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L'intervista a R.A. The Rugged Man in occasione del suo live a Bologna, in data 5 aprile

rugged man 2Il prossimo 5 aprile al Sottotetto di Bologna ci sarà una tappa del nuovo tour europeo di R.A. The Rugged Man, quello che è unanimemente riconosciuto come una flow machine, con un forte spirito antagonista e sempre ad un passo dal punto di rottura. “The People’s Champ” è il primo singolo che ha anticipato Legends Never Die, il suo nuovo disco in uscita il prossimo 30 aprile, che arriva ben sette anni dopo aver rilasciato il precedente lavoro ufficiale, Die Rugged Man Die. Insomma, R.A. Thorburn non è morto e ci fa capire che le leggende come lui, in ogni caso, non moriranno mai.

myHipHop.it sarà media partner dell’evento (per il quale sono in palio due biglietti omaggio: scopri come fare): non potevamo farci scappare l’opportunità di intervistarlo in vista del live show e dell’imminente album.

“Die, Rugged Man, Die” e poi “Legends Never Die”: era solo uno scherzo. Ti senti una leggenda di questa musica?
Beh, tutti questi anni di duro lavoro hanno contribuito. Da quando ho iniziato ho visto andare e sparire molte icone del rap, ma io in qualche modo sono ancora qui. Non so bene come sia successo, ma verso la fine degli anni ’90 quando lavorai con la Rawkus Records loro erano di questa opinione: “Yo! Rugged Man is a legend”, ma anche dopo aver firmato per la Priority Records o incontrando dei bambini per strada sentivo cose come:” Yo! You’re a legend!”. Io dicevo: “Chi, io?” Di sicuro rappavo meglio di molti miei colleghi, ma per me le vere leggende sono Doug E Fresh, Rakim e Kool Moe. Sono quasi 15 anni che i fans (ma anche in strada) mi dipingono come se fossi una leggenda. Penso che sia la stessa visione con cui io sono cresciuto, la visione che ti crei ascoltando e studiando i tuoi miti. In ogni caso se molti dei miei fans mi vedono in questo modo, non posso che sentirmi onorato e fortunato. 

Legends Never Die sarà fuori per Nature Sounds: sei ancora del parere che Every Record Label Sucks Dick?
Si, tutte le label succhiano i cazzi. Inclusa la Nature Sounds. Si tratta solo di trovare il demone con cui ci sembra di stare più comodi a letto. Non è facile basarsi solo su se stessi e dare il meglio solo con le proprie forze. Vorrei però precisare una cosa: la Nature Sounds non è una major, ma una label indipendente in cui io percepisco il 50% dei diritti.

Anche qui in Italia il rap si è affacciato al mainstream e sempre di più c’è una buona differenza tra il rap fatto per la rugged manmassa che quello più underground. Tu che sei un paladino dell’underground, come la pensi e che consigli sentiresti di dare al rap di un paese come il nostro che si è affacciato da poco al grande pubblico?
Il mainstream è sempre stato parte dell’Hip Hop, fin dall’inizio. C’erano i grandi dischi pop dei Blondie’s Rapture o “Rappers delight” della Sugar Hill Gang, mentre nei ’90 i dischi che han venduto di più sono stati “Hammer Please, don’t hurt’em” di Mc Hammer o Vanilla Ice, ma anche i Beastie Boys han venduto più di 3 milioni e mezzo di dischi e venivano passati in tutte le radio più conosciute. C’è sempre stato il mainstream, ma mentre il mainstream era ascoltare “Ice Baby” noi ascoltavamo “The X-Clan” e “Poor Righteous Teachers” – il mainstream non è altro che il riflesso dell’impostazione del mercato musicale. Detto sinceramente, il primo disco del Wu-Tang Clan è il disco più underground della storia, ma aveva dietro di se un budegt e un sistema di marketing che aveva l’obiettivo di promuoverlo e nonostante fosse musica underground è diventato uno dei successi mainstream più clamorosi della storia dell’Hip Hop, generando più soldi di ogni altra crew nella storia dell’Hip Hop.

