L’America vista dal filtro
1994, Fort Myers, Florida. Io e mia moglie stiamo guidando una Oldsmobile del 1986. Bianca. Vecchia. Grossa. Americanissima. In quegli anni era proprio la tipica auto da ispanici immigrati. Forse clandestini. Io, Andrea. Abbronzatissimo (cocente sole golfo Messico). Lei, Sriphen, scura per natura. Thailandese. Naturalizzata americana. Entrambi reduci europei. Smaliziati. Scanzonati. Non crediamo a nessuno. Io, ex punk, ex extraparlamentare, ex furbo, alla data invece molto scemo, poiché credente in una America da Berkley, inventrice di Internet, patria di Jack Kerouak, casa degli anarchici di vecchia e pura scuola. Eccoci. Incrociamo un’auto della polizia di F.M. Ripeto, siamo scuri, entrambi molto scuri. Io, inoltre, sfoggio occhialino nero allungato, tipo “spaccio solo polveri”.
In realtà sono impaurito già da tempo dall’atmosfera di terrore e non fumo una canna da quando ho ho messo piede sul volo Pan Am (fallita, mi deve ancora risarcire 100 dollari e mai li vedrò). Ci incrociamo e ci guardiamo negli occhi, io ed il pulotto che guida. Vedo che mi vede, e mi guarda… E gli si illuminano gli occhi, felice. Lo vedo benissimo; sono forse più scemo di lui? Naaaa! Ho imparato a riconoscere quegli sguardi “pregustatori” fin da adolescente, a Genova, in piazza, con gli anarchici della FAI. “Shit! Sim, they gonna stop ‘n check us, SHIT!” (Mia moglie non parla italiano). Guardo nello specchietto e vedo l’auto fare inversione ed accendere il lampeggiante. Cazzo di suono, proprio come nei film, diverso da quello dei pulotti italiani. “OK, Sim, we have nothing to hide, right?”, “yes mann, so what?”. “So natting Babe, but, you now… they’re fuking nervous, aroud here, Miami it’s only 1 hour away”.
Stiamo guidando in un posto da ricchi. Nessuno guida vecchie Oldsmobile, in questa zona. Ci fermano, ce lo menano per 30 minuti. Siccome decido di scendere dall’auto (ovviamente chiedendo il permesso prima) uno di loro si dichiara innervosito da questo fatto. Continua a trafficare con quel cazzo di velcro che gli chiude la fondina. “Scratch, scratch, scratch”. (You getting me nervous guy!) “Sir, I’m only a tourist, I did nothing wrong, Just spending my money in Florida” . Domande, computer di bordo, radio, domande: e l’auto, e perchè, e per come, e poi “vabbè andate pure”.
1996, North Beach. Miami. Vedo movimenti strani. E’ sera. Non conosco Miami e Nooe, mia cognata, mi ha stregato con i suoi racconti sulla città. Pericolo ad ogni centimetro. Cammino per il corso pincipale, proprio nel quartiere “Art Deco” bello di giorno e bello di sera. Un mucchio di Cubani. Grandi fichette ispaniche che cercano soldi ed avventure. Quindi nulla per me, nè bello nè ricco. In una laterale vedo una scena. Sento odore di casini. Guardo ma senza rallentare il mio passo spedito. Quello che mi difende in ogni occasione strana in ogni angolo del mondo. Camminare rapidi, senza macchine fotografiche, senza sguardi stupiti. Senza cose addosso. Il minimo. Così in USA come a Cuba, Nicaragua, Panama city. E’ la SWAT: hanno fermato quattro ragazzini ubriachi. Due fatti sedere a terra. Uno in piedi a 3 metri di distanza. Uno faccia al muro. Perquisa. Facce da pullotti da film, ma con più panza. Sono grassi, ma cattivi come i magri dei film. Uno mi guarda un attimo. Io mi giro subito. Il culo stretto, anche se non ho nulla per cui preoccuparmi, fanno paura, i pazzi, hanno grandi pistole, i pazzi.
Sono un vigliacco, quando navigo in terra a stelle e strisce. Hanno un fucile a pompa montato in verticale sul cruscotto dell’auto. Ma dove cazzo si crederanno di essere, in Vietnam? Eppure qui non ci sono vecchietti da bruciar vivi, nè ragazzine da violentare.
