Cronache da dietro il cancello

Lotta per la sopravvivenza

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Di come si sta in carcere non importi più nulla a nessuno, quanto meno se non vi sono coinvolti personalmente o attraverso un famigliare recluso. La lotta per la sopravvivenza è diventata così dura che di coloro che si perdono per strada, qualunque strada sia, non c’è più tempo di occuparsi. La galera tocca solo a chi la vive, logica e naturale conseguenza di un assetto sociale arrivato alla frutta. Non è più così scandaloso che si finisca in galera rispetto a venti/trent’anni fa non fa più cosi effetto. Mentre scrivo alla radio parlano dell’ennesima retata tra i politici romani e del sindaco che anziché mettere in scena l’indignazione e cazzate del genere, come un tempo si faceva cercando di salvare le apparenze, sostituisce i consiglieri arrestati con altri e va avanti tranquillamente. Non voglio immaginare in che condizioni versino le nostre prigioni, sempre più piene e sempre più povere, sia per chi ci finisce che per chi ci lavora.

Le statistiche che vengono pubblicate periodicamente ma non fanno più nessun effetto. La galera è diventata quasi routine, ad ogni livello sociale e credo che questo non sia un buon segnale. Questo non vale solo per i detenuti, ma anche per le guardie che vi lavorano, in una situazione che definire alienante è riduttivo, che chiamare pericolosa significa minimizzare. Il nostro paese è al 37° posto nel mondo nella classifica per la libertà di stampa, non so quanto possano valere, non conosco i criteri con cui vengono redatte queste classifiche, ma sono certo che prima di venir date in pasto a noi, le notizie siano soggette a un’epurazione nei contenuti e ad un serio controllo sulla diffusione, cosicché molto di quello che succede resti ai più sconosciuto per sempre e molto di quello che ci viene detto arriva filtrato. Un po’ come in carcere insomma. Non credo nemmeno ad una prossima inversione di tendenza, temo piuttosto un inasprirsi dei metodi, come spesso accade in situazioni del genere.

Ci sono detenuti in carcere da 4 anni che hanno incontrato gli educatori un paio di volte e per pochi minuti, non esistono ormai più nemmeno le garanzie di quel percorso rieducativo che la Costituzione sancisce, questo non renderà certamente migliori coloro che vengono condannati e prima o poi usciranno… Attendiamo sviluppi.



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