La canapa sarà la pianta del futuro
Nonostante si tratti di una delle piante più antiche coltivate dall’uomo, a partire dagli anni ‘30 del secolo scorso la canapa è stata oggetto di una campagna di proibizionismo senza precedenti, culminata nel 1937 negli Stati Uniti con la “Marijuana tax act” che ne proibiva la coltivazione per qualsiasi uso. Buona parte degli altri paesi, fra i quali anche l’Italia che all’inizio del Novecento era il primo produttore europeo di canapa con oltre 100mila ettari di coltivazioni indirizzate in larga misura al settore tessile, si sono nel corso degli anni appiattiti sulla falsariga delle posizioni statunitensi, conducendo contro la canapa una battaglia feroce.
Così, per quasi un secolo, una pianta dalle qualità eccezionali come la canapa è rimasta ostaggio di un ostracismo privo di senso e chiunque abbia tentato di sfruttarne le innumerevoli proprietà ha dovuto lavorare con la spada di Damocle del più bieco proibizionismo sospesa sulla propria testa. Solamente negli ultimi anni sta diventando sempre più evidente come il mondo moderno non possa più permettersi di fare a meno della canapa, alla luce di tutte le sue potenzialità, mentre diventa ogni giorno più stringente la necessità di porre fine ad un delirio proibizionista che abbiamo finora pagato a carissimo prezzo.
La canapa deve essere assolutamente liberalizzata al più presto, innanzitutto perché non si tratta di una droga derivante da una pianta che si presta a molti usi, ma di una pianta dalle enormi potenzialità, dalla quale si possono ricavare anche delle sostanze psicoattive, utilizzabili per scopo terapeutico o ricreativo, ma in nulla e per nulla assimilabili all’eroina, alla cocaina o alle droghe sintetiche.
A livello industriale attraverso la canapa è possibile produrre carta di ottima qualità, senza disboscare le foreste. Si possono creare tessuti, cosmetici e detersivi. Può essere utilizzata in ambito alimentare nella produzione di pane pasta ed olio, è utile nella creazione di materiali fonoassorbenti e termoisolanti nell’ambito della bioedilizia, si presta alla produzione di bioplastiche e materiali per l’industria automobilistica ed aerospaziale, può essere usata nella produzione di biocombustibili alternativi al petrolio.
A livello ambientale, grazie alle proprietà assorbenti delle radici la cannabis è una delle piante più efficaci per ottenere il fitorisanamento dei terreni, tanto da essere stata usata nella bonifica dell’area circostante la centrale di Chernobyl e più recentemente sperimentata nei terreni contaminati dall’Ilva di Taranto. Inoltre la sua coltivazione contribuisce alla riduzione del consumo dei suoli, della desertificazione e della perdita di biodiversità.
In ambito terapeutico i cannabinoidi sono estremamente efficaci come analgesici, antiemetici, antidepressivi, nel trattamento dell’emicrania, in quello dell’epilessia, dell’asma e stanno manifestandosi molto utili nella terapia di pazienti affetti da malattie oncologiche e degenerative come la SLA.
Le devastazioni ecologiche provocate dall’industria chimica e petrolifera sono talmente ingenti da rendere necessario un profondo ripensamento riguardo all’utilizzo della canapa a livello industriale, laddove le sue qualità la qualificano come un’alternativa sostenibile ai processi chimici attualmente in uso. Alla stessa stregua anche in campo medico il ricorso alle proprietà della canapa diventa tanto più necessario quanto più si evidenziano gli effetti collaterali ed i limiti connaturati in molti farmaci sintetici.
Con buona pace del proibizionismo e dei proibizionisti, la canapa ha insomma tutte le carte in regola per essere definita a pieno titolo la pianta di un futuro più rispettoso della natura, attento allo stato di salute degli ecosistemi e sensibile al benessere umano. Liberalizzarla e porre fine ad un proibizionismo che non ha mai avuto senso deve essere una priorità imprescindibile, per la semplice ragione che il mondo moderno della canapa ha un disperato bisogno.