2023: luci e ombre nella giurisprudenza sulla cannabis in Italia
Tante ombre, poca luce e qualche vittoria, come quella ottenuta grazie alla pronuncia del Tar sul CBD. Il 2023 cannabico visto dall’avvocato Zaina
Bilanci di fine anno.
Una liturgia forse obsoleta, forse consunta, ma sempre purtroppo attuale.
È opportuno un breve bilancio anche nel settore cannabis.
Credo che l’anno 2023 abbia segnato un indirizzo significativo, nel senso che vi è sempre maggiore coscienza della ingiustificata demonizzazione della canapa e della cannabis.
Superata questa matrice comune, ritengo, almeno per la mia quotidiana esperienza, che si debba operare una distinzione fra il tema della cannabis e quello della canapa light.
CANNABIS E GIURISPRUDENZA
Per quanto concerne la cannabis, rimangono notevoli luci ed ombre.
Sul piano giurisprudenziale, gli organi giudiziari non hanno ancora metabolizzato in pieno la sentenza delle SSUU 12348/20, in materia di coltivazione, così come le decisioni riguardanti vicende di detenzione di marijuana o di hashish non hanno del tutto imboccato una univoca direzione.
Per quanto attiene alla coltivazione, infatti, permane un’incertezza di fondo sul numero delle piante che possano configurare la coltivazione domestica non punibile.
Il dato quantitativo, infatti, continua ad essere, ahimè, considerato, come l’elemento di maggiore peso nella dinamica delibativa, da parte dei giudici, anche se, piano, piano, si ritagliano spazi positivi ed esimenti, circostanze soggettive come la qualità di consumatore del coltivatore e l’effettiva capacità produttiva di principio attivo della piantagione.
La stessa incertezza traspare dalla proposta di legge di iniziativa popolare presentata recentemente, in base alla quale si vorrebbe sancire la non punibilità di piantagioni fondate su quattro esemplari e di condotte detentiva aventi ad oggetto una trentina di grammi di sostanza.
Pur se apprezzabile, questo sforzo normativo, mi pare assai timido, perché propone parametri che già anni fa (nel 2007) avevano formato oggetto di discussione, cui non era seguito sviluppo.
V’è, infatti, da constatare che sono trascorsi oltre tre lustri, ma di passi avanti non vi è segno.
Anche i 30 grammi di peso lordo (quanto THC?) mi paiono, alla luce di posizioni della giurisprudenza di merito, un segnale insufficiente.
Vedremo poi, cosa succederà.
CANNABIS LIGHT: LE ASSOLUZIONI NON FERMANO I PROCESSI
Per quanto concerne la canapa light, invece, posso sottolineare che i risultati dei procedimenti penali si sono attestati su percentuali altissime di proscioglimento.
Ciò non di meno, talune Procure e ff.oo. insistono in iniziative – perquisizioni e sequestri – che si rivelano esclusivamente di disturbo, terminando in assoluzioni, quando non addirittura in archiviazioni.
È evidente il danno per il settore, soprattutto in relazione alla circostanza che sia i coltivatori, che la gran parte dei commercianti paiono avere assunto atteggiamenti assai conformi ai dettami sia di legge, che della giurisprudenza.
Le indagini paiono, quindi, ingiustificate.
I giudici di merito – almeno per l’esperienza che ho maturato – quando vengono chiamati a decidere, operano valutazioni che ammettono e si fondano anche – fortunatamente – su tutta una serie paradigmi valutativi (soprattutto il tasso-soglia del THC fissato nella misura dello 0,5%, la parametrazione dell’offensività e psicoattività del prodotto sulla base di un grammo di sostanza lorda), i quali risultano certamente idonei a fornire una ricostruzione appagante, seria ed effettiva del fenomeno commerciale.
Abbiamo, così, ottenuto pronunzie significative e segnalo sia quella di assoluzione della Corte di Appello di Bologna dello scorso 23 gennaio, che ha riformato la condanna emessa dal GUP di Parma a carico di un commerciante (provvedimento accettato con molto fastidio dalla Procura locale), sia la decisione della Corte di Cassazione che ha annullato un provvedimento di sequestro del Tribunale di Pordenone in materia di commercio di prodotti a base di CBD (art. 147 Dlgs 219/2006).
Importantissima è, poi, la decisione del TAR del Lazio che ha sospeso l’efficacia del decreto del Ministero della Salute, che aveva riattivato un precedente decreto del 2020, che intendeva ricondurre nella categoria dei farmaci i prodotti (e gli olii) a base di CBD.
In attesa della decisione di merito, che si spera conforme a quella di rito, intanto, il segnale che proviene dai giudici amministrativi mi sembra un monito molto forte.
Cambiano radicalmente i governi, ma una certa mentalità gravemente proibizionista appare connotare, in modo inquietante e trasversalmente, la politica italiana.
Cosa attendersi dall’anno nuovo?
Credo che il 2024 debba essere un anno nel quale si consolidino principi di tolleranza e di seria ricostruzione e valutazione di un fenomeno, quello commerciale, che non può e non deve formare oggetto di persecuzione e distrutto per scelte giudiziarie infondate.
Spero ed auspico che la giurisprudenza di merito continui ad essere fonte di ispirazione a positivo condizionamento anche per i giudici della Corte di Cassazione, i quali prima di giungere al Palazzaccio di Piazza Cavour sono stati magistrati di merito e non possono improvvisamente e senza ragione cambiare approccio a temi che molto probabilmente hanno giudicato con favore.