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La politica deve sporcarsi le mani e superare i preconcetti

La politica deve sporcarsi le mani e superare i preconcetti

Mai come in questo periodo si avverte uno scollamento fra i palazzi della politica (e del potere) e noi cittadini.

Non si tratta del classico luogo comune, quanto piuttosto della forte e chiara percezione dell’allargamento progressivo ed irreversibile di una frattura fra chi – più o meno casualmente o fortunosamente – è giunto a sedere, forse in modo anche non pienamente consapevole su importanti scranni parlamentari e chi rimane fuori dall’uscio, nella triste e speranzosa quotidianità di un cambiamento.

Il vallo che si è creato e che si sta consolidando appare ancor più significativo in materia di cannabis. È, ormai, un ben triste ritornello quello dei consueti e periodici annunzi roboanti di prossime discussioni parlamentari di progetti di legge, cui puntualmente fa seguito il rinvio a data da destinarsi, determinato da ragioni mai precisamente chiarite.

Non intendo cadere nel solito qualunquismo di maniera, proprio di chi si lamenta in modo poco costruttivo. Desidero, piuttosto, senza affrontare i meccanismi – farraginosi – dati dai regolamenti parlamentari, che permettono, addirittura, di coniugare e discutere al contempo progetti di legge sulla stessa materia, di taglio del tutto opposto (ad esempio il ddl pro ed un ddl anticannabis), fare una elementare riflessione di metodo e avanzare un invito.

Come altri operatori del settore, sono ogni giorno in trincea per la difesa dei diritti civili.

Uno di questi diritti civili è quello che ciascun cittadino non sia perseguito penalmente per il consumo di cannabis. Viviamo, infatti, in un sistema del tutto ipocrita, poco coerente e compatibile con quello che pomposamente chiamiamo Stato di diritto. Le garanzie di difesa del singolo (soprattutto in materia penale) vengono sistematicamente calpestate, con la giustificazione (inaccettabile) di giungere a rapide definizioni dei processi.

Nella materia degli stupefacenti e della canapa, in particolare, il singolo consumatore od il singolo coltivatore per il proprio fabbisogno fruisce solo in linea teorica della presunzione di non colpevolezza. In realtà, sono sotto gli occhi di tutti le modalità con le quali, costantemente, il singolo viene criminalizzato e denunziato per avere violato l’art. 73 dpr 309/90, detenendo – senza che vi sia minima attività di cessione a terzi – pochi grammi per il proprio consumo, oppure per avere coltivato sul balcone di casa qualche piantina di canapa.

La politica deve sporcarsi le mani e superare i preconcettiIn verità, negli ultimi tempi è venuto meno quel furore poliziesco ed inquisitorio, in base al quale molti giovani venivano arrestati, anche in situazioni che avrebbero giustificato, già difficoltosamente una mera denunzia in stato di libertà. Rimane, però, il trauma del procedimento e tutti quei pesi – anche economici e relazionali – che potrebbero, con una maggiore elasticità, essere evitati per persone giovani, ma anche non più giovani, sovente al primo impatto con la giustizia penale.

È necessario tentare in tutti i modi di recuperare il gap creatosi e colmare lo spazio interstiziale fra eletti e base popolare. Se non si prende coscienza e conoscenza degli effetti perversi della legislazione vigente e della distorta applicazione di norme poco chiare e, comunque, giustizialiste, nulla potrà mutare.

Ed allora, chiedo a coloro che sostengono di rappresentare i cittadini di uscire dal palazzo e mescolarsi con i loro rappresentati per sapere e capire.

Chiedo che lo facciano con umiltà e con volontà realmente costruttiva. Non bastano petizioni di principio o post roboanti su Facebook o su altri social. Uscite e girate le città ed i paesi.

Dovete sporcarvi le mani e calarvi nella realtà di un mondo, quello ad esempio della cannabis e dei suoi consumatori, che – con le sue contraddizioni – non conoscete affatto o che conoscete solo per sentito dire, con tutti i pregiudizi che ne derivano. Dovete informarvi e studiare, perché nella stragrande maggioranza dei casi Voi, che vi piccate di stare in Parlamento, siete impreparati sulla cannabis, così come siete impreparati su quasi tutto dobbiate decidere.

Dovete ragionare ed essere liberi di pensiero, superando preconcetti. La conoscenza, che come ho detto, è presupposto necessario per affrontare un problema, vi deve rendere consapevoli e capaci di non subire diktat tanto strumentali, quanto figli di crassa ignoranza.

Dovete avere il coraggio di remare contro corrente, a rischio delle vostre certezze e non dovete anteporre la vostra comoda carriera parlamentare alla tutela dei cittadini. Iniziate a leggere le sentenze, a frequentare i tribunali, a confrontarvi con magistrati, forze dell’ordine, avvocati, imputati. Chiedete se non capite e non temete di non aver capito.

Promuovete incontri che non siano inutili, fini a se stessi, autoreferenziali e, quindi, privi di effetti concreti in relazione alle necessità di persone che vivono in uno stato di piena e grave incertezza. Siamo stanchi di manifestazioni che non servono a nulla, se non a creare falsi monopoli.

Soprattutto, come ho detto studiate, perché quella della canapa (sia cannabis, che light) è una materia seria, importante e che non ammette ignoranza o pressapochismo. Non so quanti dei nostri onorevoli o senatori avranno modo od interesse di leggere questo mio appello. Sarebbe sufficiente – al fine che si persegue – che anche poche qualificate voci si levassero, proponendo un nuovo approccio metodologico, fatto di confronto ed informazione.

Soprattutto, però, è necessario che chi intende impegnarsi sul tema cannabis non lo faccia come mera passerella di immagine (che di esempi sul punto ne abbiamo avuto e ne abbiamo numerosi), ma intenda tenere il punto, anche a costo di cocenti delusioni e dure sconfitte.

Solo questo way of life può mantenere viva la fiamma della speranza.

La politica deve sporcarsi le mani e superare i preconcetti



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