L’HipHop e il mercato: riflessioni e considerazioni
Quello che sto per affrontare è un argomento complesso. Premetto dicendo che amo intensamente il lato romantico dell’HipHop. Le Jam, i Freestyle, i Dischi stampati, i Dj coi Giradischi, i Breaker nella strada. Andare alle serate con gli amici, parlare delle nuove uscite, discutere di tecnica, attendere con ansia il colosso che viene dagli States. Amo il grezzo e il semplice. Il sapore crudo di un pezzo che pompa in cassa per le parole più che per la magia della Post Produzione. Mi si raggela il sangue quando sento parlare con leggerezza di Business. Perché si sa: tutte le culture si rovinano quando si inizia a parlare di capitali e di utili. E’ un dato di fatto: L’imprenditore vuole un guadagno. E per averlo deve scendere a compromessi che spesso poco collimano con il dato culturale. Una cultura millenaria come quella Asiatica è stata massacrata dal mercato della moda. Libri e Dvd per imparare a fare il Sushi all’Italiana, per imparare a creare origami e fare massaggi. Pseudo insegnanti di misticismo e spiritualismo. E poi il boom alla conversione Buddista. Creazione di Gadget e film sul tema. Per non parlare della Cultura Cristiana: medagliette di santi, biografie scandalistiche, statuette battezzate, commedie e musical. Culture ridotte a Merce.
Purtroppo anche l’Hiphop é entrato nel circuito del commercio. E’ infatti incontestabile che l’HipHop fa moda. E’ facile oggi trovare videogame sul Writing, pubblicità in cui bimbi rapper ballano e mangiano lo yogurt, videoclip con donne nude, dischi con tematiche e contenuti banali, ridondanti nei ritornelli e ideati con il mero scopo di vendere. Corsi di “ballo” HipHop e film shock basati sulla violenza e sul gangsta style. Potrei continuare per ore purtroppo. I valori reali lasciano il posto a idealizzazioni da bancarella. Eppure voglio credere che possa esserci un compromesso ideale in cui economia e HipHop riescano a vivere in armonia. Un Business sano che eviti di far trascendere il concetto dell’utile da quello della dignità culturale. Non dobbiamo precludere e scartare a priori questa possibilità: a ogni artista farebbe piacere riuscire ad avere un guadagno col proprio disco. A ogni beatmaker piacerebbe vendere le proprie produzioni. Nessuno è realmente convinto di non volere un guadagno da quello che fa. Creare un sub-mercato ideale si potrebbe. E il posto più adatto è proprio quello dell’underground. Qui le tecniche frivole dell’economia a diffusione nazionale potrebbero essere messe da parte. Le lobby non influenzano la domanda e l’offerta. Non sarebbero Tv e Radio a indirizzare il pubblico, ma la forza espressiva dell’artista che si fa strada sui palchi. Sono convinta che abbattuti certi preconcetti e certi modi di pensare sbagliati, chiunque potrebbe avere del beneficio da quello che sto ipotizzando.
Il problema è in primo luogo l’ipocrisia. Come stavo accennando, l’artista medio ha la pretesa di avere introiti senza a sua volta ripagare il lavoro degli altri. Quando però viene chiamato a suonare nei locali pretende di essere pagato. Questo é drammatico. E’ un sistema sbagliato e pretestuoso. Viviamo nell’era del “favore”. Registrazioni gratis, grafiche gratis, pubblicità sui portali di settore gratis, fotografie gratis. Il Mercato in questo modo è bloccato dal principio. Il punto è proprio questo: l’underground non avrà mai un vero Business finché continueremo a vivere nel sistema del gratis e finché non impareremo a riconoscere che OGNUNO, investendo in tempo, attrezzature, artisticità, manualità o intelletto, deve avere un ritorno economico di quel che fa. Si tratta di una circolazione del soldo più che lecita. Pagando un Beatmaker gli verrà data la possibilità di potenziare le sue attrezzature. Venderà più beat e a minor costo. Comprerà a sua volta più Dischi e andrà più spesso nei locali. Questi potranno pagare gli Artisti, i Dj, i Breaker che si esibiranno. Gli organizzatori di eventi acquisteranno spazi promozionali sui Portali di Settore, i quali a loro volta smetteranno di lavorare gratis e pagheranno i redattori . Soldi immessi in un sistema: guadagno dal proprio lavoro reinvestito nella cultura stessa.
Il secondo problema è il NERO e il CREDERE che questo porti dei vantaggi. Un mercato base, come quello appena descritto, è possibile renderlo legale. Si toglierebbero di mezzo elementi (artisti!) ancora non pronti per approcciasi a livello concorrenziale. Si marcherebbe maggiormente la linea di confine fra chi inizia e chi possiede già le caratteristiche idonee per potersi inserire in un contesto economico serio. Altri problemi sono chiaramente quelli legati alla fattibilità di quanto descritto. I costi di oggi e le procedure burocratiche ( siae,licenze di vendita e permessi ) non vanno incontro a chi vuole fare della propria arte un’attività. Ma di questo preferirei parlare in un altro momento. Eppure qualcosa in questo periodo si sta muovendo : sono sempre di più le etichette indipendenti e le associazioni culturali dedicate all’HipHop. Piccoli passi verso un economia ( almeno sotto terra!) semi-perfetta. Più giusta e più libera. Formata da entità piccole e indipendenti in grado di muoversi bene all’interno del loro spazio.
Concludendo : Un mercato nell’Underground sarebbe totalmente libero dai vincoli delle grandi distribuzioni. Darebbe modo di mantenere inalterato il fattore culturale dell’HipHop e di permettere una più che dignitosa opportunità di scambio e di guadagno. Mi rendo conto perfettamente che numerosi fattori possono incidere negativamente sulla mia teoria. Eppure non credo sia sbagliato tentare di cambiare le cose. Ho un pensiero fisso in testa: riuscire a trovare a buon prezzo tantissimi Dischi di alto livello. Riuscire a supportare gente brava, in grado di gestire un palco sotto a un pubblico carico di grinta. Togliere di mezzo chi ha solo i soldi e non il soul. Kaos é appena uscito col suo nuovo disco dopo anni di attesa: l’Underground ha un ottimo potenziale nel suo bagaglio. Bisogna solo darsi da fare. Attenzione però: Non deve passare il messaggio che chiunque DEVE e può vendere. Deve passare il messaggio che un MERCATO equo e legale è possibile, ma serve un cambiamento totale nel pensiero degli artisti e degli spettatori dell’HipHop. Siete stanchi del Marcio? Bene. Iniziate a comprare i Dischi oltre che a farli. Iniziate a pagare per i servizi che vi vengono offerti. Iniziate a investire i soldi nei Dischi e nelle Jam piuttosto che nelle Birre e nelle felpe griffate da cento euro. Siate voi i primi a cambiare le cose. Questo é il terzo grande problema: Cosa ne pensate voi realmente.
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Selene EllZed Grandi