La cannabis ai tempi dei faraoni
Trai popoli del mondo antico gli egizi spiccano come una delle civiltà più avanzate ed evolute del tempo, un popolo consapevole della scrittura, dell’astronomia, dell’architettura, della medicina e della matematica. La loro cultura è stata costruita nel corso dei millenni che secondo alcuni autori iniziò intorno al 3900 a.C. (Periodo Predinastico) e si concluse nel 342 a.C. (Periodo tardo) con l’inizio delle dominazioni straniere, contando circa 3500 anni di dominio delle terre del Nilo.
Fin dal 3500 a.C. si hanno prove dell’esistenza di villaggi egizi lungo le rive del fiume Nilo, aree in cui si svilupparono le prime forme di agricoltura della zona grazie proprio alle piene del fiume che fornivano una terra fertile per coltivare in particolar modo grano, orzo e lino. Dal 3200 a.C. si sono susseguite trenta dinastie faraoniche alle quali si dovrebbero aggiungere quelle dovute a invasioni straniere come quella persiana, macedone, tolemaica e romana, i cui leader, una volta occupato l’Egitto, assumevano il titolo di faraone facendo tradurre il proprio nome in geroglifici.
Una caratteristica inconfondibile di questa cultura è sicuramente la mummificazione dei corpi, una pratica rituale che permise di studiare la fisiologia umana con importanti scoperte in campo medico. La loro conoscenza era così vasta da venir definiti dal poeta greco Omero (VIII-VII secolo a.C.) come una “nazione di farmacisti” e dalla traduzione di antichi papiri medici sono stati identificati centinaia di farmaci usati forse già durante la cultura badarese predinastica (dal 4400 al 3250 a.C. circa).
Un altro pilastro della cultura egizia è stata la scrittura geroglifica, un sistema che combinava elementi logografici, sillabici e alfabetici con un totale di circa 1.000 caratteri distinti. I primi geroglifici nascono per la letteratura religiosa ma col passare del tempo verranno impiegati per originare le scritture egiziane ieratiche e demotiche. Inoltre, dai geroglifici deriverà indirettamente l’alfabeto fenicio, che a sua volta porterà alle scritture greca e aramaica; pertanto, i geroglifici possono essere considerati come una scrittura ancestrale per la maggior parte delle scritture in uso moderno, quella latina e cirillica attraverso il greco e di quella araba e della famiglia delle scritture brahmici dall’aramaico.
Gli Antichi Egizi e la cannabis
Grazie alla traduzione dei geroglifici è stato scoperto che il popolo egizio era a conoscenza della pianta di cannabis e delle sue proprietà tessili e terapeutiche già a partire dal III millennio a.C. Nella pubblicazione del 2007 “History of Cannabis and Its Preparations in Saga, Science, and Sobriquet” Ethan Russo spiega come la chiave che ha permesso di confermare la presenza della cannabis nella cultura egizia è stata data da un passaggio presente nei “Testi delle Piramidi” a Menfi e appartenenti all’Antico Regno alla fine della V dinastia intorno al 2350 a.C.. Qui viene identificato per la prima volta il geroglifico “šmšm-t” pronunciato shemshemet che rappresenta una pianta da cui poter produrre corde. La stessa parola viene poi ritrovata in diverse preparazioni mediche scritte su papiro tra il 1700 e 1300 a.C. identificando così la cannabis, unica pianta da fibra usata ampiamente in medicina.
Dopotutto, visto l’antico utilizzo della pianta dai popoli di Cina e India, non ci sorprende che anche gli antichi egizi ne fossero a conoscenza e la utilizzassero per la produzione di corde e tessuti così come per la preparazione di farmaci e rimedi.
Ulteriori informazioni ci giungono dalle ricerche di Benet (1975) secondo cui emerge che la canapa fosse già conosciuta e utilizzata nell’antica Palestina ed Egitto con una prova registrata nella versione originale della Bibbia ebraica (in Ezechiele 27:19) in cui si fa riferimento a un mercato nella città reale fenicia di Tiro e in cui si incontra una mercanzia chiamata kaneh interpretata come cannabis. Benet afferma anche che la parola “Cannabis” sia un termine derivato dalle lingue semitiche e che sia il nome che il suo uso siano stati scoperti in Egitto a partire dagli Sciti, un popolo Indoeuropeo del Vicino Oriente a cui viene attribuita l’impresa di aver portato la cannabis dall’Asia centrale in Europa, Medio Oriente, India ed Africa.
