L’esperienza mistico-spirituale
Oggi esiste un’ampia fetta di letteratura scientifica, biografica e aneddotica, un po’ in tutte le lingue e a ogni latitudine, da cui si ricava che le cosiddette “droghe mistiche”, altro sinonimo per le sostanze enteogene, sono capaci di produrre cambiamenti di coscienza paragonabili alle forme più elevate dell’esperienza religiosa ed estetica. E viceversa, ovviamente.
Uno scenario già delineato negli anni ’60, per fare un esempio, da Alan Watts (1915-1973): filosofo e autore britannico, ex pastore della Chiesa episcopale poi convertitosi al buddismo, di cui diffuse gli insegnamenti allora semi-sconosciuti in Occidente. Si occupò anche di psicologia, misticismo e psichedelici, tenendo frequenti seminari e incontri pubblici in Europa e in Usa. Negli ultimi anni di vita divenne uno dei punti di riferimento della controcultura e, insieme ad altri pionieri del paradigma psichedelico-mistico come Gerald Heard (1889-1991) o Houston Smith (1919-2016), produsse intriganti riflessioni su queste tematiche. Tra queste c’è Cosmologia gioiosa, un delizioso libretto del 1962, apparso in italiano all’alba degli anni ’80 ma presto andato fuori catalogo, che è una sorta di poliedrica avventura nella chimica della coscienza. Dimostrando che queste esperienze portano a «una cosmologia non soltanto unificata bensì anche gioiosa», Watts conferma che gli originali vegetali da cui derivano sostanze come l’LSD sono stati assunti dai nostri progenitori per secoli e millenni, durante particolari cerimonie religiose. E oltre a descriverne gli esperimenti personali con stile vivido e lirico, sottolinea che il loro “uso corretto” richiede attenzione, esperienza e una certa attitudine mentale. Azzeccato il paragone con il microscopio: per quanto sia uno strumento affascinante anche per chi non l’ha mai usato, produce i massimi benefici soltanto allo studente ben preparato.
Lo stesso raccomandava il noto connazionale Aldous Huxley (1894-1963), descrivendo le potenzialità degli allucinogeni per trovare sbocchi spirituali in una cultura contemporanea ingolfata da problemi pressanti quali il materialismo sfrenato, la sovrappopolazione mondiale, i rischi della tecnologia dirompente e il nazionalismo diffuso. Ancora una volta in grande anticipo rispetto alla sua epoca, Huxley comprese che certe sostanze assunte con cautela e seguendo modalità appropriate erano capaci di risvegliare anche nell’individuo medio il senso del sacro e l’aspetto spirituale compromessi dallo sviluppo moderno. Riflessioni sintetizzate nel ruolo centrale della medicina-moksha (corrispettivo degli psichedelici) nella comunità descritta nel suo ultimo romanzo, L’isola (1962): una sorta di manuale propositivo con tecniche e pratiche d’indubbio beneficio soprattutto per le nostre società occidentali. Si tratta, a ben vedere, delle fondamenta su cui poggiano le dinamiche comunemente definite come Rinascimento Psichedelico, ormai passato alla fase 2.0 con evidenti successi ma anche inevitabili lacune.
Il passaggio da un accesso “elitario” a quello più “pop” non sarà esclusivamente appannaggio della psichedelia clinica assistita, come vorrebbero invece troppe entità e individui. Similmente a quanto sta accadendo oggi negli Stati Uniti con la legalizzazione locale della cannabis prima terapeutica e poi “ricreativa”, anche per la Plant Medicine vanno aprendosi scenari di consumi edonistici, mistico-religiosi, creativi e chissà cos’altro. Ovvio che i media di qualsiasi accezione svolgono già un ruolo fondamentale in questo processo di transizione. Al pari della letteratura inquisitiva di ieri e di domani, sono questi strumenti di conoscenza e di informazione diffuse che poi fanno la differenza tra uso o abuso di droghe, tra un “viaggio” difficoltoso o scadente e uno invece produttivo e sicuro. Un percorso che, seppur non esaustivo soprattutto per gli utenti di primo pelo, rimane importante come anello di congiunzione per mantenere comunque l’attenzione (cosciente) sullo studio dell’animo umano e sul profondo interesse per una filosofia di vita basata sul “materialismo spirituale”.
Questioni complesse su cui, oltre agli esempi di cui sopra, vanno ricordate le proposte di un altro pioniere del settore, Ralph Metzner (1936-2019): di origini tedesche, all’inizio degli anni ‘60 ottiene il dottorato in psicologia clinica all’Università di Harvard, dove partecipa alle prime ricerche sulle sostanze psichedeliche con i colleghi Timothy Leary e Richard Alpert (coautori nel 1964 del classico L’esperienza psichedelica). Psicoterapista, docente e prolifico scrittore, Metzner pone fra l’altro una questione centrale nella prospettiva delineata fin qui: «…non dovremmo chiederci piuttosto se e fino a che punto queste esperienze possano produrre nuove forme di creatività, un approccio più adeguato ai problemi della vita in questo mondo e in quest’epoca, una maggiore comprensione del mistero finale della morte e di quel che esiste al di là?». Il cambiamento della coscienza che ci avvicina all’esperienza mistico-religiosa, da cui siamo partiti per quest’esplorazione sui generis, si espande così fino a inglobare momenti importanti del nostro quotidiano vissuto e al contempo ci spinge ad affrontare appieno, anziché rifuggire o ignorare, i misteri e il senso stesso della nostra umana divinità, con le loro mille sfaccettature e complessità, tanto imprevedibili quanto remunerative. Chiarisce ancora Metzner: «Gli studi scientifici hanno dimostrato che, nelle condizioni appropriate, queste sostanze possono offrirci aiuto e sostegno nei processi di guarigione o di psicoterapia; darci una mano nel superamento di dipendenze e compulsioni; assistere chi si avvicina alla morte nella preparazione verso il passaggio finale; acuire ulteriormente la comprensione di certi stati e dimensioni di coscienza e della natura della realtà; stimolare la creatività ed espandere la predisposizione e l’eventualità di esperienze spirituali o mistiche». Si tratta perciò di integrare pratiche sciamaniche e spiritual-religiose tradizionali con le indagini introspettive psicologiche derivanti dalla ricerca moderna sulla psicoterapia e sulla consapevolezza. Ricordandosi di non tralasciare, mai e poi mai, le preziose lezioni degli “anziani”.