La guerra rilancia l’hashish libanese (mentre nasce la varietà siriana)
La guerra in Siria ha aumentato consumo e traffico di cannabis nelle regioni mediorientali. Ripartono le coltivazioni libanesi, si sopravvive con la cannabis nelle zone al confine con la Turchia, si aspetta l’Isis col proiettile in canna.
Contadini siriani fra due fuochi. Syria Deeply in questo articolo spiega che nella regione di Jabal al-Zawiya compresa fra le città di Idlib, Aleppo, Kobane e il confine con la Turchia si sono coltivati ulivi e cotone fino all’inizio di questa guerra. La zona è contesa fra Isis e l’alleanza temporanea di eserciti e milizie. Nel 2011 l’esercito siriano dell’attuale presidente Bashar al-Assad ha sterminato alcuni villaggi. In questa regione già povera e poi messa in ginocchio dalla guerra, i sopravvissuti hanno rapidamente riconvertito le coltivazioni dall’ulivo alla cannabis, da trasportare nelle città Siriane o in Turchia con l’aiuto dei miliziani curdi. Sempre accusati di narcotraffico dai governi turchi ma oggi diventati strategici per la difesa dei confini.
In Siria si fuma per combattere o dimenticare. Finora la Siria è stata regione di solo passaggio del traffico proveniente da Afganistan e Pakistan. Il regime ha sempre vantato un consumo interno quasi nullo ma ora, con la guerra, è aumentata la richiesta ed è nata una produzione. Per sopravvivere, per combattere o per dimenticare. Difficile scordare gli attacchi dell’Isis e quindi i contadini al confine con la Turchia hanno chiesto protezione ai combattenti del Fronte Rivoluzionario Siriano. Alleato di quell’esercito di Assad che aveva massacrato qualche anno prima genitori e parenti di questi nuovi coltivatori di cannabis. I militari chiedono la metà dei guadagni per tenere a bada le incursioni dei fondamentalisti.
Profughi siriani nella valle dell’hashish. La fertile valle della Bekaa in Libano è difesa da decenni con le armi contro le incursioni dei militari che si vantano di contrastare il traffico di hashish. Illegale dal 1929 per mano francese, negli anni 90 il governo ha avviato un piano di eradicazione di massa delle coltivazioni, portando alla fame e all’emigrazione i contadini che in cambio della proibizione a coltivare cannabis non hanno ricevuto gli aiuti promessi. La brillante operazione antidroga è stata poi completata dalle truppe siriane che invasero la regione durante la guerra civile libanese. Oggi la Siria ha dovuto non solo ritirare l’esercito dal Libano ma ha visto migliaia di sue famiglie, sciite e sunnite, rifugiarsi proprio qui, nelle rispettive comunità della valle della Bekka. È così aumentato il potenziale esplosivo fra i clan che controllano l’hashish e si sono viste sparatorie non più con l’esercito libanese, ma fra coltivatori sciiti contro sunniti. La guerra in Siria ha invece spostato l’attenzione del governo libanese su cose più serie che sradicare piante di cannabis. Ad esempio arginare il fiume di rifugiati e le infiltrazioni dei terroristi dello Stato Islamico.
Rinascita della cannabis libanese. E così libano giallo e rosso riconquistano il loro posto sul mercato, non più europeo ma mediorientale, in crescita qui come in occidente. In questo articolo, Gulf News ci racconta che l’ex signore della guerra e oggi influente politico libanese Walid Jumblatt ha proposto la legalizzazione della cannabis in Libano. Non si conoscono i motivi veri dell’adesione del druso Jumblatt alla lotta per la legalizzazione ma la sua proposta non piace ai coltivatori, che temono una riduzione dei prezzi. Uno dei veri obiettivi della legalizzazione alla Jumblatt potrebbe essere l’indebolimento degli Hezbollah sciiti che controllano buona parte delle zone di coltivazione. Questi sono alleati di Assad contro l’Isis, sono anch’essi islamisti radicali ma di fronte alle piante in fiore chiudono un occhio.
I coltivatori acquistano peso militare e politico. Le prime fattorie Libanesi si trovano a 30 Km dal confine siriano e l’Isis ha già compiuto incursioni nella valle della Bekaa. Oltre all’alleanza almeno temporanea con Hezbollah, i proprietari difendono la loro cannabis con veterani della guerra civile libanese bene armati, che respingono eserciti regolari o bande fondamentaliste dai villaggi, siano essi sunniti, sciiti o cristiani. Le forze di sicurezza libanesi si sono trovate costrette ad accettare la collaborazione degli emiri dell’hashish e dei loro eserciti per far fronte alla minaccia dell’Isis. Ali Nasri Shamas si può considerare il capo dei coltivatori libanesi e la sua azienda agricola impiega alcune centinaia di dipendenti. Come scritto dal Telegraph in questo articolo, nella sua fattoria Shamas parla a viso aperto davanti ai giornalisti e non si nasconde alle forze armate governative, che ormai lo considerano un interlocutore a pieno titolo. Dopo le promesse di aiuti ai coltivatori non mantenute ne’ dai libanesi, né dai siriani, e dopo la sua aperta denuncia dei politici libanesi corrotti, Shamas è diventato un imprenditore agricolo, un leader politico e un capo militare. Un emiro che al momento Isis non ha ancora osato sfidare.
Image credits: Rebecca Collard/Time; Sensi Seeds; Ruth Sherlock/The Telegraph