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Quando legge e giustizia non coincidono

Una foglia di cannabis vicino ad un martelletto di giudice

Esprimere un giudizio, un’opinione su qualcuno o qualcosa, è tipico di noi umani.

Giudichiamo in base alle nostre idee, ai nostri valori ed ai nostri pregiudizi.

Il soggetto che rappresenta l’autorità giudiziaria, quando sottopone qualcuno a sentenza, fa praticamente la stessa cosa, seguendo però una linea guida fondamentale: la legge.

Ma il suo parere personale, purtroppo o per fortuna, incide non poco nella decisione.

UNA LEGGE REPRESSIVA, NONOSTANTE IL FALLIMENTO DEL PROIBIZIONISMO

Da anni ormai si parla del fallimento del proibizionismo, e vengono riconosciute le innumerevoli proprietà terapeutiche della cannabis. Grazie alle campagne d’informazione, molti giudici oggi assolvono chi autoproduce cannabis, anche quando trovati in possesso di quantitativi che vanno oltre quello considerato “per uso personale”.

Ciò avviene nonostante sia ancora in vigore una legge molto repressiva. Questo perché, chi giudica, riconosce nell’auto-produttore la semplice intenzione di coltivare al meglio un vegetale, la cui resa dipende esclusivamente dalla natura. Oggi si comprende che, quando si parla di fiori così preziosi da raggiungere un valore di mercato pari a quello di alcune carature d’oro, conservare l’intero raccolto diventa normale.

Inoltre è ormai chiaro che i consumatori di cannabis, maggiorenni e responsabili, non rappresentano un pericolo per la società, né per sé stessi. Purtroppo ci saranno sempre individui propensi ad esagerare, ma questo non giustifica il divieto. Eppure la demonizzata di questo fiore e dei suoi derivati incide ancora parecchio nelle menti più “conservatrici”.

Così, accanto ad assoluzioni per cittadini trovati in possesso di chilogrammi di cannabis e/o diverse piante, ci sono malati che finiscono indagati, processati e addirittura condannati per esser stati sorpresi a coltivare un paio di piantine col fine di sopperire alla mancanza di cannabis terapeutica.

In quei casi, il Giudice si attiene rigorosamente al DPR 309/90. Non considera assolutamente la scarsissima pericolosità di questa “droga”, se così vogliamo definirla. Non viene considerata l’autoproduzione come alternativa valida alle piazze di spaccio, che sono nelle mani di associazioni criminali e che dovrebbero essere combattute con ogni mezzo; a partire proprio dalla regolamentazione.

Oggi abbiamo prova dei benefici che ha portato in Paesi governati da politici più liberali e progressisti; ma evidentemente, chi ci governa, rifiuta d’accettare la verità. Risulta ormai ridicolo che negli Usa, dove la cannabis fu vietata per la prima volta nella storia, siano ad un passo dalla legalizzazione a livello federale; mentre in Italia si continua a rispettare una legge illogica.

E mentre il consumatore e l’autoproduttore di cannabis non fanno del male a nessuno, i giudici che continuano a far rispettare lo stupido divieto, con le loro sentenze rovinano la vita a migliaia di cittadini onesti ed alle loro famiglie.

Se il proibizionismo è ancora in vigore, la colpa non è solo di quei politici che rappresentano il “bigottismo”, e che favoriscono involontariamente (speriamo) le narcomafie. È anche colpa di ciò che avviene nelle aule dei Tribunali dove, quando si tratta di cannabis, il “fare giustizia” diventa spesso l’opposto; sino al punto di condannare migliaia cittadini onesti solo per una pianta.

Donna bendata che regge in una mano la bilancia e nell'altra la spada: è la giustizia



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