La prima volta dei Beatles con la marijuana (per mano di Bob Dylan)
Una notte, quella del 1964, che vide cinque degli artisti più famosi dell'epoca riuniti al sesto piano di un hotel per fumare della marijuana
Era il 28 agosto 1964. Sono passati 60 anni da quella notte, apparentemente innocua, che cambiò per sempre il futuro della musica. I Beatles fumarono per la prima volta della marijuana, rimanendone folgorati.
La band britannica, già agli apici del successo, alloggiava al Delmonico Hotel in Park Avenue, New York City. Dove giornalisti, fotografi, celebrità e oltre 3mila persone si erano schierate in file di otto per incontrarli. Ma nessuno poteva accedere alla suite al sesto piano che li ospitava. Nessuno tranne uno: Bob Dylan.
Il cantautore statunitense, insieme all’allora giornalista del New York Post Al Aronowitz, furono gli unici a poter incontrare il quartetto più famoso dell’epoca, che stava consumando la cena servita in camera in compagnia di Brian Epstein e Neil Aspinall, rispettivamente manager e road manager dei Beatles.
«Dai ragazzi, ho con me qualcosa di più naturale, qualcosa di verde», fece Dylan cacciando della marijuana, dopo aver rifiutato i “cuori viola” (pillole di anfetamina Drinamyl) offertigli dai ragazzi. Che subito confessarono di non aver mai fumato prima d’ora.
Incredulo, Dylan scrutò i volti dei suoi interlocutori. «E che mi dite di “I Want to Hold Your Hand” quando cantate “and when I touch you I get high, I get high” (e quando ti tocco io mi sballo, io mi sballo)».
«Quelle non sono le parole giuste», ammise imbarazzato John Lennon. Il testo infatti recitava “I can’t hide” (non posso nascondermi) e non “I get high” (io mi sballo).
TRA I BEATLES E LA MARIJUANA FU AMORE A PRIMA VISTA
Chiarito il malinteso, i Beatles e i loro ospiti si misero subito a lavoro. Il primo step fu spostarsi in una delle camere da letto vicine, per via dei poliziotti e dei camerieri che sfilavano a raffica dentro e fuori la suite.
«Era la prima volta che fumavo davvero della marijuana e ridevo, ridevo e ridevo», avrebbe dichiarato Ringo diversi anni dopo in un’intervista televisiva. Batterista che fu soprannominato da Lennon “l’assaggiatore reale”.
Perché da neofita e ignaro dell’etichetta, che prevede di far girare la canna tra tutti i presenti, la fumò per intera come se fosse una sigaretta. Inconveniente che Maymudes (tour manager di Dylan) si preoccupò di risolvere in pochi minuti, preparando ad ognuno il proprio spinello.
«Non ricordo molto di cosa abbiamo parlato», avrebbe dichiarato Lennon, stando a quanto riportato nell’Antologia dei Beatles. «Stavamo fumando erba, bevendo vino e in generale eravamo rock’n’roller e ridevamo».
Ma molto probabilmente fu Paul McCartney a vivere l’esperienza più intensa quella notte. Il cantante e bassista dei Beatles infatti, pensò di vivere un vero e proprio momento d’illuminazione.
«Passai l’intera notte a correre in giro e poi, quando tornai in camera da letto, scoprii il Senso della Vita», ha raccontato Paul, che su un pezzo di carta procuratogli dall’assistente Mal Evans quella notte annotò: “Ci sono sette livelli”.
«È un commento piuttosto sintetico; si riferisce a molte delle principali religioni, ma all’epoca non ne ero a conoscenza», ha dichiarato McCartney a Berry Miles trent’anni dopo. Ammettendo che: «Eravamo un po’ orgogliosi che Dylan ci avesse iniziato alla marijuana. Era come essere iniziati alla meditazione e ricevere il mantra dal Maharishi», un mistico e filosofo guru indiano.
L’INFLUENZA (SENZA TEMPO) DELLA MARIJUANA SUI BEATLES
«Fino all’avvento del rap, la musica pop è rimasta largamente influenzata da quella notte al Delmonico. L’incontro non cambiò solo la musica pop, cambiò i tempi», ha dichiarato in seguito Aronowitz.
Ben presto infatti, parole come “high” e “grass” cominciarono a riempire i testi dei Beatles, che sfornarono canzoni come “A Day in the Life” o “With a Little Help from My Friends”, che fanno riferimento alla marijuana.
Prima tra tutte però ricordiamo “Got to Get You into My Life”, scritta da McCartney e presente nel settimo album della band Revolver. «È un’ode alla marijuana come se qualcun altro avesse scritto un’ode al cioccolato» ha raccontato il bassista. «Mi è piaciuta, non mi ha dato fastidio, e per me è stato un espansore della mente, letteralmente».
La cannabis per i Beatles infatti era molto più di un semplice svago, ma fonte d’ispirazione. «Si stava studiando l’idea che la musica potesse essere fatta attraverso la marijuana», ha raccontato ancora McCartney. «Quindi si fumava uno spinello e poi ci si sedeva al pianoforte e si pensava: ‘Ah, questa potrebbe essere un’ottima idea’».