L'intervista a Don Diegoh e Mastrofabbro: è Radio Rabbia
Oggi facciamo una breve chiaccherata con Don Diegoh, fresco dell’uscita del suo ultimo lavoro, Radio Rabbia, affiancato dal producer Mastrofabbro. Il nostro calabrese ha saputo trovare un ottimo equilibrio nel suo ultimo lavoro, mostrando la vera faccia non solo dell’underground ma anche di un vivere sinceramente la propria propensione artistica senza compromessi. E’ un piacere quindi ospitare sulle nostre pagine Don Diegoh.
Ciao Diego e benvenuto. Di Radio Rabbia possiamo dire tantissime cose, di certo la prima che mi viene in mente è che lo ritengo un prodotto estremamente vero e concreto, “real” per usare un termine a noi familiare. E di roba “real” ultimente se ne sente il bisogno, dato che siamo più che mai nel vortice del consumismo musicale. Come ti rapporti a tutto ciò? Sei consapevole che determinate scelte artistiche potrebbero non portarti mai in classifica o a vivere della tua musica?
Per risponderti cito Andrea Pazienza, che nella postilla presente nell’ultima pagina del suo capolavoro ‘Gli ultimi giorni di Pompeo’ dice: “Non ho mai pensato al soldo mentre disegnavo, casomai subito prima o subito dopo, mai durante”. Da quando ho letto questa frase ho sempre tenuto a mente il suo senso (o meglio il modo in cui io l’ho interpretato e metabolizzato). Credo sia superfluo aggiungere altro a questo concetto, se non il fatto che non mi pongo proprio la domanda. Magari non vivrò mai della mia musica, ma se sono (e mi sento) vivo è proprio grazie alla musica.
Ti vediamo molto attivo su facebook, tra post, foto, commenti, dichiarazioni d’amore nei confronti di questa musica. Allora è proprio vero? Non basta fare bella musica oggi, bisogna anche essere sempre al centro dell’attenzione e mantenersi sotto gli occhi di tutti per ottenere qualche riscontro in più?
Non credo, ma il discorso è delicato e va approfondito. Per me Facebook è uno strumento e provo ad utilizzarlo come tale. Non lo trovo un diario sul quale scrivere i cazzi miei, poiché per quello utilizzo un diario ‘fisico’ e soprattutto ‘utilizzo’ la musica stessa. Ho sempre pensato che i Social possano essere una buona cassa di risonanza per fare arrivare agli altri quello che fai artisticamente, ma rimangono un mezzo, meno importante di altri. Il vero valore lo dimostri quando sei live o quando un tuo brano è nelle cuffie di qualcuno. Di conseguenza, più che al fine di rimanere al centro dell’attenzione preferisco utilizzare Facebook per dare notizie di natura musicale. Mi interessa che venga ascoltata la mia musica, non mi interessa che la gente apprenda dai miei status quante volte vado al bagno, che lavoro faccio, cosa mangio stasera etc. etc.
Una cosa che mi ha colpito di Radio Rabbia è che si sente che è stato influenzato dal vivere comune di ogni giorno, più che dagli stimoli culturali derivanti – che ne so – dal cinema, dalla letteratura ecc. Avrai comunque svariate passioni “extra musicali”, vuoi parlarcene? Di cosa Don Diegoh è nerd?
Mi piace la pittura e vorrei avere più tempo per visitare mostre e approfondire la conoscenza di alcuni artisti che reputo validissimi. Quando sto a Crotone, inoltre, vado spesso in bicicletta e ogni tanto gioco a calcio. Quella di non utilizzare gli stimoli provenienti da fonti artistiche di altro tipo per i testi di Radio Rabbia è comunque una scelta. Mi spiego: negli ultimi anni ho letto molto e ho guardato tanti film, ma a parte un libro dal quale ho preso spunto per comporre “La stanza in affitto”, ho cercato con tutto me stesso di non utilizzare la tecnica del citazionismo.
