L’informatica verde: diminuire la produzione di CO2 derivata dallo sfruttamento delle tecnologie informatiche
Una telefonata di 1 minuto al cellulare, produce circa 57 grammi di CO2 nell’aria, Skype produce annualmente 24 milioni di tonnellate di CO2 mentre Facebook ne produce 13,6 tonnellate. Mandare una mail ad esempio, comporta più o meno 4 grammi di CO2, ma se l’allegato è pesante diventano 50 grammi. Questi dati sono parte di un problema più grande, che vede l’Information and Communication Technology globale (internet, video, voce e altri servizi cloud) produrre ogni anno più di 830 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Si tratta di circa il 2% delle emissioni globali di CO2, e le proiezioni dicono che la quota è destinata a raddoppiare entro il 2020. Oltre ai rifiuti materiali prodotti dalle aziende stesse, un’enorme quantità di rifiuti si traduce nell’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera.
Sicuramente è importante considerare anche che le nuove tecnologie permettono di velocizzare e rendere meno onerose altre pratiche del passato. Inviare una mail, ad esempio, avrà sempre un impatto minore e un’efficacia maggiore rispetto all’invio di posta cartacea che richiede l’utilizzo di mezzi di trasporto e di personale.
Nonostante questo, l’uso massivo delle tecnologie e l’aumento della quantità di aziende, server e servizi di archiviazione di dati, rende fondamentale prestare attenzione all’impatto ecologico del settore dell’informazione e della tecnologia. È proprio sulla base di questi principi che si è sviluppata l’informatica verde (green computing o green IT) che si riferisce allo sviluppo di tecnologie come computer, server monitor, stampanti, dispositivi di archiviazione, reti e sistemi di comunicazione efficienti ma con impatti ambientali limitati o nulli. Gli obiettivi principali dell’informatica verde sono quelli di ottimizzare al massimo l’efficienza energetica nel corso della vita del prodotto, questo comprende una visione olistica del processo di produzione di utilizzo e di smaltimento del prodotto.
Questo processo comincia dalla progettazione delle tecnologie come computer, server e data center, per le quali si cerca di ridurre al minimo il dispendio di energie; questo principio si adatta anche alla fase di fabbricazione, durante la quale si riporrà particolare attenzione alla produzione di componenti elettroniche con il minimo impatto ambientale. Il concetto di utilizzo verde, invece, ha un maggiore peso sull’utente finale, il quale deve sfruttare l’oggetto nella piena coscienza dell’impatto ad esso legato. Lo smaltimento in materia di dispositivi tecnologici è forse la fase più vicina alla nostra quotidianità: si tratta infatti di aggiustare i dispositivi nel limite del possibile e di recuperarne i materiali nel caso il dispositivo non sia aggiustabile.
Nella pratica quotidiana come si traducono questi principi d’informatica verde? Un computer consuma energia anche se nessuno lo sta utilizzando e il suo microprocessore “gira a vuoto”. Nonostante ciò sia intuitivo, milioni di computer restano accesi per ore, soprattutto negli uffici e nei centri IT delle aziende, senza svolgere alcuna attività. Un computer consuma energia anche quando è spento, ma è attaccato all’alimentazione elettrica.
Se calcoliamo le emissioni medie di CO2 prodotte per i consumi elettrici, si stima che decine di milioni di tonnellate di CO2 vengono emesse inutilmente ogni anno per l’inefficienza dei sistemi informatici. Per quanto ogni singolo cittadino possa fare attenzione al proprio impatto ambientale legato allo sfruttamento dell’informatica e delle tecnologie, coloro che hanno maggiore peso sono le grandi aziende che si occupano della gestione dei server centrali.
Google, ad esempio, utilizza diversi sistemi per sfruttare le condizioni atmosferiche o l’acqua del mare per la gestione della temperatura nei propri data center, riducendo il consumo di energia elettrica e l’inquinamento. Come i computer domestici, anche i server si scaldano molto quando elaborano i dati e per questo motivo è necessario ridurne la temperatura.
A differenza dei classici centri dati, dove si utilizzano grandi condizionatori per mantenere i server al freddo, Google utilizza un diverso approccio. Negli anni ha elaborato sistemi per estrarre l’aria calda dai server e raffreddarla con circuiti d’acqua, con un enorme risparmio energetico.
Tutte queste pratiche, oltre a rendere più efficace il lavoro, contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale e le invenzioni in questo senso si moltiplicano di giorno in giorno. Gli investimenti necessari però a mettere in pratica queste idee sono spesso molto onerosi e per il momento rimangono nelle mani delle grandi aziende tecnologiche e informatiche.