cannabis possa avere effetti afrodisiaci, stimolando la voglia di fare sesso. Tuttavia, alcune prove pre-cliniche dimostrano che il recettore CB1 può interferire con la capacità di raggiungere l’erezione. Ad ogni modo una delle cause più comuni di disfunzione erettile è il colesterolo alto, e una nuova ricerca spiega come la cannabis potrebbe essere d’aiuto. Prendendo di mira recettori specifici presenti nel nostro corpo  (CB2) che vengono attivati dalla cannabis, un gruppo di ricercatori svizzeri è stato in grado di ridurre i danni da disfunzione erettile correlata al colesterolo alto nei topi. Dopo tre settimane di trattamento, campioni di tessuto prelevati dai topi hanno mostrato livelli più bassi di fibrosi e altre lesioni correlate al colesterolo, rispetto ai topi che non sono stati trattati. I recettori CB2 sono presenti in molte parti del corpo, compresi i tessuti del pene. “L’attivazione dei recettori CB2 – si legge – ha diminuito le caratteristiche istologiche associate alla disfunzione erettile nei topi ipercolesterolemici”, hanno concluso gli autori dello studio pubblicato sulla rivista Clinical & Developmental Immunology.

Su cannabis e gravidanza, come spesso accade con la cannabis, è stato detto e scritto di tutto. Noi vi riportiamo qui sotto le opinioni di tre ricercatori del campo, maturate in seguito a studi scientifici.
Peter Fried: “Le conseguenze della esposizione prenatale alla cannabis sono sottili, L’impatto durante lo svolgimento della gravidanza e sul neonato sembrano essere considerabilmente moderate da altri fattori di rischio con evidenza di un numero di coordinate che suggeriscono degli effetti lievi sulla crescita fetale e sul funzionamento del sistema nervoso centrale, Durante lo stadio di bambino ai primi passi vi è poca evidenza di un effetto prenatale della cannabis sia sulla crescita o sul comportamento, tuttavia dopo la età d tre anni, vi sono dei ritrovamenti suggestivi che indicato una associazione putativa tra la esposizione prenatale alla cannabis e degli aspetti del comportamento cognitivo che vanno sotto la rubrica della funzione esecutiva. In particolare, gli aspetti di questo costrutto che sembrano coinvolti sono i campi della attenzione/impulsività e le situazioni di soluzione di problemi che richiedono la integrazione e la manipolazione di abilità visuali e percettive di base, Nonostante vi sia una convergenza di evidenza, lo studio molto limitato che hanno seguito dei bambini oltre l’età di tre anni sottolinea il bisogno di ulteriori, ben controllate ricerche in questa aera”. (Fried P. Pregnancy. In : Grotenhermen F, Russo E, eds. Cannabis and cannabinoids.Pharmacology, toxicology, and therapeutic potential. Haworth Press, Binghamton /New York 2001).

Lynn Zimmer & John Morgan: “Degli studi fatti sui neonati, infanti, e bambini non dimostrano dei deficit consistenti fisici, di sviluppo o cognitivi collegati ad esposizione prenatale alla marijuana. La marijuana non ha un impatto affidabile sulla dimensione alla nascita, la lunghezza della gestazione, lo sviluppo neurologico, oppure il verificarsi di anormalità fisiche. La somministrazione di centinaia di test per bambini più vecchi ha rilevato solamente delle differenza minori tra i figli di consumatori di marijuana e non consumatori, ed alcune sono positive piuttosto che negative (…) mentre è sensibile avvisare le donne ad astenersi dall’uso di tutte le droghe durante la gravidanza, il peso della evidenza suggerisce che a marijuana non danneggia direttamente il feto umano”. (Zimmer L, Morgan JP. Marijuana Myths Marijuana Facts. Review of the scientific evidence. New York/San Francisco: The Lindesmith Center,1997).

Franjo Grotenhermen: “E’ improbabile che la cannabis causi delle malformazioni embrionali o fetali. Vi sono dei dati contraddittori epidemiologici sul suo effetto sul peso della nascita. Vi è evidenza di sottili disturbi dello sviluppo cerebrale risultanti in uno squilibro cognitivo nei discendenti degli utilizzatori di cannabis. Alcuni scienziati assumono che simili disturbi esistano, mentre altri credono che la cannabis non produce degli effetti negativi rilevanti, Possibilmente dei sottili disordini cognitivi collegati alla marijuana non possono osservati prima del periodo scolastico o prescolastico.(…) Nessuna influenza di sviluppo fisico fetale nei bambini nati da consumatori cronici di cannabis sono stati riportati. Tuttavia , per quanto possibile, la cannabis andrebbe evitata durante la gravidanza e nelle donne che allattano a a causa della evidenza controversa di sottili disturbi dello sviluppo cognitivo. (Grotenenhermen F. Rreview of unwanted actions of Cannabis and THC. In: Grotenhermen F, Russo E, eds. Cannabis and cannabinoids: Pharmacology, toxicology and therapeutic potential. Haworth Presss, Binghamton/New York 2001, in stampa.Grotenhermen F. Practical hints. In : Grotenhermen F, Russo E, eds. Cannabis and cannabinoids: Pharmacology, toxicology, and therapeutic potential. Haworth Press, Binghamton/New York 2001).

cannabis bufalePer fortuna il mondo sta cambiando e dopo la demonizzazione di questa pianta con un accanimento mai visto, portata avanti negli ultimi 70 anni (vedi articolo Il boicottaggio della canapa), ci si sta scontrando con l’evidenza. Anche nel nostro Paese sta rifiorendo un’industria legata a questa pianta, che spazia dalla bioedilizia alla cosmetica, passando per i prodotti alimentari, i vestiti, i tessuti in genere, e decine/centinaia/migliaia di altre applicazioni ancora tutte da scoprire. Per non parlare di tutto il settore degli utilizzi terapeutici, in fortissima ascesa.

Certo dispiace che da tutti gli ambienti vicino alla Chiesa ed al Vaticano sulla cannabis continuino ad arrivare solamente attacchi rabbiosi, senza avere la voglia di capire come stiano le cose. “La famiglia svolge un ruolo fondamentale nella lotta alla droga che non si combatte liberalizzandone l’uso”, ha affermato il monsignor Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu alla sessione speciale dell’Assemblea generale riunita ad aprile 2016 a New York con l’obiettivo di definire l’indirizzo generale e le priorità delle politiche mondiali sulle droghe per i prossimi decenni.
“La droga cosiddetta leggera non è leggera, perché danneggia il cervello. Essa è il cavallo di Troia per le droghe più pesanti, quindi ribadiamo: no alla droga leggera”. Questa la posizione della Chiesa Cattolica in merito alla cannabis espressa a Radio Vaticana da mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, alla fine del 2016.

Noi come sempre ci limitiamo ad una corretta informazione e all’invito ad un eventuale utilizzo responsabile e consapevole (di qualsiasi sostanza, legale e non).

La coerenza nelle scelte è una cosa; rimanere rigidi sulle proprie posizioni nonostante l’evidenza è stupidità e chi spaccia disinformazione per contro-informazione è da condannare.



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