Legends Never Die è il tuo secondo album ufficiale: qualche tempo fa pubblicasti una raccolta di brani, Legendary Classics vol.1: insomma, c’è più roba tua inedita che edita, come è possibile?
Tecnicamente non è il mio secondo album ufficiale, visto che ho registrato “Night of the bloody Apes” per la Jive e “American Lowlife” per la Priority/Capital Records negli anni ’90. Questi sono stati i miei primi due album. Controversie burocratiche e questioni di politica interna alle label non mi hanno poi permesso di pubblicare in maniera appropriata la mia musica. In quel momento ho dichiarato guerra all’industria musicale, letteralmente. Quando però dite che esiste più materiale inedito che edito ufficialmente, avete ragione. Ho registrato più di 500 canzoni negli ultimi 20 anni, ma purtroppo si trattava di una “bestia” diversa da trattare visto che non esistevano Facebook, Twitter, Youtube e tutte le altre possibilità di fare promozione gratuita e permettere al mondo di ascoltare il tuo prodotto. Era molto più difficile, l’unica strada era avere soldi da spendere per la stampa e la promozione delle canzoni o convincere chi aveva i soldi a puntare su di te per poi basarsi sui loro agganci per la pubblicità – senza andare d’accordo con questi signori era molto più difficile.

people's champTra i produttori del  nuovo disco figurano artisti di stampo molto classico: è questo il suono che più ti coinvolge?
Io amo l’Hip Hop. Se qualcuno mi mandasse un banger ci scriverei sopra e spaccherei. Se mi mandassero un beat su cui fare qualcosa di interessante o diverso dal solito lo prenderei, ci scriverei sopra e spaccherei ugualmente.

Hai iniziato come un artista molto hardcore, passando ad un approccio più classico: ora hai sviluppato una capacità tecnica e metrica molto forte. È questo il tuo punto di arrivo?
Se intendete il mio continuare a crescere e modificarmi col passare del tempo sì, sono d’accordo. Cerco di migliorare le mie skills e di provare approcci lirici diversi ogni anno. Qualche volta però inserisco un paio di versi da qualche strofa che ho scritto 20 anni fa e la gente non si rende conto che il loro pezzo preferito della canzone è qualcosa che avevo prodotto ancora 20 anni prima. Lo faccio ogni tanto, solo per dimostrare che sono sempre stato un “lyrical assassin” e che la merda che ho scritto 20 anni fa è ancora attuale e potrebbe tranquillamente massacrare i cazzo di giovinetti che ci sono oggi.

Cosa dovremmo aspettarci dai testi di Legends Never Die? Il solito antagonismo con quel pizzico di follia?
Ci sono molti stili e suoni diversi, un po’ del flow dei ’90 e un po’ di flow del 2030. Un po’ di flow del Rugged sfumato vintage, alcuni contenuti politici, un po’ di contenuti alla “fuck a bitch crustified” e un po’ di mitragliate a fuoco rapido. E’ tutto qui dentro. Penso sia uno dei miei migliori prodotti finora.

In America c’è una nuova scuola molto forte (penso a Kendrick Lamar, Joey Badass, Big K.R.I.T., Smoke DZA): tu come recepisci l’evoluzione dell’hip hop negli States? Ti piace il momento che state vivendo? C’è qualche giovane rapper che più di ogni altro ti piace?
Ci sarà sempre qualche Mc potente che nascerà e tratterà come deve il suo microfono. Proprio oggi ho sentito una bomba di Dizzy Wright e Joey Badass che suonava davvero come “some real authentic shit”, Mi ha colpito il testo di Dizzy, in cui diceva qualcosa di semplice ma che a me è suonato come: “Call me a hard working Nigga, I shouldn’t use Nigga cuz thats what was used against us, but still I use and abuse it look how they did us, a lot of shits changed but still shit installed in us”. Mi piace molto sentire nuovi pezzi densi di significato che provengono dalle nuove generazioni.

Ti lasciamo spazio libero per un messaggio ai tuoi fan italiani:
Vi aspetto tutti a Bologna il 5 aprile e nei negozi per Legends Never Die!

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A cura di Nicola Pirozzi e Mattia Polimeni
Special thanks to Dario Core for booking and support



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