Logout #67
ARGANTE: Caro fratello, voi avete il dente avvelenato contro di lui. Ma insomma, veniamo al fatto. Che cosa si deve fare quando si è malati?
BERALDO: Niente, fratello.
ARGANTE: Niente?
BERALDO: Niente. Bisogna stare in riposo, nient’altro. La natura, quando la lasciamo fare, se la sbriga da sé e corregge a poco a poco il disordine in cui è caduta. È la nostra inquietudine, la nostra impazienza che rovina tutto; quasi tutti gli uomini muoiono dei loro rimedi, non delle loro malattie.
ARGANTE: Ma bisogna pur convenire, fratello, che possiamo in qualche maniera aiutare la natura.
BERALDO: Dio mio: questa è un’idea astratta, fratello, a cui siamo affezionati; non è da oggi che fra gli uomini si fanno strada molte belle fantasie: ad esse noi crediamo subito perché ci illudono, e perché sarebbe tanto bello che fossero vere. Quando un medico vi dice che aiuta, soccorre, dà una mano alla natura, che elimina ciò che nuoce e aggiunge ciò che le manca, che la ristabilisce e la rimette nella pienezza delle sue funzioni, quando vi dice che rettifica il sangue, tempera le viscere e il cervello, decongestiona la milza, riassetta i polmoni, ripara il fegato, fortifica il cuore, ristabilisce e conserva il calore naturale, quando vi dice che conosce il segreto per allungare di molti anni la vita, vi racconta il romanzo della medicina. Ma quando sono in gioco la verità e l’esperienza, di ciò che non rimane più nulla; e accade come nei bei sogni, al risveglio ci lasciano soltanto il disappunto di averli creduti veri.
ARGANTE: Insomma, nel vostro cervello è rinserrata tutta la scienza possibile, e voi pretendete di saperne più di tutti i medici del nostro secolo.
BERALDO: Nei vostri grandi medici ci sono due persone diverse, una per i discorsi e l’altra per i fatti. Sentiteli parlare: sono i più bravi; guardateli fare: sono i più ignoranti.
Il malato immaginario (Atto III) Molière, 1995