Niente è vero e tutto è possibile: l’importanza del pensiero critico
Purtroppo non ci hanno insegnato ad essere pensatori critici, indipendenti, ma possiamo ancora imparare a mettere in discussione la versione ufficiale dei fatti. Una riflessione che parte dalla guerra in Ucraina ma che riguarda tutto e tutti
Evidentemente oltre quindici mesi di combattimenti in Ucraina non sono ancora sufficienti. I più continuano a schierarsi, neanche fossero ultrà, sulla base del racconto che viene loro fornito dai mass media. Pontificano, semplificano, ripetono a pappagallo la versione con cui vengono martellati. Attaccano, insultano, denigrano chiunque avanzi un pensiero alternativo. Non sono interessati ad altri punti di vista, e questo costituisce un problema perché piuttosto che aprire la mente, preferiscono tenerla chiusa. Perché è più semplice adagiarsi su una verità calata dall’alto che ragionare e capire se quella poi regge davvero.
Quello che ci viene detto dall’informazione imboccata dal potere è che da una parte ci sono i buoni e dall’altra i cattivi, come quando eravamo bambini. Ma siamo adulti e la vita dovrebbe averci insegnato che la realtà è più complessa di così. Le rivelazioni di Wikileaks hanno mostrato al mondo come il potere sia capace di calarci una benda davanti agli occhi, eppure questa è una lezione che continuiamo a rimuove.
Al di là di come la si pensi sulla Russia, sull’Ucraina, sulla Nato, sull’invio di armi o meno, una cosa dovrebbe essere pacifica: noi non stiamo vedendo la guerra, ma quello che ci fanno vedere della guerra. Non la realtà reale, bensì la realtà mediata dalle immagini e dalle parole, talvolta fedeli, talvolta parziali, non di rado distorte, sempre legate al punto di vista di chi le seleziona.
Potrebbe sembrare una precisazione banale, ma non lo è. Ed è bene ribadirla anche su queste pagine, dove facciamo contro-informazione dal numero 0. C’è n’è uno in particolare – si tratta del n. 86 – in cui approfondiamo l’importanza del dubbio e che andrebbe ripreso a intervalli regolari.
La storia della canapa insegna che la disinformazione è una strategia che il potere conosce benissimo e utilizza a suo vantaggio, eppure quando diamo spazio ad analisi non allineate, sulla guerra in Ucraina come su qualunque altro argomento, parte dei feedback che arrivano dai lettori sono sconcertanti. Invece di considerarle un arricchimento, il motore per mettere in moto il cervello e porsi delle domande, un’opportunità per guardare le cose da un altro punto di vista e avere una panoramica più completa e anche complessa del tutto, queste analisi vengono bollate come spazzatura. Gli algoritmi non fanno altro che proporci contenuti in linea con le nostre certezze, rafforzando la convinzione che ci sia un’unica verità e che ciò che se ne discosta sia una montatura, ma, signore e signori, questa è la via più breve per l’ignoranza.
«Ho sempre pensato che chi segue Dolce Vita, in teoria, dovrebbe avere un minimo di pensiero critico e soprattutto dovrebbe essere diffidente nei confronti dei mass media e delle versioni ufficiali dei fatti. Anche perché, chi ci segue, dovrebbe sapere come anche la storia della Canapa sia stata distorta dalla propaganda occidentale. E invece no, anche in questo caso, sulla questione guerra, vi hanno fatto un bel lavaggio del cervello. Siete convinti che ci sia un buono e un cattivo». Lo scrive Matteo Gracis, il direttore di Dolce Vita sotto una serie di commenti a un post che ricordava che restava poco tempo per partecipare alla raccolta firme per promuovere il referendum che si oppone all’invio di armi in Ucraina. «Fermare l’invio di armi significa non alimentare una guerra, essere a favore della pace e della diplomazia», non, come supposto, dare man forte alla Russia.
