Contro-informazione

Lettera ad un aspirante suicida

Aspirante suicidaTi rinchiuderanno nell’oscurità di un trafiletto sulla cronaca del giornale locale. Poche righe buttate giù in maniera asettica, ad intercalare il sottopassaggio allagatosi durante il temporale della scorsa notte e l’inaugurazione del nuovo McDonald’s. “Imprenditore di 47 anni si è tolto la vita, impiccandosi all’interno del proprio garage. L’uomo, stando alle parole dei conoscenti sembrava depresso da quando, sommerso dai debiti era stato costretto a chiudere la propria attività. Lascia la moglie e due figli, di 12 e 7 anni”.

Un trafiletto che ti si stringerà al collo, peggio di quanto non abbia fatto la corda consunta attraverso la quale hai cercato una via d’uscita dalla tua disperazione. Una manciata di parole senz’anima, del tutto inadeguate a rappresentare il tuo dramma, che incontreranno una manciata di lettori distratti e fra loro forse qualcuno che mormorerà “poveraccio”, mentre racconterà l’accaduto a sua moglie durante la cena.

Già, un poveraccio, uno fra il migliaio di “sfigati” e “perdenti” che durante gli ultimi dodici mesi hanno scelto di togliersi la vita, dopo essere stati strangolati dal fisco, da una crisi economica costruita a tavolino e da un sistema bancario predatorio e senza scrupoli, o fra le svariate migliaia di disgraziati che negli anni a venire percorreranno la medesima strada.
Assassinato da un sistema che dispensa illusioni gratuite e perline colorate, nell’attesa di fagocitare la tua anima e la tua vita, immolandole sull’altare della competitività, del progresso e di un’altra mezza dozzina di falsi dogmi, costruiti con l’unico scopo di farti sentire colpevole di quanto ti sta accadendo.

In realtà non è colpa tua, se l’attività che gestivi da 30 anni con soddisfazione oggi non rende più nulla e ti ritrovi strozzato dai debiti, senza sapere come fare per mantenere la tua famiglia. Se ti hanno licenziato e da mesi (o anni) stai cercando inutilmente un lavoro adeguatamente retribuito, senza trovare altro che impieghi precari, corredati da salari da fame che non sarebbero sufficienti neppure per pagare le bollette. Se le cartelle di Equitalia, relative ai versamenti per una pensione che non vedrai mai, ti hanno portato via la casa in cui vivevi con i tuoi figli e oggi ti ritrovi in mezzo ad una strada. Se non hai più i soldi per pagare il mutuo, o far fronte alle rate del riscaldamento, o dare lo stipendio ai tuoi dipendenti. Non sei tu a essere un fallito, ma si tratta di un gioco truccato, all’interno del quale il banco vince sempre e lo fa sulle spalle delle “brave persone” come te, derubandole di tutto ciò che hanno e perfino della loro vita, dopo averne annientato la dignità attraverso sensi di colpa e false responsabilità prive di qualsiasi fondamento.

Un consiglio, uno solo, che mi auguro possa suonare come un auspicio. Quando ti troverai davanti al bivio, manifesta lo stesso coraggio che ha sorretto i martiri relegati nella cronaca locale, ma usalo per lottare contro coloro che ti hanno condotto fin qui. Non sei tu a essere un perdente, sono loro che stanno cercando di rubarti la vita.



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