1997, San Francisco. Ancora con mia moglie. Ridiamo. Ridiamo come due scemi. Quasi ubriachi di Chianti. Siamo nella patria dei gay d’America. San Francisco, il luogo dove i matti si son dovuti trovar fissa dimora, perchè partendo dall’Atlantico ed impazzando per il midwest, sono arrivati sino al pacifico e da lì in poi… Solo acqua di mare.
Quasi tutti gay, over there. E sapete perchè ridiamo? Perchè siamo appena passati di fronte ad un bar che si chiama “Culetto’s” Yessss, Culetto’s bar, in SF. Ridiamo ma di lì a poco ci si gela il sangue. “Get into the fucking car!” Grida il pullotto ad un ragazzone ben vestito. Pistola spianata, postura da militare intima al ragazzone, di rientrare in auto immediatamente. Il malcapitato ha bruciato uno stop e, vedendo l’auto della polizia che intimava l’alt, è sceso di corsa, mani sollevate, scusandosi e cercando di non beccarsi una multona.
La reazione è quasi pari a quella del caso Calipari, ma il ragazzotto è fortunato. Noi, come al solito, molto vicino alla scena e molto preoccupati. Le pistole automatiche non vedono l’ora di mettersi al lavoro, cercano qualunque scusa. Noi siamo sempre fra i più scuri, in giro, a parte i negri.
1998 Michigan, Trenton (avete presente dove è nato Micheal Moore, quello di Bouling a Columbine e di Farenaith 9/11? Proprio lì vicino), Rock and Rasta concert. Finalmente si fuma, sicuro che si fuma.
E invece nulla! Facce preoccupate e facce scrutanti, cioè ragazzi in cerca di qualcosa da fumare e polizioni in borghese che cercano punti (in Michigan hanno una specie di patentino a punti: più ne becchi più guadagni). Neppure una canna, ovviamente. Tutti molto trasgressivi, ma solo nei testi delle canzoni e nei vestiti scontati. Cazzonientedinientecazzosemprecosì. Anche per oggi nulla. Torniamo a casa. Auto, la cazzo di Ford Escort sgangherata, questa volta. A malapena arriviamo. Entro in casa, suona il telefono: “Hi Carlo, how you doing? Yes, I’m at home. Yes’ff course you can come over. Please do it.” Carlo è un mio cognato, padre di due bimbi e marito della sorella più anziana (anche lei thailandese trapiantata) di mia moglie. Sua moglie ha un cancro allo stomaco e morirà. Si sa già da un po’. Sta per lasciare due bimbetti mezzo thai e mezzo americani che sono bellissimi. Carlo è un maltese di origine, ma in realtà americanissimo, lo dico io chelovedodafuori. Ha 48 anni ed è un tipo molto posato. Si fa qualche birra ogni tanto, ok, ma molto, molto regolare.“What’zup Carlo? Why you want to see me tonight?”“Andrea, a friend of mine gave me some weed. U know? SMOKE, I mean dope, grass, mariuana! Gottit?” (non gli avevo mai detto che fumavo, come cazzo farà a saperlo? Scanning, mumble mumble… seeee, Sim cazzo, ma perchè non ti cuci la bocca?) “Yesss Carlo got it. What the hell you to do with it?”“You know my wife got a cancer and a friend of mine gave me some weed to smoke in order to make her eat. but… but she doesn’t want to. She never smoked a cigarettes in her life so, what I should do with it? Then I though… May be…”“OK Carlo let’s light it up”. Unacosainsostenibile. Sarà stato il lungo periodo di astinenza ma quella canna era potentissima. Sicuramente idro e con un pedigree da paura, senz’altro. Fumati un paio di tiri ho dovuto alzare bandiera bianca, ed anche Carlo. Era veramente troppo forte per entrambi. Insomma, ero trasecolato!Ho avuto paura di fumare in ogni fucking angolo degli USA da me visitati. Paura ben giustificata. All’epoca, in Michigan, si rischiavano 7 anni di galera per qualche grammo. Non ho acquistato nulla nè accettato omaggi da nessuno per un periodo impossibile, ed alla fine? Alla fine un ultraquarantenne insospettabile, padre di due figli mi propone una canna terapeutica che, purtroppo, ha mancato il suo bersaglio. Azz! Chestranal’Americaeh?
Andrea Sommariva