La Tunisia annuncia: presto la fine della persecuzione verso i consumatori di cannabis
La legge 52, ovvero la durissima norma che punisce il consumo di droga in Tunisia si appresta ad essere riformata. È quanto ha annunciato in Tv il presidente Beji Caid Essebsi. Il capo dello stato ha inoltre annunciato la convocazione del “Consiglio superiore per la sicurezza nazionale” per ottenere fin da subito una moratoria degli arresti per possesso di droga, in attesa che il Parlamento approvi una nuova legge.
UNA LEGGE SOPRAVVISSUTA ALLA DITTATURA. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, il 53% dei detenuti in Tunisia si trova in carcere per reati legati alla droga. La legge 52 venne approvata nel 1992 con l’obiettivo di mettere in pratica la tolleranza zero verso i consumatori di zatla (come in Tunisia viene chiamato l’hashish), che tradizionalmente rappresentano una larga fascia della popolazione. L’art. 4 della legge punisce chiunque detenga, anche in modiche quantità, sostanze o piante stupefacenti con la reclusione da uno a cinque anni e con pena pecuniaria accessoria da 500 a 1.500 euro. L’art. 8 addirittura punisce con il carcere da sei mesi a tre anni e a una ammenda da mille a cinquemila dinari chiunque frequenti un luogo nel quale si consumano stupefacenti. Pene severissime che negli anni hanno reso la Tunisia, secondo molti attivisti locali, una “prigione civile”.
IL SUO UTILIZZO NELLA REPRESSIONE DEL DISSENSO. Ma la forza repressiva non risiede solo nelle pene previste ma, forse soprattutto, nella discrezionalità lasciata alla polizia nella sua applicazione, facendola diventare di fatto una delle norme principali attraverso il quale il regime di Ben Alì (al potere dal 1987 e fino alla rivoluzione del gennaio 2011) ha conservato il potere incarcerando il dissenso. La legge dà infatti alla polizia il diritto di fermare qualsiasi persona sospettata di consumo e di sottoporla, con le buone o con le cattive, ad un test delle urine. La polizia si è spesso spinta fino ad entrare nei domicili privati senza mandato giudiziario in nome della legge 52, utilizzata come scusa – come denunciato anche in un rapporto di Osservatorio Iraq – in special modo per incarcerare i giovani appartenenti ai movimenti sociali. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, ammontano a 6.700 solo per l’anno 2016 i giovani arrestati e sbattuti in carcere con l’accusa di avere consumato cannabis, principalmente uomini. Ovvero circa un terzo dell’intera popolazione carceraria.
LA REPRESSIONE RILANCIA IL CONSUMO DI DROGHE PESANTI. Human Rights Watch e Avvocati Senza Frontiere hanno pubblicato recentemente dei rapporti che documentano di abusi polizieschi, arresti arbitrari, torture e violazioni dei diritti umani causate dall’applicazione della legge 52 e le pesanti conseguenze sul piano sociale risultanti dagli arresti di massa. Ma le ripercussioni sono state anche di carattere sanitario. Il pericolo di essere controllati e incarcerati per possesso di zatla ha infatti spinto molti giovani a consumare altri tipi di sostanze pesanti, molto pericolose ma che sfuggono ai controlli delle urine utilizzati in Tunisia, in particolare il Subutex, un sostituto all’eroina indecifrabile dalle analisi. Il cui consumo è riesploso nuovamente in corrispondenza al giro di vite che ha colpito duramente la vendita di cannabis in questo inizio 2017.
DIBATTITO SUI MEDIA E INCURSIONI HACKER. L’annuncio del presidente ha scatenato un ampio dibattito, ma in base alle prime dichiarazioni quasi tutta la ampia coalizione (che comprende anche il partito islamista Ennahda) che sostiene Essebsi pare sorprendentemente favorevole alla riforma. Nel frattempo un collettivo di hacker tunisini ha attaccato ieri la home page del sito ufficiale del ministero del Lavoro e della Formazione professionale, sostituendola con un messaggio a favore dell’abolizione della legge 52 e chiedendo che la moratoria, in attesa della nuova legge, venga trasformata in un vero indulto che permetta la scarcerazione immediata dei migliaia di cittadini detenuti per consumo di cannabis.