La volta buona (?)
La prima volta che sentii parlare di Jack The Smoker fu in TV. Erano i tempi di 8Mile, io avrò avuto 14 anni e su quella che diventò con il tempo All Music, Alessandro Cattelan organizzò una battle di freestyle. Ho delle memorie molto sfocate di quell’episodio, ma ricordo che vinse Kuno, che c’era anche Bat e che Jack fu battuto da un ragazzo che indossava una specie di sveglia appesa al collo. Era uno degli sporadici tentativi (un po’ goffi) di proporre il rap in TV, in un’epoca in cui si iniziava a respirare aria di rinascita di un movimento che era stato messo un po’ in disparte e in cui iniziavano a spuntare piccole etichette, che producevano molti dischi.
Scarto23 vs Jack the Smoker, primordi di battle in TV un po’ goffi
L’alba
Ricordo che un mio compagno di classe aveva sempre nello zaino una copia originale de “L’Alba” dei La Creme, regalatagli da un amico di suo fratello che faceva il writer a Pioltello; lo ascoltavamo negli intervalli e nei viaggi in bus, dividendoci gli auricolari. Era una sorta di età di mezzo, già distanti da quella golden age che quelli della mia età non hanno fatto in tempo a vivere, ma un’epoca nella quale ancora gli album si stampavano e compravano, dei coraggiosi tentavano di organizzare qualche jam, Bassi e Rido animavano una scena milanese che non ha mai brillato quanto avrebbe dovuto/potuto in fatto di dinamicità con le loro serate di The Show Off, non esistevano gli smartphone e internet era agli albori.
Jack The Smoker ha in un certo senso accompagnato parte della mia formazione da appassionato di questa roba e ne è diventato quasi un simbolo. Uno dei più talentuosi di una generazione di MC enorme, di quella che chiamavano “nuova scuola”, che sul principio sembrava essere pronta ad esplodere e a riportare l’attenzione su un genere che parzialmente era stato mal gestito dai suoi stessi protagonisti e verso il quale allo stesso tempo il belpaese del bagaglino al sabato sera ancora non era decisamente pronto. Una generazione di MC che ci ha provato ma che non c’è riuscita del tutto, della quale di alcuni dei suoi migliori esponenti si sente poco o nulla, qualcun altro ha addirittura smesso e, peggio ancora, qualcun altro invece di smettere ancora continua a provarci.
Cambiamenti
È arrivato internet, dapprima con Myspace, poi con i primi video su Youtube fino a questi giorni, nei quali fare dischi non è più la cosa più importante e il concetto di aggregazione è stato sradicato da quello molto più virtuale di “numero” e di “rete”. Un cambiamento che tuttavia ci ha anche permesso di liberarci da molti dei tabù e dei tafazzismi che avevano caratterizzato l’Hip Hop italiano, eccessivamente innamorato della propria nicchia, al punto da sembrare quasi di non volerne uscire, salvo poi lamentarsi della scarsa attenzione ricevuta dall’esterno. E in questa nuova era virtuale, nessuna realtà tra quelle esistenti è riuscita a trovare un buon compromesso tra l’adattamento alle nuove dinamiche del mercato musicale e l’attenzione nel voler mantenere l’attitudine hardcore più di quanto abbia fatto la Machete: gli unici a realizzare quegli stessi numeri di cui parlavo prima senza il supporto delle radio e delle TV, che ancora nel 2016 restano importantissime in termini di promozione.
“666”, il primo singolo da “Jack Uccide” prodotto da Low Kidd
E della Machete Empire fa parte – e credo non a caso – proprio Jack The Smoker, che nel frattempo, nella bellezza di quasi 15 anni di carriera da MC, ha prodotto soltanto due lavori ufficiali dopo “L’Alba”, dei quali uno principalmente in veste di produttore. Ed è significativo che sia proprio lui a farne parte, perché nonostante una produzione ufficiale incredibilmente esigua rispetto al suo talento, Jack continua ad essere uno degli MC più attesi, rispettati e più potenti dell’intera scena. Questo, grazie a delle performance estremamente taglienti e ad una produzione di punchline da fare invidia, diventando presenza fissa in alcuni tra i dischi più importanti usciti degli ultimi anni, Machete Mixtape compresi.
Aspettative
Jack si è guadagnato sul campo il grado di killer, ma ad oggi siamo ancora in attesa dell’album che ne sancirà la definitiva consacrazione e maturità, offrendogli la possibilità di prendersi quel titolo che sembra spettargli già da troppo; si parla, ormai da anni, del suo disco in Machete – previsto inizialmente nei primi mesi dal suo ingresso (inizio 2013) – ed è proprio questa la classica scintilla che potrebbe accendere un talento incredibile del rap italiano: la possibilità di avere alle spalle un team di professionisti, con l’attitude hardcore e selfmade che è analoga a quella di Jack, sempre lontano da dinamiche preimposte e da canoni musicali e artistici.
L’occasione è che grazie al know-how acquisito sul campo dai macheteros il rapper milanese possa concludere finalmente una produzione che abbia un filo conduttore ben preciso e che possa permettergli – dopo questi anni di discografia un po’ confusa – di stabilire un nuovo standard di riferimento al quale guardare quando si penserà alla sua musica, che non sia più la semplice constatazione della sua innata capacità nello scrivere strofe d’impatto e che ci permetta di guardare a “L’Alba” come a un disco necessario e fondamentale di un ragazzo che all’epoca era poco più che ventenne, che nel frattempo è diventato finalmente quell’ottimo MC che si è sempre pensato potesse essere. Non possiamo pertanto che attendere, e in fondo augurarci, che “Jack Uccide” sia il definitivo e meritato salto di qualità. Mancano solo dieci giorni.