La Fini-Giovanardi finalmente al vaglio della corte costituzionale
La fissazione, 12 febbraio, dell’udienza di discussione innanzi alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale che riguarda plurimi aspetti del DPR 309/90 ha suscitato molto fermento ed attesa. E’ pacifico sostenere che un’eventuale decisione di accoglimento delle eccezioni proposte potrebbe schiudere prospettive di elevata novità. Tale ipotesi imporrebbe – con il ritorno al regime antecedente alla L. 49/2006 cd. FINI-GIOVANARDI – la necessità di un celere intervento legislativo che innovi la struttura del DPR 309/90.
Cosa effettivamente può succedere nel giudizio dinanzi alla Consulta? Due sono le possibilità. In primo luogo, si deve ricordare che le questioni sottoposte all’attenzione della Consulta sono sostanzialmente due. 1. La prima attiene al contrasto rilevato fra l’art. 73 comma 1 bis dpr 309/90, da un lato, e, gli artt. 3, 24, 27 Cost., in relazione alla intervenuta parificazione sul piano sanzionatorio delle droghe legge (cannabis) e delle droghe pesanti (cocaina, eroina ed altre). Ci si duole della illogicità ed irragionevolezza di sanzionare nella medesima misura condotte concernenti sostanze, tra loro assolutamente differenti e suscettibili di produrre effetti di diversa gravità. 2. La seconda, invece, si sofferma sul conflitto insorto fra il DL. 272/2005 convertito nella L. 49/2006 – che modifica il dpr 309/90 – e l’art. 77 comma 2° Cost..
Quest’ulteriore eccezione, a propria volta, investe tutta la legge FINI-GIOVANARDI, contestando la correttezza della procedura adottata dal Governo e dal Parlamento dell’epoca, per la modifica della normativa sugli stupefacenti. Ad un attento esame del procedimento risulterebbero mancati i requisiti di necessità ed urgenza che l’art. 77 della Cost. richiede. Non tutti sanno che la legge 49/2006 venne approvata con inusitata urgenza e velocità, in quanto venne inserita – ingiustificatamente – in un più ampio provvedimento di finanziamento delle Olimpiadi invernali di Torino, adottato con un Decreto-legge, che fu convertito in legge a colpi di voti di fiducia (senza un percorso valutativo adeguato). Se si pensa che attualmente, la valutazione di alcune proposte legislative di modifica del DPR 309/90 (le quali appaiono inadeguate) viene svolta dalla relativa commissione Parlamentare con tempi assai lenti, procedendo, inutilmente, all’audizione conoscitiva di qualsiasi soggetto sia ritenuto utile, ci si renderà conto dell’arbitrarietà della procedura a suo tempo adottata.
Uno dei principali quesiti che sorge naturale riguarda quali conseguenze possano derivare da una pronunzia di incostituzionalità. a) per chi già stia scontando una pena a causa di quella legge o sia in attesa di scontarla e, quindi sia stato giudicato con sentenza definitiva; b) per chi abbia in corso un procedimento penale non ancora definito. Nel primo caso, la persona è stata già condannata in via definitiva. Viene preclusa qualsiasi possibilità di effetto modificativo in meglio di un’eventuale pronunzia favorevole in favore del condannato (art. 2 comma 4 c.p.). Nel secondo caso, invece, l’imputato/indagato può chiedere (e deve ottenere) la sospensione del procedimento in corso, in quanto il citato articolo 2 comma 3 cp, come si è detto, non si applica solo a sentenze irrevocabili.
Quest’opportunità, quindi, appare compatibile anche con giudizi di secondo grado, o anche giudizi pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione.