Legalizzare la cannabis in Italia? La Conferenza sulle dipendenze riapre il dibattito
La conferenza nazionale sulle dipendenze convocata dalla ministra Fabiana Dadone a 12 anni dall’ultima, ha reso evidente a tutti che le norme ormai vecchie di 30 anni andrebbero cambiate per stare al passo con i tempi. Ed ha avuto anche il merito di rilanciare il dibattito sulla legalizzazione della cannabis, dopo che la Germania ha annunciato di voler procedere in questa direzione.
Insomma, ai nostri politici non era bastata “Io coltivo“, la disobbedienza civile che ha visto oltre 2mila cittadini coltivare una pianta di cannabis come atto di disobbedienza civile, né il processo a Walter De Benedetto poi assolto e nemmeno la discussione della legge per l’autoproduzione in Commissione fino all’approvazione di un testo unificato e la successiva raccolta di oltre 630mila firme per il referendum: per riaprire in Italia un dibattito sulla legalizzazione della cannabis abbiamo dovuto aspettare l’annuncio della Germania.
Come a dire che ai nostri politici le battaglie in nome dei diritti non importano poi granché, ma se invece è la Germania a dire le stesse cose che da noi vengono portate avanti dagli antiproibizionisti, allora c’è da discuterne. D’altra parte era evidente anche prima che sarebbe bastato l’annuncio di un paese europeo, che davvero avesse voluto intraprendere questa strada, per far partire il domino al quale abbiamo assistito negli Usa, dove alla prima legalizzazione in Colorado hanno fatto seguito decine di altri stati.
Conferenza dipendenze: le aperture della maggioranza alla legalizzazione
Ad ogni modo nel week end in cui a Genova si è tenuta la Conferenza nazionale sulle dipendenze, è stata proprio la Dadone ad aprire alla possibilità di legalizzare la cannabis anche in Italia: “La scelta del nuovo governo tedesco”, ha detto “è una scelta che l’Italia dovrebbe valutare, ma bisogna riuscire a raggiungere la maggioranza al Parlamento. È questo il punto delicato”. E anche dal Partito Democratico, i cui vertici non si erano mai espressi apertamente sul tema, si apre alla possibilità: “Nel momento in cui una parte non proprio irrilevante e un alleato non proprio trascurabile dell’Italia, come la Germania, sembra cambiare profondamente linea su questo fronte, credo che sia inevitabile che una qualche riflessione la si faccia anche nel nostro Paese”, ha dichiarato il ministro Andrea Orlando sottolineando che. “Anche perché quella scelta determinerà dei riflessi che riguarderanno il nostro Paese, lo si voglia o meno nell’ambito di un mercato unico con le frontiere aperte”.
La reazione della destra
Parole che hanno aperto una spaccatura nella maggioranza, viste le reazioni della destra. “È molto preoccupante che un ministro della Repubblica, anziché ascoltare le tante comunità di recupero che eroicamente salvano migliaia di ragazzi e combattono le dipendenze tutti i giorni, parli con leggerezza di droga. Il ministro si occupi dei lavoratori”, è la risposta di Salvini al pensiero di Orlando. “Fratelli d’Italia ribadisce la sua assoluta contrarietà alla legalizzazione e alla liberalizzazione della cannabis. Le parole dei ministri Orlando e Dadone nel corso della Conferenza nazionale sulle politiche antidroga lanciano un messaggio devastante, confermano la posizione ideologica della sinistra Pd-M5s. La droga non si combatte normalizzando il suo uso come vorrebbe la sinistra” è invece la reazione pacata di Giorgia Meloni.
Ma anche da Maria Stella Gelmini, ministra per le Autonomie di Forza Italia, è arrivata una totale chiusura: “Dico con chiarezza che faccio parte di un pensiero, di una corrente culturale, che non solo è contraria a qualsiasi forma di legalizzazione di ogni tipo di sostanza stupefacente, ma sono anche convinta che non esista una libertà di drogarsi, ma che l’azione dello Stato possa e debba concentrarsi soltanto sulla liberazione dalla droga.
Gli appelli di Magi, Manconi e del Comitato promotore
In tutto questo Riccardo Magi, presidente di più Europa e primo firmatario del disegno di legge che giace in Commissione giustizia sulla legalizzazione dell’autoproduzione, dopo aver preso atto che non c’è la volontà politica di portarlo avanti, chiede che il governo non si schieri per l’inammissibilità del referendum sulla cannabis, ormai l’unica strada per cambiare le cose per i cittadini.
Intanto, Luigi Manconi fa un appello a Enrico Letta per il sostegno a questa battaglia, dopo che il segretario del Pd aveva detto che il suo obiettivo è quello di arrivare a una posizione comune di tutto il partito sul referendum. E poi c’è l’appello fatto dal Comitato promotore del referendum, con parole chiare e nette: “Non avevamo dubbi che alla fine i nodi sarebbero arrivati al pettine e, per una volta, su qualcosa di concreto: il referendum per la cannabis legale. Lo scontro non è più tra declamazioni propagandistiche diverse ma tra sostegno o contrarietà all’unica proposta di riforma radicale di parti significative del Testo Unico sulle droghe sottoscritte da oltre 630mila persone. Vista la diversità di approcci che caratterizza la maggioranza che sostiene Draghi chiediamo che il Governo adotti una posizione neutrale nei confronti del referendum e non partecipi alla discussione in Camera di Consiglio quando la Corte costituzionale sarà chiamata a giudicare l’ammissibilità del quesito. Di fronte a una politica tanto frammentata quanto indecisa sul da farsi occorre garantire che la voce del popolo sovrano possa esser espressa con un Sì o un No. Il governo si rimetta al voto popolare su una proposte di riforma non solo popolarissima ma urgente”.