La democrazia del manganello
Sugli scontri a Trieste e la violenza di Stato
A prescindere da quale angolazione s’intenda assumere per osservare quello che sta accadendo in Italia, stride comunque forte la discromia fra il Paese reale, vissuto nelle piazze e nei porti fra orde di cittadini esasperati e il Paese delle chiacchiere, vissuto all’interno di piazze blindate, fra coloro che discorrono in astratto cullandosi nell’ombra delle istituzioni.
Il Paese delle chiacchiere, nell’occasione targato CGIL, è sceso in piazza sabato, per protestare contro qualunque rigurgito fascista e rivendicare il diritto alla democrazia quale fondamento della nostra società.
Il Paese reale scende in piazza ogni sabato da un paio di mesi con sempre più veemenza, per protestare contro l’introduzione del green pass obbligatorio per tutti i lavoratori, uno strumento privo di qualsiasi motivazione sanitaria e ancora più privo di qualsivoglia spirito democratico.
Nel corso della scorsa settimana i portuali di Trieste, vaccinati e non, si sono fatti portavoce della crescente battaglia contro il green pass, con la propria decisione di scioperare a oltranza fino a quando il provvedimento del governo non fosse stato ritirato. Con questa loro decisione sono diventati contemporaneamente un esempio per chiunque oggi in Italia si opponga alla logica della carta verde e un grattacapo per chi spinge i bottoni nelle stanze del potere, dal momento che un blocco del porto di Trieste creerebbe disagi non indifferenti non solo in Italia ma anche all’estero.
Ieri mattina le forze dell’ordine, con l’appoggio morale del Paese delle chiacchiere che ama riempirsi la bocca di parole come antifascismo e democrazia, hanno sgomberato con l‘uso della violenza il presidio molto partecipato ma assolutamente pacifico dei portuali di Trieste. E lo hanno fatto sparando con gli idranti, manganellando alla rinfusa e lanciando lacrimogeni a pioggia su manifestanti pacifici che seduti a terra praticavano la resistenza passiva. Una donna incinta è stata bastonata a sangue, alcuni manifestanti sono rimasti feriti, una scuola elementare adiacente è stata evacuata perché i bimbi non riuscivano più a respirare a causa dei lacrimogeni caduti nel cortile.
Scene di guerriglia urbana e violenza gratuita da parte della polizia, che in passato avevamo già visto, basti pensare al G8 di Genova del 2001 o alla lotta contro il TAV in Val di Susa, ma che in passato il Paese delle chiacchiere aveva sempre condannato fermamente, mentre oggi plaude serenamente all’uso smodato del manganello e del lacrimogeno democratici, utili a reprimere sul nascere qualsiasi voce di dissenso rispetto alle politiche del governo. Plaudono i partiti politici tutti, plaudono i sindacati, plaude la platea dei benpensanti radical chic, sempre pronti a difendere i diritti umani e condannare la repressione violenta delle manifestazioni, purché essa avvenga in Russia, in Cina, in Egitto o in qualche altro Paese che risulta conveniente screditare.
Pur non essendo assolutamente mia intenzione quella di prendere posizione in questa sede su un tema come quello dei vaccini, in merito al quale ritengo ciascuno abbia il diritto di decidere come meglio crede dal momento che concerne la sua salute, non posso evitare di domandarmi cosa ci sia di democratico ed antifascista nell’imposizione coercitiva del green pass all’intera popolazione. Nel fatto che l’Italia sia oggi l’unico Stato in occidente dove i lavoratori sono costretti a farsi iniettare un siero sperimentale o lasciarsi massacrare nel corpo e nel portafoglio con un tampone ogni 48 ore, pena la sospensione dal posto di lavoro senza stipendio, l’emarginazione e la discriminazione.
Se quanto sta accadendo in Italia, e sottolineo solamente in Italia, può venire spacciato come esercizio di democrazia, significa che questa parola è ormai stata svuotata di ogni significato, simile a un guscio vuoto che può essere riempito con qualunque cosa, manganelli, gas lacrimogeno o discriminazione poco importa, dal momento che l’unica cosa importante è riempirsi la bocca con essa.
Non me ne vogliate, ma tornando con la mente a ieri mattina scelgo il Paese reale, dove si soffre e si protesta, ritenendo che il diritto al lavoro non possa essere subordinato all’inoculazione di un siero e la libertà di pensiero non debba essere repressa da un manganello.