Terapeutica

Le virtù terapeutiche dei cannabinoidi

 

Grafico con il ruolo dei cannabinoidi

La cannabis contiene un’enorme quantità di principi attivi. Su oltre 600 sostanze che la compongono troviamo i terpeni, gli idrocarburi, i flavonoidi, gli acidi grassi, gli alcoli, gli aldeidi e altri ancora, oltre ai circa 120 cannabinoidi che sono stati identificati fino ad oggi. La loro distribuzione varia nei differenti ceppi di cannabis ed in genere solo tre o quattro cannabinoidi si trovano in una pianta in concentrazioni superiori allo 0.1%.

Il THC, unico cannabinoide psicoattivo e che causa dunque l’effetto di sballo comunemente associato alla cannabis, è stato sintetizzato per primo nel 1964 dal dottor Raphael Mechoulam, ampiamente riconosciuto come il padre della ricerca sui cannabinoidi.

Sebbene i recettori dei cannabinoidi si trovano in tutto il corpo umano, il THC agisce principalmente sui recettori presenti nel cervello. Ricerche approfondite negli ultimi decenni spiegano che il THC possiede numerose proprietà medicinali che sono utili in una vasta gamma di disturbi, alcuni dei quali comprendono: il morbo di Alzheimer, l’aterosclerosi, il glaucoma, la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson, l’apnea del sonno, la sindrome di Tourette, il cancro (in varie forme) e altri. Le proprietà antiemetiche (anti-nausea) e di aumento dell’appetito lo rendono utile per chi è sottoposto alle cure per l’AIDS o per i pazienti in chemioterapia o radioterapia.

2016-06-14 10.54.13 amIl CBD è un cannabinoide sul quale si stanno concentrando molte ricerche scientifiche attuali, tese ad indagare le sue capacità terapeutiche in diversi ambiti visto che il suo potenziale terapeutico è stato evidenziato in un gran numero di malattie e sintomi. I tre grandi campi di indagine sulle proprietà terapeutiche del CBD si possono riassumere nelle sue potenzialità come sostanza anti convulsivante, nel trattamento del cancro e delle psicosi. Ma il potenziale utilizzo terapeutico del CBD è stato evidenziato in un gran numero di malattie e sintomi, tra i quali distonia, diabete, malattie infiammatorie, morbo di Alzheimer e malattie della pelle. 
Un altro fitocannabinoide molto importanti dal punto di vista terapeutico è il cannabigerolo (CBG). Il CBG è da considerarsi come la “cellula staminale” di molte sostanze chimiche della cannabis, THC e CBD – le due più conosciute – comprese. Il cannabigerolo si converte, grazie all’azione di alcuni enzimi, in altri tipi di cannabinoidi, e questa è la ragione per cui viene reperito in basse concentrazioni in molte varietà di cannabis.

Oltre al ruolo di formare altri cannabinoidi, il CBG ha delle proprietà importanti dal punto di vista terapeutico. La dottoressa Bonni Goldstein, direttore medico di Canna-Centers, ha spiegato come il CBG inibisca l’assorbimento di una sostanza chimica di nome GABA, con gli stessi meccanismi dei cannabinoidi. “L’inibizione del GABA  tramite il CBG porta al rilassamento dei muscoli e all’alleviamento dell’ansia come avviene con il CBD, e in più sembra essere utile contro la depressione”. Inoltre i primi studi suggeriscono che possa avere anche effetti anti-infiammatori e anti-ossidanti.

Il CBC (Cannabicromene) è il secondo cannabinoide presente nella cannabis per quantità. La ricerca nel corso degli anni ha messo in evidenza una serie di motivi per cui vale la pena conoscere questo composto: combatte i batteri e funghi, ha proprietà antinfiammatorie, allevia il dolore, combatte la depressione e stimola la crescita del cervello.

L’opinione di alcuni ricercatori è che isolando uno o due composti della cannabis per fare un farmaco si ottenga un minor effetto terapeutico, perché in questo modo si perde il cosiddetto “effetto entourage” che viene dato dall’azione sinergica delle decine di componenti contenuti. Il primo a parlare di questo effetto è stato proprio Mechoulam nel 1998, spiegando che i principi attivi all’interno della pianta operano in sinergia, influenzando il corpo nello stesso modo del sistema endocannabinoide, con la capacità di migliorare l’assorbimento dei principi attivi, di superare i meccanismi di difesa dei batteri e la possibilità di minimizzare gli effetti collaterali negativi.



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