La coltivazione di canapa nell’ecosostenibilità delle produzione agricole
«La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario» (A. Einstein). Si apre con questa frase del celebre scienziato, la tesi presentata da Ilenia Scarantino, lo scorso 21 luglio, presso la facoltà di Economia Aziendale dell’Università degli studi di Catania. La dottoressa Scarantino, che durante i suoi studi si è appassionata alla green economy e all’analisi dello sviluppo del mercato della canapa, ha dimostrato quanto la coltivazione di questo vegetale e la trasformazione dei suoi derivati, siano in linea con i principi basilari dell’economia ecologica.
Ilenia ci spiega: «Col termine di green economy si definisce un modello teorico di sviluppo economico che prende origine da un’analisi ecometrica del sistema economico dove oltre ai benefici (aumento del P.I.L.) di un certo regime di produzione, si prende in considerazione anche l’impatto ambientale, cioè i potenziali danni ambientali prodotti dall’intero ciclo di trasformazione delle materie prime a partire dalla loro produzione, passando per il loro trasporto e trasformazione in prodotti finiti, fino ai possibili danni ambientali che produce il loro smaltimento. Tali danni spesso si ripercuotono, in un meccanismo tipico di retroazione negativa, sul P.I.L. stesso che diminuisce a causa della riduzione di resa di attività economiche che traggono vantaggio da una buona qualità dell’ambiente (come avviene in agricoltura, con la pesca, col turismo, nella salute pubblica); per non considerare l’aggravio dei costi per fronteggiare quelli che definiamo disastri naturali e successivi soccorsi e ricostruzioni. Analizzando la filiera della canapa, dalla semina alla produzione di derivati, sino allo smaltimento di essi, ho subito notato il rispetto delle linee guida della green economy: è incredibile come questo vegetale sia in grado di fornire innumerevoli derivati (oltre 50mila), sostituti perfetti di altrettanti prodotti che vengono realizzati attualmente con elevato spreco di energia, risorse naturali ed inquinando parecchio. La filiera della canapa non produce rifiuti realmente inquinanti o difficili da smaltire, e non causa danni ecologici, apportando contemporaneamente un miglioramento nell’ambiente in cui viene coltivata. Essa rappresenta infatti un modello di sviluppo sostenibile che comporta l’abbattimento delle emissioni di gas serra, la riduzione dell’inquinamento locale e globale, compreso quello del suolo, fino all’istituzione di una vera e propria economia sostenibile a scala globale e duratura. La canapa rappresenta assolutamente una delle migliori risorse rinnovabili: fornisce biomassa per la produzione di energia, cellulosa per la carta, tessuti e cordame, materiale per la bio-edilizia, cibo, sostituti di plastica e legno, ecc. Tutti prodotti assolutamente riciclabili, senza sprechi di risorse». Nel suo lavoro, la dottoressa Scarantino, dopo aver specificato quali sono i princìpi della green economy e come si legano alla canapa, ha analizzato il “rilancio della canapa”, sottolineando la natura eco-compatibile e a ridotto impatto ambientale di questa coltura e della filiera di trasformazione dei prodotti. Ha inoltre sintetizzato quelli che possono essere gli impieghi della pianta, il mercato, il potenziale economico e l’attuale proibizionismo che, anche se indirettamente, ne limita lo sviluppo. Grande stupore da parte dei docenti dell’ateneo catanese: pochissimi in commissione erano a conoscenza di questo vegetale, se non per i suoi derivati “illegali”, e delle sue “potenzialità economiche”.
Viene così ulteriormente convalidata l’importanza della canapa che, ancora una volta, si dimostra essere un’“ancora di salvezza” per la sopravvivenza dell’uomo, attualmente minacciata dal crescente inquinamento e dal graduale esaurirsi delle risorse.