L’importanza giuridica della sentenza della corte di appello di Ancona
Desidero segnalarvi un’interessantissima sentenza della Corte di Appello di Ancona, pronunziata lo scorso 9 luglio, ma le cui motivazione sono state pubblicate di recente. L’importanza giuridica della sentenza deriva dal fatto che il processo conseguiva alla famosa operazione WU-DU del novembre 2008 promossa dalla Procura della Repubblica di Ferrara, che coinvolse numerosissimi commercianti di semi e che ebbe il plauso dell’on. Giovanardi. L’importanza umana, invece, è data dalla circostanza che, dopo oltre quattro anni di vergogna e sofferenze, E.R., che ho strenuamente difeso, finalmente ha visto riconoscere – da un giudice – la propria non colpevolezza in ordine a reati per i quali ha conosciuto ingiustamente anche l’onta del carcere. E.R. era titolare di un negozio a Pesaro. Fu arrestato perché, durante la perquisizione svolta presso l’abitazione, fu rinvenuto nel possesso di un quantitativo di gr. 23 di hashish e gr. 2 di marijuana.
L’accusa – mossa dalla Procura di Pesaro – consisteva sia del reato di detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti (art. 73 dpr 309/90), sia di istigazione all’uso di stupefacenti (art. 82). Dopo un non breve periodo, sia carcerario, che di arresti domiciliari, E.R., pur rimesso in libertà, venne condannato dal GUP di Pesaro alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione per entrambi i reati. La Corte di Appello di Ancona ha, invece, ribaltato totalmente il giudizio di primo grado, riformando la sentenza di condanna e mandando assolto E.R. con formula piena in relazione ad entrambe le accuse. Gli aspetti salienti di questa pronuncia sono due. Il primo attiene alla circostanza che è stata ritenuta fondata l’osservazione che censura il convincimento manifestato dal GUP in ordine al fatto che sia il peso complessivo dello stupefacente, che quello netto riguardante il THC, sarebbero incompatibili con l’uso personale. In realtà, il primo giudice avrebbe dovuto – a parere della Corte – tenere in conto le dichiarazioni del giovane (che ha sempre sostenuto di fare un consumo strettamente personale), l’assenza di elementi che inducessero al sospetto di spaccio (bilancini, involucri separati etc.), la carenza di contatti con ambienti delinquenziali in genere, l’assenza di carichi pendenti, l’incensuratezza dell’indagato ed anche la sua buona condizione economica. L’accusa, dunque, non poteva reggersi su basi esclusivamente presuntive ed il GUP di Pesaro – secondo la Corte di Appello di Ancona –, condannando l’imputato, ha operato una valutazione assolutamente incompleta, venendo meno ad un preciso dovere di prendere in esame tutte le prove. Non essendovi dimostrazione di una volontà da parte del giovane di cedere a terzi lo stupefacente solo detenuto, l’assoluzione richiesta dalla difesa è stata accolta. Il secondo riguarda l’istigazione di cui all’art. 82 dpr 309/90. In proposito la Corte ha riconosciuto il valore della nota sentenza delle SUU del 7 ottobre 2012 n. 47604 che ha escluso che la vendita di semi di cannabis, anche se accompagnata da messa in commercio di depliant o di strumenti per la coltivazione, costituisca tale reato.