La decrescita felice
“Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un pazzo. Oppure un economista.” Il pensiero dell’economista statunitense Kennet Boulding non stupisce: viviamo in un mondo centrato sul guadagno, sull’uso smisurato delle risorse, sulla monetizzazione di ogni cosa. Il concetto di sviluppo è sempre stato in stretto rapporto con il fattore economico. Lo sviluppo non si è mai sganciato dalla (errata) convinzione che il benessere di un Paese sia legato alla crescita del suo Prodotto Interno Lordo. Pertanto si è sempre ritenuto che un innalzamento di questo indicatore corrisponda ad un miglioramento delle condizioni di vita.
Questa ricerca di miglioramento ha assunto anche un valore etico: la società della crescita ha legato il suo destino ad una organizzazione fondata sull’accumulazione. In realtà molti studiosi da tempo sostengono che questa crescita economica si accompagna, a livello collettivo, a una decrescita del benessere psicologico. Malessere, disagio, frustrazione ci affliggono. Se da un lato, infatti, si cerca di aumentare la ricchezza data dal denaro, dall’altro si impoveriscono le relazioni, il benessere, il tempo libero, l’ambiente naturale. E’ chiaro che lo sviluppo inteso come quel processo in grado di soddisfare i desideri e le aspirazioni di tutti, permettendo agli esseri umani di sviluppare la propria personalità non si è mai realizzato.
Lo sviluppo realmente esistente può essere definito come un processo che porta a mercificare i rapporti tra gli uomini e tra gli uomini e la natura. Gli stili di vita fondati sulla crescita illimitata portano gli individui ad essere definiti “tossicodipendenti della crescita”. In questa situazione ciò che risulta necessario per risolvere i problemi è un cambio di rotta, abbandonando la concezione della crescita illimitata e cambiando gli stili di vita individuali.
Realizzare la decrescita felice è una necessità per salvare le nostre vite. La decrescita intende semplicemente ribaltare gli stili di vita e ripristinare l’uso razionale del cervello umano e l’uso razionale dell’energia. Si intende riscoprire il piacere del vivere sociale in maniera non più egoistica ma altruistica.
“La lumaca costruisce la delicata architettura del suo guscio aggiungendo una dopo l’altra delle spire sempre più larghe, poi smette bruscamente e comincia a creare delle circonvoluzioni stavolta decrescenti. Una sola spira più larga darebbe al guscio una dimensione sedici volte più grande. Invece di contribuire al benessere dell’animale, lo graverebbe di un peso eccessivo. A quel punto, qualsiasi aumento della sua produttività servirebbe unicamente a rimediare alle difficoltà create da una dimensione del guscio superiore ai limiti fissati dalla sua finalità. Superato il punto limite dell’ingrandimento delle spire, i problemi della crescita eccessiva si moltiplicano in progressione geometrica, mentre la capacità biologica della lumaca può seguire soltanto, nel migliore dei casi, una progressione aritmetica. Questo divorzio della lumaca dalla ragione geometrica, che per un periodo aveva anche lei sposato, ci mostra la via per pensare una società della decrescita, possibilmente serena e conviviale.”
Questo esempio tratto dal libro di Ivan Illich riassume al meglio il problema della crescita illimitata. Un pianeta finito è incompatibile con una popolazione infinita. Rinunciare a qualcosa è difficile, ma abbiamo veramente bisogno di tutto quello che abbiamo per vivere? Forse dovremmo cominciare anche noi a costruire le nostre circonvoluzioni decrescenti.
a cura di Silvia Crema