Leggere per rifiorire con la biblioterapia
Può la lettura dirsi scientificamente curativa? La Biblioterapia e le potenzialità "salutogeniche" della letteratura
Ormai è risaputo: gli italiani non leggono. Nell’ultima indagine ISTAT (Istituto nazionale di statistica) viene dimostrato che mai, nell’ultimo venticinquennio, si è letto così poco in Italia. Infatti nel 2023 solo il 39,3% della popolazione ha letto almeno un libro nell’ultimo anno, per ragioni non strettamente legate alla scuola o al lavoro.
Emerge, inoltre, che a portare in alto i numeri percentuali sono in particolar modo i giovani (tra gli undici e i ventiquattro anni) e gli adulti (soprattutto donne, tra i cinquanta e i cinquantanove anni). Le ragioni che motivano i non lettori sono molteplici: mancanza di tempo, denaro, energia e, sottinteso, volontà; preferendo reimpiegarli in attività di altro genere e natura.
COSA CAMBIEREBBE SE SI UTILIZZASSE LA LETTERATURA A SCOPO CURATIVO?
La lettura fa bene alla salute fisica e mentale. La ricerca scientifica evidenzia come l’attività letteraria stimola le regioni del cervello che elaborano il linguaggio, favorisce lo sviluppo cognitivo, l’attenzione e la memoria e riduce l’incidenza di stati emotivi distruttivi come tensione, ansia e stress (una ricerca dell’Università del Sussex ha dimostrato che la lettura può ridurre lo stress del 68%).
Senza dubbio, dunque, questa pratica è da considerarsi un valido sostegno allo sviluppo del benessere sociale e individuale.
GLI ALBORI DELLA BIBLIOTERAPIA
Già nell’antichità si pensava che leggere comportasse effetti benefici nell’individuo.
È possibile ricostruire la storia della biblioterapia a partire dal 300 a.C. Il primo manoscritto che associa la lettura a un sollievo per l’anima, infatti, s’intitola Healing place for the soul ed è stato ritrovato nella celeberrima biblioteca d’Alessandria d’Egitto, sulla cui entrata si trova un’iscrizione con incisa la frase “Ospedale dell’anima”. Già i Greci e i Romani esaltavano la funzione terapeutica dei libri: secondo Aristotele, la letteratura contribuiva a purificare le passioni carnali; mentre Aulo Cornelio Celso, medico ed enciclopedista dell’antica Roma, promuoveva il rapporto fra medicina e lettura al fine di far trovare al paziente il miglior psicoequilibrio per poter affrontare la vita con il giusto spirito; egli suggeriva le opere dei grandi oratori e i testi storici anche per chi soffriva di disturbi mentali.
Il primo, però, a utilizzare il termine Biblioterapia fu il teologo americano Samuel Crothers nel 1916, che nel saggio A literary clinic supportava la teoria dell’utilizzo di libri come strumento di guarigione.
LEGGERE PER GUARIRE: COME FUNZIONA?
La biblioterapia è uno strumento terapeutico utilizzato dagli psicologi attraverso la lettura di libri. Mediante l’analisi del soggetto, il terapista è in grado di selezionare un libro adatto alla situazione dell’utente. L’individuo, leggendo, attua un processo di introspezione che lo induce a riflettere su di sé e sulla propria visione del mondo.
Il primo ad introdurre la pratica di “prescrizione della lettura” ai pazienti, fu William Menninger.
Il dottor Menninger, psichiatra negli anni ’30 presso l’omonima clinica psichiatrica Menninger in Kansas, indicò delle letture ai propri pazienti come supporto al trattamento di diversi disturbi psichiatrici, come lievi nevrosi o problemi di alcolismo oppure, come sostegno per i parenti dei pazienti e per i genitori dei bambini in cura. Il medico proponeva, dunque, percorsi di lettura scelti e pensati appositamente per il singolo paziente e per il momento che stava vivendo.
Oggi la pratica della biblioterapia è diffusa nel mondo occidentale, specialmente nei paesi anglosassoni.
In Inghilterra la Book Therapy è stata riconosciuta dal National Health Service (servizio sanitario inglese) come estremamente efficace e indicata soprattutto per la cura dello stress psicologico. Per questo motivo esistono delle biblioteche con sede negli ospedali.
GLI OBIETTIVI
Gli obiettivi che si pone la biblioterapia consistono nello sviluppo della consapevolezza di sé, l’incremento dell’autostima, l’assertività, il miglioramento della capacità di comunicazione, il potenziamento delle capacità di adattamento e anche la crescita culturale dell’individuo. Attraverso la biblioterapia un individuo dovrebbe essere in grado di attuare un processo di crescita personale. Spesso viene anche affiancata alla biblioterapia un’altra tecnica, ovvero la scrittura della propria autobiografia. Questo consente all’individuo di specificare ed esternare le proprie emozioni. Emergono così punti critici e fatti che saranno il punto di partenza del percorso curativo.
La biblioterapia non si pone come scopo quello di capire il significato di un libro, bensì le dinamiche e le riflessioni che i romanzi suscitano nell’individuo. Inoltre, tramite l’immedesimazione con un personaggio, si riescono a ripercorrere in maniera parallela e indiretta, esperienze volte alla presa di coscienza di sé e della propria condizione.