Prove archeobotaniche
Sebbene le prove archeobotaniche capaci di dimostrare la presenza della pianta di Cannabis nell’Africa del Nord siano limitate, una revisione dei riferimenti storici e archeologici disponibili indica che la cannabis sia giunta in Africa, almeno nelle regioni orientali e meridionali, a partire dall’Asia del Sud prima del contatto europeo. Tuttavia, la pianta potrebbe anche essere stata presente nell’Africa nord-orientale sin da molto prima e le varietà presenti in Egitto nel periodo dinastico potrebbero essere state derivate dalle varietà di canapa ancestrali presenti prima ancora dell’arrivo dell’uomo.
In Egitto, le prove archeobotaniche indicano che la cannabis era presente durante i periodi dinastici prima del 1050 a.C. Al riguardo ci sono diverse prove archeologiche che supportano l’antica conoscenza e uso della pianta di cannabis da parte del popolo egizio: il primo indizio è dato dalla paleobotanica Leroi-Gourhan che identificò del polline di cannabis sulla mummia di Ramses II, vissuto tra il 1303 e il 1213 a.C. e che regnò in Egitto per 67 anni durante la diciannovesima dinastia. Un secondo indizio viene dato dal ritrovamento di polline di cannabis vicino a Luxor, nel sito di Nagada Khattara, e datato circa 2600 a.C.
Ulteriori prove giungono dall’identificazione chimica di cannabinoidi sui tessuti corporei di diverse mummie egizie, anche se non è ancora stato determinato se sia un falso risultato proveniente da eventuali contaminazioni moderne. Rudgley (1998) cita il ritrovamento di frammenti di canapa nella cripta del faraone Akhenaton (Amenhotep IV) che regnò nel XIV secolo a.C. e la cui tomba è situata ad el-Amarna mentre Booth (2003) si riferisce a dei manufatti scoperti in alcune tombe egiziane sulla cui superficie sono state realizzate delle impressioni presumibilmente con fibre di canapa.
Medicina egizia
L’utilizzo della cannabis con fini terapeutici è testimoniato da diversi papiri medici che risalgono al XVII e XIII secolo a.C. e in cui compare la parola shemshemet. Sulla base di ricerche storiche e analisi dei testi antichi Russo ci dice che in Egitto la cannabis «è stata utilizzata nella farmacopea egiziana sin dai tempi dei faraoni» ed «è stata somministrata per bocca, retto, vagina, negli occhi e per fumigazione».
Il più antico trai papiri rinvenuti è quello di Ramesseum III (1700 a.C.) in cui si fa riferimento a un “trattamento per gli occhi” composto da sedano e canapa i quali venivano «macinati e lasciati nella rugiada durante la notte. Al mattino presto entrambi gli occhi del paziente devono essere lavati con esso». Russo interpreta questo utilizzo come un rimedio simile a quello adottato oggi per glaucoma o, eventualmente, per gli effetti anti-infiammatori della cannabis.
Altri riferimenti all’uso della cannabis terapeutica appaiono nel Papiro di Ebers (1550 a.C. circa), considerato dagli studiosi come uno dei più importanti testi medici dell’antico Egitto. Qui vi si trova una preparazione usata per disinfettante la carne maligna, probabilmente un’infezione incancrenita, che conteneva cannabis mescolata con miele, ocra, resina hedjou e alcune piante di ibou. Russo sottolinea che mentre le qualità antibatteriche del miele sono ben note, c’è una certa lacuna nella ricerca sulle qualità antibiotiche della cannabis, come per le eventuali proprietà insetticida o vermicida della pianta.
Altre prove della presenza della cannabis nella medicina egizia sono date dal papiro di Hearst (1550 a.C.), il papiro di Berlino (1300 a.C.) e il papiro di Chester Beatty VI (1300 a.C.) nei quali vengono descritti rimedi contenenti l’ingrediente shemshemet e utilizzati per risolvere problemi ostetrici, per l’emicrania, per le emorroidi, per la febbre e come antibatterico.
