La Cina demolisce il tempio buddista più grande del mondo
Presto, del tempio buddista più grande del mondo, non rimarrà che un enorme vuoto. L’amarezza sta nel constatare che non è stato fatto abbastanza per contrastare la volontà distruttrice delle autorità che, sotto il pretesto di garantire una parvenza di sicurezza a un’area sovrappopolata, mirano, in realtà, a ridurre sensibilmente il numero dei monaci.
In un primo momento, l’inizio dei lavori era stato previsto per il 30 ottobre per dare il tempo ai residenti di trovare un alloggio dove trasferirsi ma, inaspettatamente, il governo cinese ha deciso di anticipare la data della demolizione, adducendo fumosi pretesti di possibili collegamenti tra i residenti e le forze separatiste in esilio.
Il tempio buddista, oltre a rappresentare un centro importante per il buddismo, ha anche offerto ospitalità a molti, accogliendo circa 10mila persone tibetane e cinesi. Nonostante ciò, sembra che il governo cinese manifesti scarsa tolleranza religiosa, nel tentativo di ridimensionare il peso assunto dai monaci tibetani che con la loro pacata autorevolezza, esercitano un’influenza non trascurabile sulla popolazione, al di là delle presunte e improbabili connivenze con le forze separatiste.
Il 20 luglio, alle 8 di mattina, gli operai hanno inferto vigorosi colpi di piccone a una struttura-simbolo della religione buddhista e la demolizione di Larung Gar segna la fine di un’epoca per l’istituto di studi tibetani che ha rappresentato un faro per tutti coloro che hanno trovato un punto di riferimento nella religione.
L’aspetto più drammatico della vicenda non è la distruzione del tempio in sé ma le velleità delle autorità e del presidente Xi Jinping di infliggere un colpo mortale alla tolleranza religiosa, distruggendo così il tempio. Nessuno degli abitanti di Larung Gar ha avuto facoltà di esprimere la propria opinione. In effetti, è proprio quest’opera di premeditata demolizione del principio della libertà di parola e di espressione che preoccupa più di ogni altra cosa.
Tutto è iniziato a giugno con un’ordinanza che richiedeva espressamente la riduzione a 5mila del numero dei monaci. La motivazione, legata alle esigenze di sicurezza, non ha convinto nessuno perché calpestare l’uguaglianza e la libertà religiosa è una chiara manifestazione di autoritarismo e intolleranza.
Khenpo Tsultrim Lodroe e Khenpo Rigdar, due importanti esponenti della comunità religiosa di Langur, hanno dato prova di grande equilibrio invitando gli studenti a mantenere fede agli insegnamenti ricevuti, dedicandosi allo studio ed evitando di organizzare manifestazioni.
La distruzione del centro non è un caso isolato. Anche in altre province cinesi sono state demolite chiese e distrutte croci, nel tentativo di stroncare il diffondersi delle comunità cristiane. Xi Jinping è considerato il principale responsabile e promotore di questi atti legalizzati da uno Stato che va in direzione della laicizzazione forzata. Laicizzare, però, non significa soffocare la libertà per rafforzare il proprio potere e non basterà certo distruggere un tempio per cancellare la forza delle idee e la certezza degli ideali.