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La stampa ha trasformato un sequestro di cannabis light in una grande operazione antidroga

La stampa ha trasformato un sequestro di cannabis light in una grande operazione antidroga
Parte della cannabis light sequestrata dalla Finanza

“Due quintali di marijuana trovati nel negozio”. “Scoperto un deposito di droga del valore di 1,75 milioni di euro”. “Vendeva marijuana e la pubblicizzava su internet”. Questi ed altri resoconti di un presunto grande intervento effettuato dalla Guardia di Finanza di Melegnano (Milano) sono comparsi nei giorni scorsi sui quotidiani della Lombardia.

Gli articoli usciti, molto simili tra loro, raccontano di un sequestro di due quintali di “marijuana”, avvenuto in un negozio di San Giuliano Milanese. Secondo i resoconti pubblicati, all’interno del negozio, che vende prodotti derivati della canapa, il negoziante vendeva anche “droga illegale” che pubblicizzava anche su internet. Inoltre, il magazzino del negozio era stato trasformato in un “vero e proprio laboratorio per estrarre dalla pianta il Thc prima di rivenderla illegalmente“ (ma cosa vuol dire?, misteri). Gli articoli proseguivano poi mettendo in luce come la cannabis sequestrata avrebbe potuto fruttare circa due milioni di euro ed anticipando che il titolare rischia ora una condanna a 4 anni di carcere.

Peccato che quella sequestrata era tutta “cannabis light”, ovvero canapa provenienti da varietà industriali a contenuto non psicoattivo di THC. Come testimoniano anche le fotografie diffuse dai media locali, i sequestri sono stati di canapa a marchio “Mary Moonlight”, un’azienda legale, con sede a Milano, che commercia appunto infiorescenze di canapa legale non psicoattiva.

La stampa ha trasformato un sequestro di cannabis light in una grande operazione antidrogaI sequestri sono infatti stati effettuati in parte dentro un negozio di proprietà della stessa azienda e (in massima parte) all’interno del magazzino dell’azienda, prelevando sia canapa già stoccata e messa in busta pronta per il commercio, sia scorte ancora non impacchettate.

L’avvocato Carlo Alberto Zaina, che difende Mary Moonlight, ha prontamente inviato lettere di protesta ai giornali che hanno pubblicato la notizia errata, chiedendo una rettifica. Nella lettera si spiega che: «La merce è pienamente conforme ai principi sanciti dalla L. 242/2016, in quanto si tratta di canapa industriale, munita di certificazioni del tutto idonee ad escludere che essa possa essere ritenuta equiparabile a sostanza stupefacente.

Le certificazioni in parola attestano sia il livello di THC nei limiti di norma, che la provenienza genetica – confrome alla direttiva UE del 2002 – dei prodotti della coltivazione. Sono in corso azioni giurisdizionali al fine di ottenere la celere restituzione di tutti i prodotti sequestrati. Questo tipo di informazione crea un clima di intolleranza nei confronti di attività commerciali che operano in regime di assoluta legalità, inducendo, così, il pubblico a ritenere che questi esercizi fungano da copertura di attività illecite».

L’azienda Mary Moonlight non attraversa un periodo particolarmente fortunato, visto che già poche settimane fa era stata al centro di un altro sequestro. Pietro Moramarco, amministratore dell’azienda, chiede a tutti i protagonisti del settore di trovare un’unità per rispondere agli attacchi giudiziari: «Era normale in questa situazione commerciale che l’azienda più attiva avrebbe per prima avuto delle problematiche a causa della non regolamentazione del fiore in modo chiaro, chiediamo l’appoggio anche delle altre aziende del settore affinché non tocchino anche a loro le stesse problematiche. Siamo tutti sulla stessa barca. Speriamo che questo caso, dove abbiamo fatto da capro espiatorio, porti ad una riflessione statale per regolamentare il mercato, e quindi che da una cosa negativa possa nascere qualcosa di buono che porti ad un cambiamento. Di fatto gli attacchi riguardano il fiore di canapa in generale, senza distinzione tra 0,2 e 0,6% di THC»



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