L’importanza di non omologarsi
«Non è segno di salute mentale essere ben adattati a una società profondamente malata» ha scritto il filosofo indiano Krishnamurti. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità l’incidenza di disturbi come ansia e depressione è aumentata del 40 per cento nel corso degli ultimi trent’anni. Attualmente la depressione è la prima malattia al mondo e l’uso di farmaci continua ad aumentare. La gente prende pillole per tenere sotto controllo stress, ansia e panico, pillole per calmarsi, pillole per darsi una mossa, pillole per attutire il dolore. Ma quello di cui abbiamo bisogno non sono pillole, yoga o tenere un diario delle cose per cui essere grato, ma renderci conto che non siamo noi il problema.
Se il mondo continua a dirti che non sei abbastanza bravo, sano, liscio, in forma, produttivo, positivo o zen è ora di chiederti cosa diavolo c’è che non va nel mondo. Originariamente è questo il significato, o messaggio, dell’espressione «essere un piolo tondo in un buco quadrato». Questa frase viene dal romanzo distopico “Il mondo nuovo” (1932) di Aldous Huxley. Nel Mondo nuovo, l’umanità è infine riuscita a essere sempre felice. Il dolore e l’angoscia sono stati banditi, non esistono più noia, disperazione o solitudine, nessuna paura della morte, nessuno stress dovuto alle scelte. Di fatto è esattamente il mondo che oggi tanti sperano di riuscire a creare per sé. Per raggiungere questo risultato, nell’universo di Huxley i feti vengono manipolati geneticamente in un utero artificiale. Una volta venuti al mondo, ai neonati vengono inculcati i giusti valori attraverso il «condizionamento neo-pavloviano». Da adulti il loro destino consiste in un’occupazione predeterminata per la quale sono stati allevati. L’intera popolazione resta tranquilla grazie al farmaco Soma. Questo meraviglioso nuovo mondo è fatto di lavoro e intrattenimento, di una vita tranquilla ed equilibrata senza passato né futuro, la gente vive nel presente, nella «calma estasi della realizzazione raggiunta». E tutti ne sono felici. Tranne il fastidioso e lamentoso Bernard Marx: con lui, in un modo o nell’altro, qualcosa non è andato per il verso giusto. Durante una conversazione Bernard chiede a Lenina Crowne se non desideri altro che essere una schiava condizionata. «Non vorresti invece essere libera, Lenina?» «Non so di cosa stai parlando. Io sono libera. Libera di vivere una vita fantastica.» Ma la libertà sognata da Bernard è un’altra. È la libertà di vivere in modo inadeguato e infelice. Di essere inutili, noiosi e lamentosi. Ciò che Bernard desidera è il diritto a essere un piolo tondo in un buco quadrato.
Questo è un mondo che punta sempre al più e al meglio, dove niente è mai abbastanza e dove bisogna essere sempre più produttivi, soprattutto per consumare di più, preferibilmente con il sorriso sulle labbra. Ma anche un mondo in cui nel frattempo l’incertezza e la disuguaglianza crescono, le reti di protezione scompaiono e la maggior parte della gente soffre di una mancanza cronica di tempo e di senso della vita. In un mondo del genere bisogna chiedersi come fare a essere il più sovversivi possibile nei confronti di un sistema che ci mortifica tutti.
Siamo dunque più simili ai folli, agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane. Ispiriamoci a Einstein, Picasso, Gandhi e Martin Luther King. Non atteniamoci alle regole. Pensiamo in modo diverso dagli altri. Magari non diventeremo più sani, non avremo più successo e non diventeremo affatto persone migliori. Ma non si tratta di noi. Si tratta di cambiare il mondo.
Tratto da “Manuale di autodistruzione” di Marian Donner, per gentile concessione del Saggiatore 2020