Lord Madness – Suicidio Fallito (recensione)
Suicidio Fallito è il secondo album solista del romano Madness, sicuramente il più interessante ex membro de Gli Inquilini, assieme a Kento. Devo dire che conoscendo artisticamente il nostro rapper e già leggendo il titolo mi aspettavo un disco impegnativo, ma forse non ero pronto a sufficienza.
Suicidio Fallito è un trip gigante, di quelli che ti mandano fuori per una settimana. A livello metrico e di testi è assolutamente pischedelico, frenetico, coloratissimo. Il che si traduce presto in una distinzione in effetti piuttosto netta. Lo puoi amare, e a quel punto ti ritrovi ossessivamente a fischiettarne i motivetti o a ricantare qualche ritornello. Oppure lo puoi odiare, memori del mal di testa che il primo ascolto può suscitare. Perché “Madness” è davvero la parola più vicina alla personalità di questo mc. C’è da dire che lo stile nervoso, meccanico e decisamente complicato di Madness, lo rende un mc di certo non alla portata di tutti. Potrei sbilanciarmi nel dire che un testo di una canzone di Madness contiene mediamente circa il 50% in più delle rime di un testo di qualunque altro rapper italiano, tanto è fitta la rete di incastri. Starci dietro quindi è impegnativo.
E’ come un fiume in piena di immagini (in molti casi disturbanti visto le tematiche extremely psycho dei brani) che ti invade il cervello e che di certo cattura la fantasia dell’ascoltatore, non è detto senza effetti collaterali. Si passa da atmosfere scure e minacciose a motivetti da circo thriller (inquietanti…non ve l’avevo mai detto? I clown mi terrorizzano…), da club banger inaspettati a pezzi più conscious e classici, in maniera però fluida e parecchio continuativa. Le capacità tecniche di Madness a mio avviso non si discutono, la qualità delle rime è sempre costante e le metriche sono d’alto livello. La voce un po’ cantilenata rende i suoi testi ancora più “mad” e quindi fa valore aggiunto. Le produzioni sono generalmente ben realizzate (i beats sono di P Eight, XXX Fila, Yazee – forse quello che in assoluto mi ha sorpreso di più e mi è piaciuto maggiormente – Chebit e ‘n Drew) anche se l’estro e la personalità vulcanica di Madness tendono a catturare del tutto la scena, mettendo un po’ in secondo piano la parte musicale (forse anche per un mixaggio che ha esaltato molto la voce). Devo dire che da questo punto di vista faccio ancora un po’ fatica a sentire Madness sopra beats con atmosfere più “club” o “south” o chiamatele come vi pare, non so come definirle senza offendere qualcuno. Madness lo sento bene sul classic e anche sulle atmosfere elettroniche spinte, lo sento bene pure sulla dubstep, ma sui beat bangers con le gran casse rotondissime mi sembra un po’ forzato.
I featuring presenti sono ben dosati, molto bello anche se troppo “breve” il cantanto di Micha Soul, anche se non sono da meno V’Aniss e Layla, sempre in forma Maxi B, così come Pregio e Kg Man, ottimi gli interventidi quella belva di Trobb e di Fuzz10. Relegata in un parte davvero poco significativa Larri, su uno dei pezzi forse meno riusciti dell’album, Natasha – Califano’s Love. Ci sono evidenti momenti di picco nel disco, a mio avviso rappresentati dai brani Balla Col Demonio (bravissima Micha Soul), Dolore Del Vuoto e Giorni Cattivi. Altri brani purtroppo devo ancora inquadrarli come La Musica che Fa, Maddydance e Natasha, sicuramente molto legati al concept del disco, ma forse non a livello di tutti gli altri. Questo è un disco per ascoltatori preparati che possono apprezzare il fittissimo rap di Madness e che forse spiazzerà i neofiti, ma probabilmente questo era anche il vero intento del rapper romano. Io l’ho ascoltato con piacere, constatando ottimi brani da replay!
Giovanni “Zethone” Zaccaria