Corde e fibre di canapa
Dai “Testi delle Piramidi” a Menfi e dall’analisi di diversi autori si evidenzia come la canapa fosse coltivata nell’Antico Egitto sin dal III millennio a.C. per la produzione di corde e fibre. Come visto precedentemente, Rudgley sostiene che le corde di canapa siano state ampiamente utilizzate nell’antico Egitto fin dalla diciottesima dinastia (dal 1550 al 1291 a.C.) usando come prova il ritrovamento di frammenti di fibra nella cripta del faraone Akhenaton (Amenhotep IV). Booth si riferisce a impressioni su manufatti realizzate con cordicelle di canapa scoperte nelle antiche tombe egiziane; mentre l’antica parola egiziana shemshemet trovata nei “Testi delle Piramidi” a Menfi è associata alla creazione di corde già intorno al 2350 a.C. Tuttavia, sia Rudgley che Booth basano le loro ricerche su fonti di informazione secondarie e nonostante ci siano diversi riferimenti all’uso della canapa nell’Antico Egitto non sono state ancora trovate tracce confermate di fibra di canapa.
In ogni caso, la relativa mancanza di canapa da fibra nell’antico Egitto potrebbe essere spiegata dal fatto che il lino era disponibile in abbondanza nell’Antico Egitto come indicato dall’antico storico Plinio il Vecchio. Infatti, il lino aveva nell’antico Occidente l’importanza paragonabile a quella che aveva la canapa nell’antica Cina, almeno fino a quando il cotone non fu introdotto in tutta l’Eurasia; inoltre, il lino era considerato come il tessuto appropriato per l’abbigliamento cerimoniale dei Faraoni e dei loro entourage, dotato di una maggior finezza rispetto ai tessuti in canapa.
Infine, va sottolineato che l’identificazione della specie a cui appartengono tali fibre naturali necessita di ulteriori indagini e verifiche data la loro antichità. In realtà, sono necessarie ulteriori ricerche archeobotaniche in generale per poter costruire una comprensione più completa dell’uso delle fibre antiche come la canapa ed il lino nel sud-ovest asiatico ed in Egitto.
Il mistero della Dea Seshat
Infine il mito di Seshat, una Dea appartenente alla mitologia egizia che rappresenta la deificazione del concetto di saggezza, l’essenza dell’intuizione cosmica creando la geometria dei cieli accanto a Thoth e diventando la Dea della scrittura, dell’astronomia e astrologia, della geometria, dell’architettura e della matematica. Seshat viene raffigurata come una donna mentre scrive, infatti il suo nome significa “la scriba femminile” dato che ‘Sesh’ significa scriba. Essa era un Dio personale del faraone per il quale registrava tutti i suoi precetti e le sue realizzazioni oltre che trascrivere i suoi discorsi cerimoniali. Seshat era anche conosciuta come la signora della casa degli architetti, venendo chiamata in causa nel “rituale della corda” necessario per determinare i sacri allineamenti e la precisione delle dimensioni delle costruzioni, paragonabile alle linee usate dai muratori per misurare i limiti dell’edificio in costruzione. Inoltre, le sue doti matematiche e geometriche erano invocate per ristabilire i confini dopo le alluvioni e piene del fiume Nilo che regolarmente rompeva gli argini inondando i campi e terreni.
La Dea viene rappresentata vestita in pelle di leopardo con una foglia stilizzata a sette punte sopra la sua testa e nelle mani una bacchetta e una tavolozza (gli strumenti usati dagli scribi). Attorno a questa immagine sono state fatte diverse ipotesi, infatti, secondo alcuni studiosi la foglia disegnata sopra al capo ritrae una foglia di papiro, simbolo della scrittura dal momento che gli egiziani scrivevano su una “carta” derivata dal papiro, altri invece ritengono che la foglia sia quella di canapa e che simboleggi l’importanza della canapa e delle corde derivate che venivano utilizzate in architettura. Ad oggi non si è ancora arrivati ad una risposta definitiva al riguardo, infatti non è ancora stato compreso se l’emblema della Dea Seshat simboleggi una pianta di cannabis o di papiro.