Le grandi multinazionali sono sempre più ricche
Sono quindici anni che i ricavi delle grandi multinazionali continuano a crescere. È quanto emerge dal nuovo reportage – intitolato ironicamente “Eat the rich” – pubblicato dall’istituto di ricerca toscano Centro Nuovo Modello di Sviluppo (CNMS). Secondo i dati raccolti dai ricercatori di Pisa, l’80% del commercio mondiale è oggi controllato da grandi gruppi internazionali, che rappresentano circa un terzo del PIL globale, con numeri paragonabili al Prodotto Interno Lordo di intere nazioni. Ma quali sono le multinazionali più potenti?
Sebbene circa metà delle più grandi società al mondo si trovi in Europa, quelle più potenti hanno in realtà sede in Paesi come Stati Uniti e Cina. Secondo lo studio, a ricoprire il primo posto nel 2020 è stata Walmart, multinazionale statunitense proprietaria di oltre 11.000 negozi al dettaglio nel mondo. Durante il primo anno di pandemia, la società, fondata da Sam Walton nel 1962, avrebbe infatti fatturato oltre 520 miliardi di dollari, superiore al PIL del Belgio e quasi il doppio di quello della Finlandia nello stesso anno. Ma nonostante il primato degli Stati Uniti – rappresentati anche da Amazon, Apple, CVS e UnitedHealth Group – nella lista appaiono inoltre diverse compagnie di bandiera cinese. Tra queste, i due colossi del settore petrolifero e petrolchimico China National Petroleum e Sinopec, e la StateGrid, la più grande compagnia elettrica del mondo. La pandemia ha poi dato una spinta notevole al fatturato delle grandi case farmaceutiche, che oggi ricavano oltre metà del proprio fatturato dalla sola vendita dei vaccini anti Covid-19. Per fare un esempio, il fatturato di Moderna ha registrato +8300% in un solo anno.
I dati più preoccupanti non riguardano però il fatturato, bensì le tasse effettivamente pagate dalle multinazionali. Secondo l’organizzazione di advocacy britannica Tax Justice Network, ogni anno le grandi società evitano di pagare oltre 250 miliardi di dollari in tasse sfruttando paradisi fiscali. Le multinazionali non sono inoltre nuove a modalità illecite di base erosion e profit shifting, pratiche che permettono di avvalersi dei regimi favorevoli in paesi con una minore pressione fiscale.
Dopo oltre dieci anni di discussioni, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha raggiunto un accordo su una global minimum tax al 15% sui profitti delle multinazionali. Il provvedimento dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2023, e potrebbe rappresentare la giusta chiave per recuperare oltre 150 miliardi di dollari all’anno e soprattutto incoraggiare le aziende a rimpatriare i propri capitali. Sebbene l’accordo dell’Ocse presenti ancora degli aspetti dubbi, molti hanno accolto favorevolmente la notizia. Con la crescita di movimenti e correnti politiche sempre meno tolleranti verso il regime tributario estremamente vantaggioso di cui godono le multinazionali, l’inizio di una nuova era, volta ad una tassazione più equa, potrebbe essere alle porte.