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L’Onu ha cambiato ancora idea sulla cannabis: il nuovo rapporto dice No alla legalizzazione

L'Onu ha cambiato ancora idea sulla cannabis: il nuovo rapporto dice No alla legalizzazioneL’International Narcotics Control Board (Incb) delle Nazioni Unite ha pubblicato un nuovo rapporto nel quale respinge e condanna gli esperimenti di legalizzazione della cannabis in atto nel mondo. Una decisione che segna una nuova inversione di tendenza da parte delle Nazioni Unite, con il suo ufficio sulle droghe che rinnega di fatto le aperture che erano state sancite dal vertice Ungass del 2016 e torna ad invitare tutti gli stati membri a rispettare le Convenzioni sulle droghe attualmente in vigore.

Nel 2016 gli stati membri riuniti a Vienna avevano approvato a maggioranza un documento in cui si garantiva a paesi una «sufficiente flessibilità per progettare e attuare politiche sulle droghe nazionali secondo le loro priorità ed esigenze», ovvero la possibilità di derogare alle Convenzioni internazionali che impongono il proibizionismo.

Ora invece l’Incb ribadisce che i paesi si devono limitare a garantire l’accesso alle sostanze vietate solo per fini terapeutici e in accordo con la ricerca scientifica, ma specifica che «non è consentita alcuna deroga nella convenzione del 1961», ovvero quella in cui la cannabis venne dichiarata sostanza illegale inclusa nella tabella I, la stessa delle droghe più pericolose come l’eroina.

Un capitolo del rapporto si occupa di criticare apertamente le legislazioni con le quali Uruguay, Canada, Giamaica e alcuni stati Usa hanno deciso di legalizzare la cannabis, invitandole a riallinearsi alle Convenzioni vigenti. Un cambio repentino che è difficile non mettere in relazione con le ultime mosse di Donald Trump.

La retromarcia dell”Onu rischia di avere ripercussioni difficilmente prevedibili sul Canada, il cui Parlamento ha già approvato la legge che legalizza produzione e commercio di cannabis e dovrebbe diventare operativa entro la prossima estate.

Di fatto sono due le alternative percorribili. La prima è che l’Incb si lasci convincere dal Canada che sostiene come la legalizzazione non significhi automaticamente violare le Convenzioni e preme per una interpretazione meno ortodossa del testo, la seconda è invece il ritiro del Canada dalle stesse Convenzioni sulle droghe. Una strada che – nel caso si rivelasse l’unica praticabile – il governo canadese pare intenzionato a percorrere ma che avrebbe come conseguenza un necessario rinvio della entrata in vigore della legalizzazione, visto che secondo i trattati l’abbandono di una convenzione internazionale deve essere comunicato con almeno un anno di anticipo.



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