Il rap è anche studio, non solo istinto. Concordi? Se si, quanto hai studiato il rap nella sue componenti fondamentali (metrica, flow, rime ecc.) e come? Ti chiedo di diventare coach per un momento. Ci piacerebbe far capire ai nostri lettori, tramite le tue parole, quali siano gli step di preparazione che un mc deve assolutamente affrontare (della serie non è che tutti debbano diventare rappers, ma se proprio volete…).
Beh, qui tocchiamo un tasto veramente dolente eheheh. Io penso che lo studio del rap possa essere una pratica in grado di nascere soltanto dall’istinto di rappare. In altri termini qualsiasi tutorial non servirebbe a far diventare qualcuno un Mc. Amo pensare in maniera forse troppo romantica che si diventa Maestri di Cerimonia per strada, entrando nei cypher e rappando anche quando ancora non si è in grado di rappare. Ti dico anche che per curiosità qualche tempo fa ho visto dei video di un tipo che spiegava le metriche facendo ascoltare nel frattempo alcuni pezzi di mc americani che le utilizzavano più di frequente. Spesso mi chiedo quale sia l’utilità didattica di quei video, poiché per quanto possa trovarli interessanti sono dell’idea che servano soltanto come strumento grammaticale e non come guide per diventare mc. Non esistono metriche prestabilite, flow prestabiliti, combinazioni di rime prestabilite come qualcuno vuole farci credere. Forse proprio per questo, come dice Esa, “Fare l’mc è una cosa seria”.
L’amore per il classico è qualcosa di innato. Lo sentiamo nelle produzioni di Mastrofabbro, e mai come in questo il caso il nome del producer si adatta all’attitudine dello stesso. Raccontaci qualcosa del tuo socio fifty/fifty su Radio Rabbia.
Mastrofabbro è un beatmaker di Catanzaro, che conserva un forte amore per l’Hip Hop inteso nelle forme in cui lo ha conosciuto tanti anni fa. Lo stimo molto perché non è un bigotto che considera l’Hip Hop di oggi non valido. Con ogni probabilità, e le sue produzioni in qualche modo lo confermano, passerà in rassegna come uno che ama soltanto il “Classic”, ma a ben vedere (anzi a ben sentire) Fabbro fa beat che hanno molte virate in chiave moderna. Credo che nel tempo riuscirà a miscelare ancora meglio gli stimoli che provengono dai suoi giradischi e i prossimi beat saranno ancora più interessanti.
Esattamente come fatto prima con te chiediamo anche a Mastrofabbro di trasformarsi in coach e di parlarci di come nascono le sue produzioni. Quali macchinari usa? Che tipo di processo ha nel lavorare ad un beat e cosa consiglierebbe ai nuovi producers la fuori?
Mastrofabbro: Per quanto riguarda il processo creativo di un beat negli anni mi sono dovuto arrendere all’idea che non esista un metodo standard di produzione. Tuttavia partire con l’idea di dover per forza fare un beat da sempre risultati scarsi rispetto a quando produco partendo dalla vibrazione che mi trasmette il sample originale da tagliare quindi direi che alla base delle mie produzioni vi è l’amore per la musica soul piuttosto che funk, rock o classica. Nello specifico non mi reputo un integralista dei beat fatti con l’Akai e basta ma vedo di buon occhio l’uso di synth che vanno a fondersi con la linea melodica data dal sample, come si evince anche da molte delle basi di Radio Rabbia. Una funzione importante va riconosciuta, perché spesso sottovalutata, alla post produzione che vi è poi sui lavori finiti e qui riconosco che per il cd il merito non è tanto mio quanto del fonico della High Recondig studio dove abbiamo mixato il cd. Ai nuovi producers mi sento solo di dire di ritenersi fortunati nell’aver intrapreso questa strada e di non sottovalutare i vantaggi culturali che ne derivano. A mio avviso fare musica hip hop in modo più classico non significa solo confezionare il beat e basta ma significa anche farsi una cultura musicale andando a cercare sample spaziando su diversi generi ed ascoltando centinai di brani finche non si trova il sample giusto che ti ispira. Di contro non credo che chi produce usando soltanto il midi faccia qualcosa di sacrilego, sempre che mantenga lo stile e non voglia far passare un pezzo pop-dance per un brano hip hop, sono semplicemente due modi diversi di fare musica restando fermo che la differenza tra un suono caldo e un suono più sintetizzato è facilmente intuibile da chiunque, cosi come anche le vibrazioni che si trasmettono, tuttavia poi sono gusti dell’ascoltatore.
