Lasciare il lavoro per entrare nell’industria della cannabis
In epoca di grandi dimissioni nel mercato del lavoro, il settore della cannabis sta vivendo un’esplosione senza precedenti
In un periodo storico in cui il mercato del lavoro sta assistendo all’emergere di un fenomeno che prende il nome di “Great resignation”, ovvero di “grandi dimissioni”, ma anche di “grande rassegnazione”, in cui un numero record di dipendenti sta rassegnando le dimissioni dal suo posto di lavoro in tutto il mondo, il settore della cannabis è in netta controtendenza e registra invece una forte crescita d’interesse: possiamo forse attribuirla alle sue incredibili prerogative?
Da uno studio di McKinsey infatti, ben il 40% dei lavoratori in tutto il globo è intenzionato a cambiare lavoro nei prossimi sei mesi e solo in Italia fra aprile e giugno dello scorso anno, quasi mezzo milione di persone ha dato le dimissioni.
Nella stragrande parte dei casi si tratta di dimissioni date prima ancora di avere un lavoro di rimpiazzo o un piano sicuro, ma piuttosto della volontà di andare alla ricerca di un lavoro che aiuti a dare un senso alla propria vita, o più semplicemente che dia garanzie di un buon bilanciamento tra lavoro e tempo libero.
Proprio in questi ultimi due anni in cui il fenomeno è stato particolarmente accentuato, il settore della cannabis ha invece assistito ad un vero e proprio record in positivo per quanto riguarda le nuove assunzioni e le nuove aziende che si lanciano sul mercato, ma anche per quanto riguarda gli utili che se ne ricavano.
Ad esempio, in USA quello della cannabis legale è diventato il settore che crea più posti di lavoro in assoluto e da un recente report di New Frontier Data le vendite di cannabis negli USA sono destinate a raggiungere i 72 miliardi entro il 2030. Ma anche in molti altri Paesi in giro per il mondo la situazione è in continua ascesa e va naturalmente di pari passo con politiche gradualmente più liberali nei confronti di questa pianta.
In Italia ad esempio, il mercato legale della cannabis light ha fatto registrare una vera e propria “fioritura” di growshop in tutta la penisola e proprio durante il periodo pandemico un boom di acquisti di questo tipo di prodotto.
DAL LAVORO TRADIZIONALE ALL’INDUSTRIA DELLA CANNABIS
Forse dovremmo andare a ricercare i motivi di tale successo nelle carattersitiche stesse dell’intera pianta e non solo delle sue infiorescenze: una pianta, quella della canapa, che accompagna la storia dell’uomo da migliaia di anni e che è stata vittima di assurde politiche proibizioniste che hanno bruscamente allontanato ciò che per natura era sempre stato vicino.
Si tratta di una pianta dalla quale si può trarre un numero incredibile di prodotti, dalla carta alla stoffa, dalla bioplastica ai medicinali, dai prodotti alimentari a componenti energetiche e tanto altro ancora, il tutto in una qualità fuori dal comune.
Come dicevamo, un graduale allentamento delle leggi proibizioniste in tutto il mondo ha contribuito a favorire una rinnovata cultura che riguarda il mondo della canapa e di pari passo anche la crescita di un settore che comincia persino a necessitare di una ricerca di lavoratori specializzati, come nel caso del portale italiano che vi abbiamo raccontato di recente in questa intervista.
Ma verrebbe da pensare che sia la pianta nella sua interezza che, possedendo delle prerogative che rendono questo settore davvero unico e dalle enormi potenzialità date dalle sue caratteristiche chimico-fisiche del tutto eccezionali, anche grazie ad una maggiore diffusione di informazioni che la riguardano data dalle riviste di settore, dalle fiere e ad una generale maggiore attenzione dedicata alla pianta, questa ora riesce prepotentemente a catturare l’immaginario delle persone, favorendo un crescente interessamento del pubblico, riscattando la cannabis da decenni di proibizionismo totalmente ingiustificato.
Articolo a cura di Veronica Tarozzi