L’ecstasy per curare i disturbi mentali
La vita di Rachel Hope è cambiata quando, a soli 4 anni, un amico a cui la madre l’aveva affidata mentre era in vacanza l’ha ripetutamente violentata. Da quel momento ha sofferto di disturbi post traumatici da stress (Dpts), e nessuna terapia sembrava riuscire ad alleviare le sue sofferenze.
Sino a quando nel 2005 ha incontrato Michael Mithoefer, uno psichiatra e ricercatore di Charleston, in Sud Carolina, che le ha somministrato un farmaco chiamato MDMA (acronimo di 3,4-methylenedioxy-N-methylamphetamine), comunemente noto come ecstasy.
Ingerire una pastiglia anche solo per una volta può portare a danni cerebrali irreversibili, è sempre stato l’avvertimento degli esperti. Ma ora sembra emergere un effetto inatteso: la droga può diventare una medicina, e avere effetti terapeutici su persone che soffrono di Dpts, stimolando in loro un maggior senso di sicurezza nella rielaborazione dei ricordi dolorosi.
“Non riuscivo a chiudere con quell’esperienza”, ha raccontato la ragazza, la cui agonia mentale senza sosta l’ha portata a quattro ricoveri in ospedale. Un nuovo peggioramento per Rachel si è verificato nel 1991 quando è morto il padre, e ancora nel 1998, anno in cui scoprì che il suo aggressore aveva molestato un’altra donna. Grazie alla cura di Mithoefer invece, il 90% dei suoi sintomi sono scomparsi, ha smesso di urlare, e di cadere nel tunnel dei flashback.
Il trattamento terapeutico del ricercatore di Charleston va unito alla psicoterapia: dopo alcune sedute di preparazione dei soggetti che riportano sintomi da disordine post traumatico, tra cui diverse donne come Rachel passate attraverso il dramma dello stupro, seguono lunghi incontri durante i quali vengono somministrate dosi di ecstasy.
La sostanza, assunta sotto controllo medico, riuscirebbe a rendere meno doloroso il ricordo degli eventi traumatici, permettendo a chi li ha vissuti di parlarne in terapia e dunque di risolvere i problemi ad essi legati. L’MDMA, che nelle persone ‘sane’, da senso di eccitazione ed euforia, nei soggetti malati riduce il senso di ansia e la paura.
‘La domanda è, ok, è stato un fuoco di paglia? Le persone si sentono bene perché stanno assumendo una droga?’ – ha detto ai media statunitensi Mithoefer – Ma la risposta è stata ‘no’, per la maggior parte dei pazienti’. Il dottore ha infatti testato la terapia su 19 individui, 14 dei quali hanno riscontrato significativi miglioramenti.
fonte: fuoriluogo.it