Ad entrambi chiedo di elencarmi tre dischi fondamentali. Non che debbano essere i tre dischi del cuore di sempre, ma tre dischi che vi sentite di citare su queste pagine e che siano rappresentatitvi di voi stessi, dei vostri gusti, delle vostre aspirazioni!
Don Diegoh: Casino Royale: Crx, Gang Starr: Moment of Truth, Fabrizio De André: Non al denaro, non all’amore, né al cielo.
Matrofabbro: Gang Starr – Moment of Truth, Quasimoto – The Further Adventures of Lord Quas, Wu-Tang – Enter The Wu-Tang (36 Chambers)
Diego, abiti a Roma da parecchio tempo, un centro nevralgico per l’hip hop italiano, ricco di stimoli e realtà importanti. Ma tu sei di Crotone. Purtroppo molti artisti provenienti dalla provincia, lontani dai circuiti importanti, faticano enormemente ad emergere, fatto ancora più marcato al sud, proprio per carenza di risorse e a volte di organizzazione. Credi ci sarà mai soluzione a tutto questo? O bisogna per forza avere il coraggio di fare una valigia e partire? Gli esempi ci sono, anzi, trovare un’eccezione è molto difficile.
Partiamo dal presupposto che ognuno di noi la propria città se la porta dentro per tutta la vita. Anche chi si professa un abitante del mondo non può fare a meno di tornarci ogni tanto. Lasciare Crotone per me non è stato facile e ti confesso che (come giustamente dici) sono partito proprio per trovare una soluzione, per crescere a livello umano, per trovare la mia strada.
Come sottolinei ci sono diversi casi di artisti che hanno fatto una valigia e sono partiti alla volta dei grandi centri metropolitani, ma non scommetterei che lo abbiano fatto per entrare in circuiti più importanti. Penso che per molti sia una scelta di vita, dettata dai propri studi, non una scelta fatta per “fare carriera”. Tante volte è semplicemente un fatto di stimoli ed è innegabile che (ahimè) un piccolo centro non ne fornisca a sufficienza.
Come vedi questo nostro hip hop tra qualche anno? C’è già chi preannuncia un 21 dicembre 2012 per la nostra musica, annunciando che tutto ciò che sale in alto prima o poi debba anche scendere. Tu che ne dici? Cosa ti aspetti?
Bypasso il termine “musica” è colgo l’occasione per allargare il discorso a tutte e quattro le discipline. Sembra uno slogan, e sembrerò banale, ma sono convintissimo che l’Hip Hop non è mai morto e non morirà mai. Nelle interviste c’è sempre poco tempo per ricordare che l’Hip Hop esiste ed esisterà a prescindere dai suoi picchi di mercato, dai feedback e da tutti coloro che in alcuni periodi fanno in modo che le sue quotazioni aumentino. Peraltro non sono sicurissimo che i cosiddetti stakeholder che gravitano intorno alla NOSTRA cultura abbiano lo stesso interesse che abbiamo noi che l’abbiamo vissuta nel portarla avanti, e tante volte mi viene da pensare che per costoro sia soltanto una ‘merce’.
Di conseguenza il modo migliore è portarla avanti sempre e comunque a prescindere dal business, e questa è una cosa che dovremmo fare tutti.
Ti ringraziamo per essere stato con noi. Il disco ci è piaciuto molto, per cui rinnoviamo i complimenti sia a te che a Mastrofabbro, augurandoci di aver presto novità. Anzi quale occasione migliore se non questa? Avete qualche annuncio da farci in anteprima?
Dd: Lasciamo ancora tutto top secret per un po’ eheheh, altrimenti poi qualcuno si arrabbia con me!
Mastrofabbro: annunci no, ma prego Diego di farmi avere il pezzo nuovo sul beat che gli ho mandato… e lui sa qual è!
————————————————————————————————————————————————
Giovanni “Zethone” Zaccaria