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La cannabis alle elezioni Usa: cosa pensano Clinton e Trump della legalizzazione?

marijuana-usaChi sperava che durante i dibattiti elettorali Hillary Clinton e Donald Trump si sarebbero confrontati anche sul tema della legalizzazione della cannabis è rimasto deluso. Nonostante i grandi cambiamenti degli ultimi anni, e nonostante il fatto che il prossimo 8 novembre 2016, in contemporanea con le presidenziali, i cittadini di cinque stati americani saranno chiamati anche a votare in referendum per la legalizzazione, la cannabis è rimasta al di fuori dei dibattiti. Nonostante questo, in alcune occasioni, entrambi i principali candidati al ruolo di prossimo presidente Usa hanno esposto le proprie opinioni sul tema.

IL PENSIERO DI HILLARY CLINTON SULLA CANNABIS. La candidata democratica ha introdotto un breve passaggio sulla cannabis anche nel proprio programma elettorale, affermando che occorre «sostenere gli stati che scelgono di depenalizzare la marijuana» e criticando l’incarcerazione dei semplici consumatori di droghe. In altre dichiarazioni, parlando della legalizzazione in Colorado e Washington ha affermato che si tratta di «importanti laboratori di democrazia, da osservare prima di prendere decisioni». In una intervista del novembre 2015 la Clinton affermò che, come prossima presidente Usa, si sarebbe occupata di rivedere le tabelle delle droghe a livello federale, rimuovendo la cannabis dalla schedule I (droghe pesanti) per favorire la ricerca medica, tuttavia questo proposito non ha trovato spazio nel suo programma ufficiale. In definitiva, si può ritenere probabile che, se eletta, la Clinton proseguirebbe nel solco già tracciato da Barack Obama, lasciando agli stati libertà di legiferare in materia, ma senza spingersi ad una revisione delle politiche sulla cannabis a livello nazionale. 

DONALD TRUMP E LA CANNABIS: TRA APERTURE E CONTRADDIZIONI. Il candidato repubblicano, come su molti altri temi, ha un atteggiamento ondivago e contorto sulla cannabis. Trump per lungo tempo è stato considerato un repubblicano liberista e libertario, cioè favorevole a lasciare operare il business senza troppi ostacoli statali. Infatti, nel 1990, affermò: «stiamo perdendo la guerra alla droga e l’unico modo per vincerla è legalizzarla per portare il profitto lontano dai criminali». Molto tempo è passato, e il Trump candidato alla Casa Bianca non ha più osato tanto. Ha affermato di sostenere la legalizzazione a fini medici e che i singoli stati devono essere liberi di fare le proprie politiche sulla cannabis, tuttavia si è anche espresso con scetticismo sulla esperienza del Colorado, affermando che «tutti i pusher d’America ora vanno lì a rifornirsi legalmente per rivendere nel resto del paese» ed anche di essere convinto che la legalizzazione sta provocando «problemi al cervello e alla mente delle persone». Inoltre, tra i suoi più influenti sostenitori figurano i governatori degli stati del New Jersey e dell’Indiana, due fieri oppositori della legalizzazione. Probabile che, se diventasse presidente, Trump sarebbe attorniato di persone contrarie alla legalizzazione.

I VERI CANDIDATI ANTIPRO (SENZA POSSIBILITÀ DI ELEZIONE). Non molti lo sanno, anche perché il sistema americano è storicamente bipartitico e gli altri partiti raccolgono solo le briciole alle elezioni, ma sulle schede elettorali presidenziali saranno presenti anche i nomi di altri due candidati. Si tratta di Gary Johnson (partito Libertario) e Jill Stein (Verdi). Proprio questi sono gli unici candidati alla presidenza autenticamente antiproibizionisti. Johnson ha appoggiato le campagne refendarie per la legalizzazione in tutti gli stati e, prima di candidarsi, ha anche fondato un’azienda che produce cannabis terapeutica (rendendosi protagonista di una vicenda di marketing piuttosto torbida sulla cura dell’Ebola, della quale abbiamo scritto approfonditamente in questo articolo). Stein, invece, è un medico ambientalista che nel proprio programma elettorale ha promesso la «legalizzazione completa della cannabis a livello federale». Tuttavia si tratta di due candidati che non hanno alcuna possibilità di succedere a Barack Obama.



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