La Cassazione sulla coltivazione di cannabis: se non c’è spaccio non c’è reato
Se è evidente la destinazione della coltivazione al solo uso personale, la coltivazione di cannabis non è reato. Questo il succo dell’ultimo pronunciamento in materia della Corte di Cassazione (sentenza 5254/2016) che ha assolto dall’accusa di coltivazione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti due cittadini ai quali era stata contestata la coltivazione di due piante di canapa presso il proprio domicilio.
LE RAGIONI DELL’ASSOLUZIONE. In prima istanza i due erano stati condannati, il Tribunale aveva infatti sostenuto che la coltivazione (a differenza del solo possesso di sostanze stupefacenti) costituisce sempre un reato. I due hanno fatto ricorso alla Cassazione, la quale gli ha dato ragione ribaltando il giudizio di condanna in quanto «la quantità modesta di sostanza coltivata conferma che si tratta di un prodotto destinato al consumo personale dei due imputati». Secondo la sentenza della Cassazione «è la destinazione della sostanza stupefacente a decretare l’esistenza o meno del reato: non basta il semplice pericolo, ma è necessario che la condotta sia in concreto offensiva».
IL COMMENTO DELL’AVVOCATO ZAINA. L’avvocato Carlo Alberto Zaina, tramite la propria pagina “Stupefacenti e Diritto“, ha così commentato la sentenza: «in termini sportivi si può dire che siamo contenti per il risultato (la sentenza), ma il gioco (l’impostazione ideativa e di cultura giuridica) deve migliorare». La sentenza infatti rimane ancorata all’idea che la coltivazione sia una condotta diversa rispetto al semplice possesso. Secondo Zaina, invece, sarebbe tempo di abbandonare questa griglia interpretativa «illogica e antistorica», stabilendo una volta per tutte il principio secondo il quale una volta constati i seguenti elementi: «il numero modesto di piante coltivate; la loro manifesta inidoneità a contribuire ad un accrescimento dell’offerta di stupefacente; lo stato di assuntori dei coltivatori e l’evidente assenza di elementi e materiali che inducano al sospetto di un futuro spaccio», ci sono precisi e specifici criteri per potere valutare la effettiva non punibilità, in sede penale, della coltivazione.