GLI EFFETTI
In ambito psicologico si sono condotti parecchi studi volti all’analisi dei neuroni specchio (quelli che ci permettono di spiegare fisiologicamente la nostra capacità di metterci in relazione con gli altri), che hanno incentivato la diffusione della biblioterapia.
Questi studi dimostrano come la lettura di romanzi generi empatia, poiché la lettura di una parola, come un verbo, attiva nel cervello gli stessi stati mentali che si attiverebbero al compimento di tale azione. Leggere è fondamentalmente una simulazione del reale. Ciò teoricamente comproverebbe l’efficacia della biblioterapia.
Le analisi effettuate dallo psicologo Raymond A. Mar, della York University di Toronto, evidenziano la capacità di chi legge un racconto a rispondere meglio ai test sulle interazioni sociali, rispetto a chi legge un articolo di giornale. Di fatti, le storie attivano gli stessi procedimenti cognitivi utilizzati dall’encefalo umano nell’interazione con altri individui. Questo processo psicofisiologico porta ad un senso di rilassamento e apre la mente a nuovi paesaggi indotti dalla narrazione.
È importante tenere conto che la lettura di romanzi può essere vantaggiosa nel momento in cui viene affiancata a un percorso psicoterapeutico. Essa non guarisce disturbi specifici, ma aiuta il paziente a elaborare e ad approfondire diversi aspetti svolti in terapia.
Molti studi hanno dimostrato a livello statistico che leggere stimola nell’individuo aspetti cognitivi e affettivi. La lettura, infatti, tiene in allenamento la mente e favorisce l’attività cognitiva. Questo aspetto è fondamentale soprattutto per chi soffre di depressione, condizione che presenta sintomi come la passività sia fisica che mentale. È stata anche riscontrata una buona efficacia per il trattamento di disturbi dell’orgasmo femminile. Le cause principali di questo disturbo sono convinzioni e visioni distorte del rapporto sessuale. I manuali di autoaiuto educano e informano la paziente in tal senso. Questo vale anche per altri disturbi come la dipendenza da alcol, gli attacchi di panico, l’autolesionismo, la bulimia nervosa, etc.
Recenti studi hanno applicato la biblioterapia anche su pazienti aventi malattie non di tipo psicologico, bensì organico. La lettura non cura direttamente una malattia come il cancro, ma può migliorare l’atteggiamento ottimista per affrontare la terapia. Inoltre migliora il rapporto con i medici e con la malattia stessa.
È fondamentale, dunque, che il terapeuta sappia selezionare il libro adatto allo sviluppo cognitivo ed emotivo del paziente.
BIBLIOTERAPIA PER BAMBINI E ANZIANI
L’attività di lettura può essere uno strumento molto efficace anche per i bambini, prevenendo fenomeni di bullismo e di disturbi comportamentali, e incentivando lo sviluppo di capacità nel problem solving.
Persino la lettura ad alta voce può essere altamente benefica per lo sviluppo cognitivo di un bambino, andando a stimolare l’immaginazione, la sensibilità e accrescendo il bagaglio linguistico.
D’altro canto, essa aiuta gli anziani a trovare una routine e un senso di quotidianità, oltre che rivelarsi un toccasana nel mantenere la mente attiva, stimolando la memoria, le facoltà cognitive e coltivando l’uso del lessico, che nel corso dell’invecchiamento va scemando.
E IN ITALIA?
Se negli Stati Uniti la fama della biblioterapia non ha più bisogno di presentazioni ed è stata persino realizzata un’editoria specializzata in libri a scopo terapeutico, e se in Inghilterra e Spagna è ampiamente diffusa, lo stesso non si può dire per l’Italia, dove il settore resta ancora elitario. Recenti ma rilevanti sono state le creazioni del Centro ASPEN (Associazione per la Salute e per la Psicologia nell’Emergenza e nella Normalità) a Palermo nel 2002 e quella della Scuola italiana di Biblioterapia a Tivoli nel 2006, a cura della dottoressa Mininno.
A Firenze esiste una libreria che ha intravisto e compreso le potenzialità della Biblioterapia e ne ha fatto il proprio marchio di fabbrica: si tratta della Piccola Farmacia Letteraria, nata da un’idea della proprietaria Elena Molini. Sviluppata nel 2019 da un’intuizione vincente di Elena, la Piccola Farmacia Letteraria rappresenta nella realtà contemporanea italiana uno dei modelli più seguiti di Biblioterapia. La libreria è strutturata intorno all’idea che i libri possono curare l’anima, guadagnando così grande fama a livello nazionale e internazionale. Una squadra di libraie e psicologhe cataloga i libri secondo un criterio biblioterapeutico: leggono preventivamente i testi; individuano le emozioni, gli atteggiamenti, gli stati d’animo contenuti nelle pagine e cercano di raggruppare i libri che ne condividono alcuni, così da associare a ognuno un vero e proprio bugiardino personalizzato contenente delle indicazioni, come accade per un farmaco ordinario. Il bugiardino riporta istruzioni e consigli su come procedere nella lettura, ma anche dettagli sulla posologia ed eventuali effetti collaterali.
Dunque non ci sono scuse che tengano, in fin dei conti, per stare bene basta una poltrona e un buon libro.