Legalizzazione: ripartiamo dalla legge di iniziativa popolare
E’ stato un anno molto deludente sotto alcuni punti di vista ed incredibilmente stimolante visto da altri aspetti. Ci aspettavamo all’inizio di quest’anno una presa di posizione a livello internazionale dopo l’avvenuta legalizzazione in molti Stati americani e a seguito delle posizioni antiproibizioniste di altri Stati del Sud America, del Canada e dell’Europa, speravamo che la magistratura colmasse e riparasse all’inconsistente procedura parlamentare, come al solito in ritardo sulle questioni sociali ed infine credevamo che l’iniziativa interparlamentare per la legalizzazione avesse più coscienza sui diritti civili da parte di molti suoi membri.
Abbiamo seguito il dibattito alla Camera e anche apprezzando gli interventi dei deputati favorevoli alla regolamentazione della coltivazione domestica, ci è dispiaciuto che l’unico intervento che ha realmente centrato il nodo di fattore culturale che impediva di trovare una soluzione, non sia stato preso in seria considerazione e mi riferisco all’intervento dell’on. Zaccagnini, che senza nessuna remora né timore, ha accusato il Vaticano di ingerenza sull’argomento, cosa che abbiamo già evidenziato con la presa di posizione del Papa contro qualsiasi tipo di legalizzazione.
Ma c’è un ma, visto che nelle due votazioni a scrutinio segreto sono stati rigettati, solo per pochi voti di differenza, due emendamenti che avrebbero consentito ai pazienti di poter coltivare autonomamente la medicina di cui hanno bisogno e se tutti i parlamentari dello schieramento antiproibizionista fossero stati presenti, forse i due emendamenti sarebbero passati, dando una dimostrazione di come il pregiudizio ideologico e gli schieramenti di partito guidino le scelte contro la legalizzazione, piuttosto che una convinzione personale sulla sua pericolosità.
Al contrario di ciò che è successo per la legalizzazione, la legge sul testamento biologico ha avuto, anche ricorrendo allo scontato voto di fiducia che ha caratterizzato il lavoro degli ultimi due governi, un epilogo positivo, anche perché questa volta il Vaticano si è espresso “pietosamente” contro l’accanimento terapeutico, dando una chiara indicazione di come e quando procedere. È indubbio quindi che l’intuizione dell’on. Zaccagnini è molto più di una supposizione e diviene una certezza se si ha la capacità e l’onestà intellettuale di leggere tra le righe e comprendere che solo attraverso una massiccia presenza della canapa nella quotidiana vita sociale, potrà far ritrovare a questa pianta il valore e il ruolo che ha ricoperto per secoli e secoli, prima che l’inquinamento culturale e gli interessi industriali la rendessero una “pianta pericolosa”.
Per fortuna possiamo però annoverare, tra le vicende legate alla canapa, anche alcuni aspetti positivi, come quello della legge sulla coltivazione per scopi alimentari o industriali, che ha suscitato un discreto interesse tra i coltivatori diretti e ha registrato una notevole impennata sul numero di ettari coltivati oggi a canapa che sono aumentati di circa il 200% dal 2015 e poi c’è l’aspetto forse più interessante, quello relativo alla “marijuana light” che ha dimostrato nei fatti come sia diffuso a livello nazionale l’uso della canapa anche per motivi non necessariamente terapeutici e dell’esigenza di trovare comunque una soluzione per superare l’aspetto criminale della coltivazione domestica.
A questo punto non ci resta altro da fare che attendere la pubblicazione dei programmi elettorali e capire quali schieramenti avranno l’audacia di proporre di nuovo (leggi il nostro speciale a riguardo), nel proprio progetto di governo, la legalizzazione della canapa e la regolamentazione della coltivazione domestica partendo dalle decine di migliaia di firme raccolte per la proposta di legge di iniziativa popolare, un problema che altrimenti rischierebbe di rimanere irrisolto ancora chissà per quanto tempo. Vi aggiorneremo sugli sviluppi delle cose e per quanto ci riguarda non possiamo far altro che continuare la nostra passione in clandestinità, pagando talvolta duramente la scelta di uno “stile di vita”.
a cura di Giancarlo Cecconi
portavoce Ascia e Cip