Electro zone

La dubstep in Italia: Elastica Records

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Tappa in una delle label italiane più importanti per la bass music made in Italy. Mentre in Inghilterra iniziava a spopolare la dubstep, in Toscana alcuni dj e producer di ampie vedute, misero su la prima etichetta che parlava inglese, Elastica Records: ne abbiamo parlato con il fondatore “Tuzzy”.

Ciao Tuzzy, rompiamo il ghiaccio: come nasce Elastica?
Il progetto Elastica nasce nel 2006 da un’intuizione di Simone Fabbroni (titolare dell’Exmud, il tempio della drum’n’bass) che mi propose di lanciare una label dubstep. Io in quel periodo avevo un marchio che si occupava di minimal/house e l’idea di fondare una label che si occupasse di altre sonorità mi intrigava molto. Quindi andammo a Londra per un weekend. Due serate con Mala e Dmz ed ebbi la folgorazione. Voglio produrre dubstep! Rimasi stupito dal modo di vivere il club. Per 3 anni pubblicammo solo vinili esordendo con un disco rimasto storico “Numa Crew”. Ai tempi eravamo appena diciottenni. Coinvolsi poi tutta la vecchia guardia raggae/dub con cui avevo lavorato e collaborato in passato tra cui Madaski, Zion Train, Almamegretta con l’idea di fare dei remix dei loro brani. Fu da subito un successo. Sono passati quasi dieci anni ed Elastica è fiorente più che mai!

Quali sono i principi e le sonorità della label?

Elastica nasce come label dubstep. Da subito però ho notato che il nostro suono era trasversale e, per questo, ho suggerito agli artisti di mantenerlo tale. Abbiamo sempre cercato di anticipare i tempi con sonorità reggae quando spopolava solo il wobble e sonorità notturne e introspettive agli albori della bass music. Ci siamo perciò sempre trovati a nostro agio nel cambiamento di genere e di gusti. Attualmente in casa Elastica la parola d’ordine è: stupire con nuove sonorità. 
C’è un’aria democratica nella label e mi affido molto alla sensibilità artistica di ogni produttore. L’importante è che dietro alla produzione ci sia un concetto, un’idea che vada al di là del solo aspetto musicale.

E il 2014 che anno è stato per voi?
Ottimo, per un sacco di motivi. In primis per la nostra partecipazione al Red Bull Culture Clash a maggio, contesto mainstream che ci ha dato la possibilità di comunicare il nostro linguaggio ad un pubblico distratto. Il successo è stato grande. 
Il 2014 è stato anche l’anno che ha consacrato Elastica come label di riferimento non solo per la dubstep. Abbiamo ricevuto un sacco di ottimi dischi e proposte. Abbiamo lanciato artisti come Ioshi, Bangalore, Gropina già proiettati nel futuro con produzioni di Bass music. Abbiamo pubblicato una compilation di successo prodotta da Andypop incentrata sul suono garage. E ancora The Natural dub cluster, Dedubros, Insintesi, Deleted Soul e molti altri. Consiglio un ascolto sui nostri canali, rimarrete stupiti dal nostro eclettismo. E nel 2015 vi stupiremo ancora di più!

Come sta la creatura Antiplastic?
È un progetto in divenire, nel 2013 è uscito il disco di esordio, scritto quasi interamente da me di getto in 3 mesi, che ha riscosso un ottimo successo. Adesso la band è più matura e stiamo completando il secondo disco. Abbiamo invitato ospiti a cantare e suonare con noi, un paio di nomi su tutti: Dub Fx ed Ensi. Ne comincerete a sentir parlare da marzo!

Per chiudere: tre dischi fondamentali.
Il disco consigliato è “Numa Crew”, anche se sono personalmente coinvolto avendolo sentito e visto nascere, lo considero un disco ben fatto, calibrato ed efficace. Un secondo disco che consiglio molto e il nuovo di Leonard Cohen “Popular problems”, tutt’altro genere ma lì c’è la vera essenza della musica. Il terzo disco che ho ascoltato con interesse è “C’mon Tigre”, un collettivo italo francese che propone un sound a cavallo tra l’elettronica e il rock. Molto interessante, graffiante e ipnotico.

Francesco Cristiano
 – www.ciroma.org

 



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