La pianta perfetta per una vera Green Economy
La cosiddetta Green Economy (GE) è stata identificata a livello internazionale da ONU, OCSE e Banca Mondiale come il principale motore di un cambiamento di lungo periodo basato sul principio del fare “meglio con meno” al fine di salvaguardare il capitale ecologico del nostro pianeta. Ma quali sono i principi guida della GE? Potrebbero questi essere associati allo sviluppo di un settore economico-produttivo della cannabis legale?
Volendo schematizzare brevemente, consideriamo i tre principi guida che, allo stato dell’arte, orientano gli sviluppi della GE. Il principio più noto della GE è quello dell’economia circolare (circular economy), l’adozione di modelli non-lineari di estrazione-produzione-utilizzo-scarto che siano in grado di trasformare i rifiuti dei cicli di produzione-consumo di beni manifatturieri in nuove risorse produttive. I benefici attesi dalla circolarità sono la riduzione degli sprechi e il riutilizzo di risorse naturali con conseguente minore pressione sulle riserve di capitale naturale esistenti, riorganizzando le filiere produttive in un’ottica di riuso circolare delle risorse.
Seconda componente ritenuta cruciale per l’implementazione della GE è il riorientamento del settore energetico alla luce del problema del surriscaldamento globale del pianeta. Se vogliamo non ottenere la doppia concentrazione di biossido di carbonio nell’atmosfera nel 2050 rispetto a quella odierna, secondo alcune stime, dobbiamo ridurre di 200 miliardi di tonnellate le emissioni di carbonio da oggi sino ad allora. Questo implica il maggior utilizzo di energie pulite e carburanti eco-sostenibili, l’adozione di tecniche colturali conservative che riducano la concentrazione di anidride carbonica nel suolo, la razionalizzazione dei consumi elettrici e la creazione di un Internet dell’energia, una rete elettrica intelligente in grado di integrare nella distribuzione di energia impianti fotovoltaici domestici o aziendali, accumulatori installati nelle case o sulle automobili ed elettrodomestici intelligenti.
In terzo luogo, la GE si distingue per il forte accento posto sul concetto di eco-efficienza (ecological efficiency) sia rispetto agli input, ovvero a parità di prodotto minimizzare energia e materie prime impiegate, sia rispetto agli output, ossia minimizzare la quantità di rifiuti ed emissioni per unità di prodotto. L’intero processo di conversione-riconversione di risorse naturali in beni manifatturieri deve essere eco-efficiente e a tale scopo sono essenziali soluzioni eco-innovative che affrontino le criticità ecologiche e migliorino, in termini di sostenibilità, i comportamenti collettivi di consumo e produzione di risorse.
Perché la cannabis
Il settore economico della cannabis libera potrebbe assumere assetto e organizzazione coerenti con i principi appena discussi e rappresentare un’interessante caso-pilota.
In primo luogo la cannabis può giocare un ruolo determinante nell’economia circolare. I semi sono un’utile risorsa alimentare ricca di proteine, carboidrati, minerali e vitamine. Gli oli ottenuti dalle sementi possono essere utilizzati per usi medicali e per la realizzazione di eco-carburante utilizzabile all’interno di un normale motore diesel, ottenendo una fonte di energia a impatto zero in termini di emissioni di carbonio. La fibra ottenuta dalla parte esterna del fusto può rimpiazzare negli utilizzi tessili il cotone il quale richiede, in confronto alla canapa, il quadruplo di acqua, pesticidi e fertilizzanti o per la produzione di carta. Il canapulo può essere utile per realizzare “mattoni di canapa” resistenti al fuoco, durevoli nel tempo e in grado di assorbire CO2 dall’atmosfera, isolanti, intonaci o pannelli. Le foglie si possono utilizzare per preparati medicali, come cibo per animali o al fine di realizzare composti per la riqualificazione del suolo agricolo, obiettivo rispetto al quale la cannabis è anche una delle migliori colture rotazionali.
Secondo: fino alla parte finale del XIX secolo, il combustibile più utilizzato negli USA per alimentare lampade, o altri strumenti, era un derivato dell’olio di canapa: molto economico, facile da produrre e non generante scorie o rifiuti. Per la sua alta resa in massa vegetale, la cannabis è infatti considerata ideale per la produzione di combustibili da biomasse, come l’etanolo, o biodiesel. Da questi ne risulta un carburante puro, economico e producibile su larga scala a impatto ambientale bassissimo. Diesel stesso aveva costruito il suo famoso motore a scoppio, nel 1890, pensando di utilizzare combustibili da biomasse. Le potenti lobby del tempo non erano dello stesso avviso, ma questo non toglie un fatto eclatante: l’intera industria automobilistica sarebbe esistita anche senza plastica e petrolio, come dimostrò Henry Ford quando nel 1941, in pieno proibizionismo, creò la Hemp Body Car, la prima autovettura con carrozzeria in fibra di canapa e alimentazione a biodiesel canaposo.
Infine, la coltivazione di cannabis è maggiormente eco-efficiente di qualunque altra cultura sia in termini di input, come detto per il cotone, sia in termini di output, data la piena riciclabilità della pianta. Gli utilizzi potenziali di ogni parte della pianta sono moltissimi; per citarne solo alcuni: la produzione di tessuti che sfruttano le proprietà anti-batteriche della canapa per combattere la diffusione infra-ospedaliera di infezioni da stafilococco; l’utilizzo delle fibre di canapa per sostituire il grafene, costoso e ricco di carbonio, come materiale nello sviluppo di nano-tecnologie; infine la realizzazione di plastiche compostabili.
Un esempio
Fondere assieme GE e mercati liberi della cannabis non può dunque che aumentare i ritorni attesi della legalizzazione. Secondo alcune stime, i ricavi complessivi della sola vendita di marijuana a fumatori sarebbero attorno ai 65 miliardi di dollari all’anno, tra cui un gettito d’imposta nel caso di completa legalizzazione pari, a prezzi correnti, ai 15 miliardi di dollari. A questi ricavi si sommino i ricavi derivanti dagli spin-off commerciali e agricoli, stimati pari a circa 100 miliardi di dollari annui, e i minori costi pubblici per il contrasto della criminalità in caso di proibizione (altri 10 miliardi di dollari, stando bassi). Senza considerare altro, siamo già vicini a un affare da 200 miliardi di dollari all’anno. Se a questi ricavi facilmente stimabili sommiamo i benefici della legalizzazione in termini di sicurezza e salute pubblica, arriviamo davvero a cifre astronomiche.
a cura di Diego Lanzi
Studioso di scienze sociali, oltre a essere un produttore discografico e dj di Bologna