Più volte in questi mesi vi abbiamo raccontato i problemi ancora irrisolti che riscontrano i malati nell’accedere alle cure a base di cannabis. Tra i tanti ce n’è uno particolarmente pressante: la quantità di cannabis coltivata dall’Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze (unico ente ad oggi autorizzato in Italia a farlo) non è sufficiente.
Una situazione che lo scorso anno ha obbligato migliaia di malati a interrompere le terapie e l’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin ad allestire un bando d’emergenza per l’importazione di cannabis dall’estero.
Ora una possibile soluzione viene proposta dalla Coldiretti. L’associazione, che rappresenta oltre 1,6 milioni di coltivatori diretti italiani, ha chiesto all’attuale ministro della Salute, Giulia Grillo, di valutare l’opportunità di aprire la “coltivazione, trasformazione e commercio della cannabis a scopo terapeutico” ai privati, utilizzando le conoscenze di migliaia di affiliati.
Secondo la Coldiretti «Questa pratica potrebbe garantire un reddito di 1,4 miliardi e almeno 10 mila posti di lavoro, dai campi ai flaconi. Utilizzando gli spazi già disponibili nelle serre abbandonate o dismesse a causa della crisi nell’ortofloricoltura, la campagna italiana può mettere a disposizione da subito mille ettari di terreno in coltura protetta. Ambienti al chiuso, dove è più facile effettuare i controlli da parte dell’autorità preposte ed evitare il rischio di abusi».
Una soluzione che d’altra parte è già realtà negli Usa, in Canada a in altri paesi, dove le aziende agricole private possono ottenere licenze al fine di coltivare cannabis ad uso medicinale e che, se applicata, permetterebbe allo stato di risparmiare sulle importazioni di cannabis dall’Olanda, dove la cannabis è coltivata legalmente da privati proprio come chiede Coldiretti.
«La promozione della cannabis terapeutica – si conclude il comunicato di Coldiretti – è pertanto un’opportunità che va attentamente valutata per uscire dalla dipendenza dall’estero e avviare un progetto di filiera al 100% italiana, unendo l’agricoltura all’industria farmaceutica».