La grappa
Riecco un altro ferragosto, in un mese duro “oltre il cancello”; la posta scarseggia, il pensiero corre al mare e a chi, beati loro, se lo può godere. Sarà forse per questo motivo che vi passerò la ricetta di un genere di conforto, anche se la pratica che vi descrivo è ormai caduta in disuso (forse).
La distillazione della grappa, se così si può chiamare “oltre il cancello”, è un procedimento lungo e complicato, per il quale è richiesto una pazienza giustificata solo dall’importanza che assume un distillato, seppur d’infima qualità, in una realtà da cui sono banditi i superalcolici e razionati i pochi alcolici permessi. I sistemi per ottenerla sono principalmente due, e per entrambi è necessaria la costruzione di un rudimentale alambicco, differente a seconda del metodo.
Sistema n. 1:
In una pentola non molto bella, versate 1,5 L di vino bianco (6 quarte). Costruite un raccoglitore, ricavandolo dalla parte finale di un mestolo, a cui avrete tolto il manico e praticato due forellini paralleli sul bordo superiore, in modo da poterlo sospendere, tramite due fili di rame, al centro della pentola, con la parte concava rivolta verso l’alto e quella convessa, sospesa, a poca distanza dal vino bianco sottostante. I fili di rame terranno sospeso il nostro raccoglitore, perché agganciati ai bordi della pentola. A questo punto, coprite la vostra pentola con un coperchio, leggermente incurvato verso l’interno, di modo che le goccioline che su di esso si depositeranno, per evaporazione, possano ricadere nel raccoglitore sottostante. Naturalmente è necessario mettere la pentola sul fuoco. Otterrete così, un quartino di pessimo distillato, ad alto tasso metilico, ideale tanto per la correzione del caffè, quanto per lenire l’ansia da prigione.
Sistema n.2:
Mettete a macerare in un secchio, tutta la frutta che avete in eccesso e che inizia a decomporsi, aggiungendovi una consistente quantità di zucchero e lasciatela a macerare per almeno 48 ore, rimescolandola un paio di volte al giorno. Completato questo processo, riponete il vostro composto, anche a rate se la quantità fosse abbondante, in una pentola che sigillerete ermeticamente, tramite un coperchio di sfoglia, fatta d’acqua e farina e al limite, un uovo, proprio come quella per fare la pasta. In questo coperchio, inserirete, altrettanto ermeticamente, un tubicino di metallo (ad es. l’antenna della televisione), avendo cura di rivolgerlo verso il basso con l’estremità inferiore in una bottiglia o altro recipiente, nel quale verrà pazientemente raccolto il distillato che, cadrà a goccia a goccia, una volta acceso il fornello sotto il nostro clandestino alambicco.