La protesta contro i robot era una trovata di marketing
Un piccolo corteo di protesta ha imperversato nelle strade di Austin, in Texas, in concomitanza con il SXSW, una delle più importanti fiere di tecnologia degli USA che si è svolta nella seconda metà di marzo. Bersaglio degli attivisti sono stati robot e intelligenze artificiali, il loro scopo quello di sensibilizzare tutti noi riguardo ai rischi che non ci stiamo accorgendo di correre favorendo questo tipo di innovazioni.
O almeno è quello che ci hanno fatto credere. Un volto simpatico, un hashtag e un paio di pagine social sono infatti bastati a far cascare una manciata di siti di news, da Yahoo! a TechCrunch fino alla BBC in uno scherzo architettato alla perfezione. Il gruppo, formato da una ventina di persone che si sono presentate al pubblico come studenti dell’università Austin, ha imbracciato cartelli con scritto “Human are the Future” e intonato slogan come “I say robot/you say no-bot”. Tutti indossavano una t-shirt blu con il nome del collettivo, Stop the Robots.
Il rappresentante del gruppo, un giovane con barba, occhiali e capelli lunghi, si è presentato come Adam Mason (il suo vero nome è Adam Williams) ed è stato per qualche giorno al centro delle attenzioni di media e giornalisti di tutto il mondo. Ha ripetutamente spiegato che Stop the Robots non è un semplice rigurgito luddista, ma un tentativo di evidenziare quelli che sono gli aspetti più delicati e disumanizzanti della tecnologia. Il suo scopo è quello di sensibilizzare riguardo i possibili rischi, per non farci cogliere impreparati all’invasione delle macchine intelligenti, e riuscire a tenere legati assieme sviluppo tecnologico e valori morali.
Peccato fosse tutto uno scherzo. O meglio: una trovata per pubblicizzare una nuova app di online dating, Quiver, che si propone come missione quella di rendere, appunto, più umano il mondo degli incontri online, al momento troppo dipendente da freddi calcoli e algoritmi. Viral Marketing da manuale si direbbe, anche se non è scontato che la visibilità guadagnata con Stop the Robots verrà effettivamente riversata sul prodotto che si nasconde dietro.
In un comunicato la startup dietro i finti attivisti ha scritto: «Quando abbiamo pianificato la protesta, non ci aspettavamo di ricevere così tanta attenzione in così poco tempo. Siamo rimasti sconvolti e meravigliati dalla risposta delle persone. Siamo stati contattati da scienziati, futurologi e studenti che si sono dimostrati tutti estremamente interessati a quello che avevamo da dire. Con Stop the Robots abbiamo evidentemente toccato il nervo scoperto di una questione controversa e fatto emergere una tematica che sta a cuore a molte persone».
Williams è stato il primo a dichiararsi sorpreso dal successo dell’iniziativa, che era stata inizialmente pianificata solo per sabato. Dato lo scompiglio causato, la startup di Quiver ha deciso di cavalcare l’onda, rimandando il disclosure. Il fatto che questo simpatico hoax abbia avuto così tanta risonanza è forse spiegato dai sentimenti contrastanti della curiosità e del timore che proviamo di fronte a tematiche così complesse come quella dell’Intelligenza Artificiale.
Certo che la finalità di marketing, una volta svelata, ha in un colpo fatto svanire il fascino donchisciottesco che Stop the Robots aveva creato attorno a sé. Quello che rimane, per il momento, è solo la scarsa capacità di discriminare il vero dal falso dimostrata da molte realtà d’informazione. Chissà se i robot riusciranno, almeno, a essere un poco meno ingenui di noi umani.