PENSIERI NON ALLINEATI
Non c’è dubbio che in Russia la macchina della propaganda sia oliatissima e che le notizie che arrivano da lì vadano sempre viste sotto questa lente, ma allo stesso modo non c’è dubbio che in alcuni paesi dell’UE, Italia compresa, si possono certamente accusare alcuni media di strumentalizzazione e manipolazione informativa. Ecco perché le voci diverse, scomode, non vanno mai messe a tacere, ma garantite, perché ci ricordano di mettere in discussione la “verità”, cogliendone gli eventuali punti deboli fino ad arrivare a guardare tra le crepe quello che il potere non ha interesse a mostrarci. A seguire alcuni spunti, che non hanno lo scopo di convincere nessuno né di attirare polemiche, ma, semmai, di riaccendere il pensiero e stimolare la discussione.
«“L’economia russa cadrà dopo un mese; l’esercito russo cadrà dopo due mesi; Putin cadrà dopo tre mesi”. Alla fine è caduta Bakhmut. Evidentemente, il sistema dell’informazione in Italia sulla politica internazionale è corrotto. Anziché fare informazione mantenendo il dovuto distacco emotivo, cerca di creare consensi intorno alle politiche di guerra del blocco occidentale guidato da Biden», Alessandro Orsini è uno di quelli che propone una prospettiva critica sul conflitto russo-ucraino che si discosta dalle narrazioni dominanti. L’esperto di politica internazionale, in tv spesso ospite da “Cartabianca”, sostiene che il conflitto non sia semplicemente una questione di aggressione russa o di lotta per l’indipendenza ucraina, ma piuttosto una complessa mescolanza di fattori politici, storici, etnici ed economici. Egli spinge gli studenti, i colleghi e la comunità accademica a sfidare le convenzioni e ad adottare una prospettiva più ampia; suggerisce che per risolvere il conflitto sia necessario promuovere il dialogo, il negoziato e la ricerca di soluzioni diplomatiche per garantire una pace duratura.
Il generale Fabio Mini, esperto conoscitore di questioni geopolitiche e strategia militare e oggi autore di svariate pubblicazioni su questi argomenti, dopo essere stato capo di Stato maggiore del comando Nato per il Sud Europa, comandante della missione di pace interforze in Kosovo nel 2003, oltre ad avere svolto molti altri incarichi di primaria importanza, sostiene che: «L’Ucraina non solo non ha sottovalutato la minaccia russa, ma l’ha alimentata, enfatizzata e sfruttata per coinvolgere la Nato e gli Stati Uniti in una guerra per procura. Ma prima dell’intenzione della Nato di fare la guerra alla Russia usando l’Ucraina, c’è stata l’intenzione dell’Ucraina, dei Paesi baltici, della Polonia e degli altri dell’ex blocco orientale aiutati e sovvenzionati dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti di costringere la Nato e gli Usa alla guerra per conto loro. È ciò che sta avvenendo dal febbraio 2022 è esattamente il risultato che si voleva ottenere».
Per Nicolai Lilin, scrittore di origine russa naturalizzato italiano, la propaganda di guerra promossa dall’Occidente non ha ammesso sfumature e distinguo, non ha considerato molte ambiguità e contraddizioni: «Ha reso eroico un intero paese e ha glorificato una storia nazionale che unita non è e non lo è mai stata. L’Ucraina si è lasciata strumentalizzare dall’Occidente e dalla Nato».
Nel suo libro “Attacco all’Europa”, Marco Pizzuti racconta come la propaganda della NATO sia riuscita a far credere all’opinione pubblica che il conflitto ucraino sia scoppiato solo a causa della criminale invasione russa mentre gli Stati Uniti sarebbero i veri responsabili della crisi in Ucraina. Opinione molto simile a quella di Benjamin Abelow, esperto di geopolitica americano, autore del saggio “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina”.
Come loro, molti altri aggiungono pezzi determinanti alla storia che stiamo vivendo. Raccontano una realtà grigia in cui dividere i buoni dai cattivi non è possibile e in cui esistono diverse verità. Credete quindi a chi volete, ma chiunque la faccia più facile di così, allora sta mentendo.